Venezia80, settimo giorno di gara. Al Lido arriva la regista polacca Agnieszka Holland, che con il suo struggente “Zielona granica” (“Green Border”) porta alla Mostra un grido di denuncia, uno sguardo politico. La regista compone un racconto epico, con più punti di vista, sul dramma dei migranti africani, mediorientali e asiatici bloccati in una zona di limbo tra la Polonia (l’Europa) e la Bielorussia. Uno spazio dove i diritti umani sbiadiscono e lasciano posto solo a violenze e sofferenze brucianti. Un’opera di impegno civile, necessaria e commovente, che ha scosso la Mostra e che punta ora ad aprire una riflessione nell’opinione pubblica internazionale. In gara c’è anche il quarto regista italiano, Pietro Castellitto, che presenta la sua seconda regia dopo il successo della sua opera prima “I predatori”, premiato al Lido nel 2020. È “Enea”, un viaggio nella Roma (alto)borghese tra disagio esistenziale, bramosa ricerca della felicità e deragliamenti criminali. Tra le suggestioni qua e là lampi del “Grande Gatsby” di Luhrmann e “Babylon” di Chazelle. “Enea” evidenzia il potenziale stilistico-narrativo di Pietro Castellitto, ma anche le eccedenze di un cinema sovraccarico, con scivolate problematiche. Il punto Cnvf-Sir.
“Zielona granica” (“Green Border”) – In Concorso
Originaria di Varsavia, classe 1948, la regista Agnieszka Holland è oggi uno degli autori capofila della cinematografia polacca. Tra i suoi titoli “Un prete da uccidere” (1988), “Europa Europa” (1990), “Il giardino segreto” (1993), ma anche la regia di serie Tv di richiamo come “The Killing”, “House of Cards”, “The Affair” e “1983”. A Venezia80 si presenta con un’opera di grande valore cinematografico ma soprattutto civile: “Zielona granica” (“Green Border”), un film denuncia che volge lo sguardo dove l’attenzione dei media sembra essere più stanca, il confine tra Polonia la Bielorussia, dove vengono ammassati migliaia di migranti bloccati in un braccio di ferro politico tra l’Unione Europea e il presidente Aljaksandr Lukašėnko.
La storia. Minsk, Bielorussia oggi, un aereo turco atterra con un gruppo di richiedenti asilo diretti in alcuni Paesi europei. In particolare, la storia segue una famiglia di profughi siriani cui si accoda una donna afgana in fuga dal regime dei Talebani. Dopo aver pagato generosamente un accompagnatore fino al confine, il gruppo è costretto a disperdersi nei campi appena toccato suolo polacco. Le forze militari polacche hanno l’ordine di rigettare ogni ingresso, e così avviene anche per loro. Seguiranno altri tentativi, intervallati da percosse, privazioni e situazioni dove la dignità umana viene meno. Uno scenario straziante, osservato anche attraverso la prospettiva di una giovane leva polacca riluttante e di un gruppo di attivisti che prestano primo soccorso sul territorio.
Girato con un efficace bianco e nero, che oscilla tra l’elegante e l’angosciante, il film di Agnieszka Holland arriva come un’onda d’urto allo spettatore. Si rimane rapiti dal realismo e dall’immediatezza del suo racconto dai contorni documentaristici. L’autrice vuole destare l’attenzione di tutti, politici e spettatori, verso un’emergenza dimenticata, o meglio “declassata”, su suolo europeo. Ci racconta l’odissea di questo gruppo di esuli che passano dagli sguardi fiduciosi nel momento in cui approdano a Minsk all’orrore più fosco lungo la linea di confine tra Polonia e Bielorussia, tratto definito “Confine verde”. Non si aspettano di trovare nel civilissimo e democratico Vecchio Continente un trattamento così disumano e degradante.
Al di là di qualche lungaggine o soluzione un po’ accompagnata, la Holland firma un film di grande qualità e densità, in termini stilistici e tematico-valoriali. È molto efficace la divisione in capitoli, che si adatta ai diversi punti di vista narrativi: gli esuli, i militari polacchi, gli attivisti, la psicologa-volontaria Julia e nuovamente la giovane leva dell’esercito. “Zielona granica” (“Green Border”) si rivela un film importante e necessario, convincente, con le carte per concorrere ai principali premi della Mostra. Consigliabile-complesso, problematico, per dibattiti.
