In questa ardente fase finale dell’estate, anche per l’orrenda gravità dello stupro perpetrato a Palermo da sette ragazzi ai danni di una diciannovenne, la questione delle violenze di giovani su giovani è l’hot topic quotidiano di praticamente tutti i mezzi di comunicazione. Ogni giorno i giornali riportano casi di ragazze che hanno subito violenze o molestie in feste, su spiagge, in locali, ecc. Si percepisce che questo problema sociale ci tocca e ci indigna, e ognuno in questo periodo si sente in dovere di dare il suo contributo. Persino Rocco Siffredi, che non richiede certo presentazioni, ha fatto un accorato appello affinché, per salvare i giovani dalla corruzione, si chiudano quanto prima i siti porno gratuiti, limitando molto l’accesso a quelli a pagamento. C’è da chiedersi se il suo appello sia del tutto disinteressato, visto che lui opera principalmente nel secondo tipo di canali, ma è pur vero che la sua denuncia del pericolo per i più giovani di confondere realtà e finzione è importante, rimarcando, con una dovizia di dettagli da par suo, che tutto nella pornografia è fittizio, abusante, distorto, e che questo non può che danneggiare la crescita psico-affettiva dei ragazzi. Ovviamente la soluzione proposta da Siffredi non ci convince, perché secondo quella mentalità paternalistica per cui se i giovani si drogano, anziché aiutarli a capire perché lo fanno, si prova a regolamentare lo spaccio di droga, lui pensa di poter aiutare i ragazzi facendo pagare l’accesso ai siti.
Capiamo che il sig. Rocco Siffredi di meglio non saprebbe proporre, ma la vera soluzione a questa piaga di cui temiamo non si parlerà più al mutare dei trend, come già dicevamo in un precedente articolo, non è nell’arginare i consumi devianti, ma nello sfidare i giovani a un radicale mutamento di prospettiva, mutamento che non può avvenire in un giorno, ma che richiede un percorso e un accompagnamento competente sia psicologico che spirituale che dura tutta la vita, e che corrisponde all’esperienza cristiana quale maturazione ed evoluzione dell’uomo in quanto persona, ovvero essere fatto di relazioni a immagine del Dio fatto di relazioni, la Trinità.
Si tratta, in altri termini, di aiutare i ragazzi (e le ragazze) a crescere, perché nel lessico cristiano autentico “spirituale”, “adulto” e “maturo” sono sinonimi: la persona spirituale è la persona libera dalla tirannide della sua puerile carne e, in quanto libera, capace di disporre di sé e di amare, cioè di dare la vita anziché prenderla. “Dare la vita” significa anzitutto “generare”, cioè “produrre una nuova vita”, ma anche “dare via la vita”, ovvero “morire per”. La persona matura, cioè adulta, cioè capace di prendersi cura, cioè spirituale, è quella che ha imparato a dare la propria vita perché altri abbiano la vita.
Non si deve dare a questa idea un’accezione necessariamente supereroistica, idealizzante, che sarebbe utile soltanto a non considerare per sé questa opzione. È spiritualmente adulta la persona che, avendo imparato a immedesimarsi negli stati altrui, sa spostare il baricentro della sua attenzione sull’altro; è maturo chi impara a prendersi cura, chi subordina la gratificazione immediata a un bene che vede in prospettiva. Quando ci siamo sentiti amati, è perché abbiamo incontrato qualcuno così.
E questo ci porta a dover smascherare un grande equivoco inoculato da un certo paradigma deviante che non di rado infetta anche non pochi sedicenti credenti. Se infatti è vero che gli stupri (e tutte le forme di abuso) esprimono una mascolinità tossica, l’errore di certe letture è l’equazione “mascolinità = mascolinità tossica”, e dunque l’unica soluzione sarebbe l’evirazione di fatto dei maschi.
Il maschio agognato da questa prospettiva che trae forza dalla paura suscitata dai violenti casi di cronaca, è quello che chiede scusa in continuazione, che si vergogna di essere un uomo, che ha paura della sua stessa forza: basta vedere qualunque prodotto mediatico attuale, ed è chiaro che essere un uomo significa essere colpevole. Si vuole un uomo che della sua forza mantenga solo gli aspetti estetici, eventualmente accettabili per le donne, un uomo addomesticato, carino e innocuo.
Paradossalmente è proprio questa concezione a favorire la crescita di maschi devianti e pericolosi, perché se si cresce un ragazzo insegnandogli ad avere paura della propria forza, questa diverrà un’energia ingestibile in lui e potrebbe portarlo a vere e proprie scissioni.
In modo analogo, è il maschio imbellettato, coccolato, portato ad accentuare aspetti estetici di superficie, sempre e solo circondato da donne che occupano interamente il suo orizzonte, e tenuto alla larga dai “maschiacci” sistematicamente denigrati ai suoi occhi (spesso a partire dalla squalifica delle figure paterne), quello che rischia di più di rimanere infantile e di strutturare una mentalità narcisistica, per la quale lui è l’unico e il suo piacere un diritto – e i diritti, si sa, non si possono negare… anche quando lei dice di no.
La verità è che l’unico antidoto alla mascolinità tossica tipica dei maschi che non sono mai cresciuti è una virilità autentica, per quale l’uomo impari ad abitare se stesso e la sua forza con fiducia e comprenda che quella forza gli è data per proteggere chi gli è caro, fino al costo della propria vita. Non saranno mai gli uomini veri a perpetrare stupri, ma le parodie di uomini soggiogati da desideri che avvertono come più grandi di loro, oppure pieni di rabbia segreta e inascoltata verso le donne che ritengono colpevoli di averli “castrati”.
La vera mascolinità e la vera femminilità vanno ben oltre la mera affermazione dei propri caratteri, sono espressioni positive e complementari di cura, quella cura di quel “giardino di Dio” che è il mondo, e che proprio agli archetipi del maschio e della femmina, Adamo ed Eva, Dio aveva affidato come compito originario.
Insegniamo ai nostri ragazzi a essere veri uomini – e alle nostre ragazze a essere vere donne –, insomma, insegniamo ai nostri giovani a crescere e ad accogliere la dimensione adulta dell’amore, e daremo alla nostra società la possibilità di un futuro di pace e di comunione che la cronaca attuale ci descrive come quotidianamente compromesso a causa delle più violente espressioni di un’umanità immatura e futilmente edonista.