“Enea” – In Concorso
Romano classe 1991, Pietro Castellitto dopo alcuni ruoli come attore cinematografico dirige nel 2020 la sua opera prima “I predatori”, ottenendo a Venezia77 nella sezione Orizzonti il premio per la miglior sceneggiatura e a seguire il David di Donatello e il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. A Venezia80 porta ora la sua seconda regia “Enea”, film di cui è anche interprete e ne firma la sceneggiatura. Nel cast figurano: Giorgio Quarzo Guarascio, Benedetta Porcaroli, Chiara Noschese, Giorgio Montanini, Adamo Dionisi, Matteo Branciamore, Cesare Castellitto e Sergio Castellitto. A produrre il film sono Lorenzo Mieli e Luca Guadagnino.
La storia. Roma, oggi. Enea è un ventenne che si muove in un contesto sociale agiato. È proprietario di un noto ristorante di sushi e trascorre le sue giornate presso un esclusivo circolo sportivo sul Tevere. Con il suo migliore amico Valentino percorre i locali della Roma notturna e insieme accettano di avventurarsi tra le maglie della criminalità, di darsi allo spaccio. Dopo aver smerciato un grosso carico di cocaina, la roulette della loro esistenza si inceppa…
“‘Enea’ – dichiara Pietro Castellitto – è un gangster movie senza la parte gangster. Una storia di genere senza il genere. La componente criminale del film viaggia silenziosa su un binario nascosto, e sopraggiunge improvvisa nelle fessure dei rapporti quotidiani, sconvolgendo i protagonisti ignari”. Il regista dà la linea del suo racconto, rimarcando come il tema della criminalità non sia l’elemento centrale nel suo film “Enea”, bensì il disagio giovanile e la crisi della famiglia borghese. Racconta in particolare la traiettoria umana di due amici, Enea e Valentino, che provano a vivere intensamente, a caccia di sentimenti inebrianti ed emozioni forti, probabilmente per liberarsi dal torpore che colgono nei propri genitori, ritratti come vinti.
E se la famiglia di Valentino è implosa in una sequela di divorzi e depressioni, quella di Enea – bravissimi Chiara Noschese e Sergio Castellitto – sembra ammaccata ma capace di reggere con amore autentico all’erosione provocata da una società sedotta dalle apparenze.
Pietro Castellitto dimostra di certo talento, sia nella scrittura che nella regia, con uno stile evidente e grintoso, capace di comporre un racconto dinamico e al contempo con sguardi profondi. A ben vedere, però, “Enea” inciampa in una narrazione sovraccarica, che apre a dispersioni e a deragliamenti problematici non sempre necessari e non condivisibili (compreso il ricorrere alla bestemmia). Aspetti che tolgono efficacia a un racconto sociale sfaccettato e dolente, segnato qua e là da riflessioni interessanti. Peccato. Film complesso, problematico, per dibattiti.
La nota critica di Massimo Giraldi, presidente Cnvf
“Da un lato, emozioni forti scuotono la mente e infiammano gli occhi grazie al film ‘Zielona granica’ (‘Green Border’) di Agnieszka Holland. Dall’altro, note malinconiche e sfidanti giungono da “Enea” di Pietro Castellitto. La Holland ci consegna un documento visivo di grande impatto, per stile ma soprattutto per tematica civile; è abile nel governare una narrazione complessa, segnata da una sofferenza dilagante. Un film denuncia con l’obiettivo di ‘rieducare’ la nostra coscienza distratta o sopita. Castellitto, invece, disegna un ritratto di giovani sognatori fragili e inquieti, che giocano a carte con il Male convinti di poter avere chance di vittoria. Un quadro che viaggia su note brillanti, ma si perde in un orizzonte tragico e disperante. Le intenzioni sono buone, ma le riserve ne frenano lo slancio”.