In un periodo nel quale le notizie di cronaca sovente riportano al centro dell’attenzione il rapporto di bambini e ragazzi con il mondo dei media, in molti si pongono l’interrogativo se va tutto bene o se ci fosse almeno da iniziare a preoccuparsi di questa situazione che, dopo la pandemia di Covid-19, ha registrato un’impennata di situazioni gravi che sembrano palesare una problematica. Sono molti gli interrogativi e molto poche le risposte, perché se è vero che gli adulti si devono sentire responsabili della vita dei più piccoli, è altrettanto vero che proprio le persone più avanti con l’età sono coloro i quali hanno costruito l’attuale presente delle giovani generazioni, quella cultura digitale con tutti i pregi ma anche i difetti che necessitano un intervento risolutivo per evitare derive sociali. Ludopatie, scrolling, hate speech, cyberbullismo, pedopornografia ed altri ancora sono i rischi che quotidianamente bambini e ragazzi rischiano abitando il mondo digitale, creando anche confusione nella vita on-line ed off-line. Solo pensando a quanto capitato negli ultimi mesi a Giussano ed a Roma, dove ogni atteggiamento per i ragazzi sembra essere giustificato in nome dell’esposizione mediatica, più di qualcuno si interroga pensando a come affrontare l’educazione digitale contemporanea.
Abbiamo incontrato Mihaela Gavrila, professoressa di Teorie tecniche della televisione all’Università Sapienza di Roma, e Massimiliano Padula, sociologo della comunicazione alla Pontifica Università Lateranense, autori del libro “Il futuro al centro – Bambini e adolescenti nella scena mediale contemporanea” (Egea, 2023 – pp. 160 – 20 euro), nel quale vengono esplorati i principali cambiamenti dell’offerta mediale e dei comportamenti di fruizione indotti dalle trasformazioni digitali degli ultimi decenni, ponendosi il problema del ripensamento della tutela dei minori. “Il mondo in cui viviamo non è un mondo semplice. Molte volte ci siamo posti il problema di quale sia il futuro nostro, ma soprattutto il futuro dei nostri figli. Pensando proprio ai bambini e ai ragazzi, travolti ultimamente non soltanto dalla paura del Covid, ma anche dalla paura delle guerre, dalle paure più in generale, ci siamo posti il problema del mondo che andremo a consegnargli: un mondo che ci proietta in un futuro delle passioni tristi. E non ci piace molto, ci piacerebbe, proiettare i bambini ed i ragazzi di adesso in un futuro promessa, che possa dare speranze”, afferma Gavrila che invita a ripartire da zero, tornando ad immaginare la qualità della vita, impegnandosi da un punto di vista morale, vivendo consapevolmente e responsabilmente l’universo reale e mediale.
“Nell’universo mediale, i nostri ragazzi trovano una parte del loro nutrimento culturale e spirituale, però i media purtroppo non sempre si pongono responsabilmente”, prosegue la professoressa che sottolinea quanto i media siano prodotti dell’immaginazione di adulti, che non sempre tengono conto della sensibilità dei bambini e dei ragazzi.
“Il principio di responsabilità entra a gamba tesa, perché nella cultura digitale il rapporto con i media si rimodula, si riconfigura ed emerge quindi la necessità di un’autonomia personale, di un’azione responsabile da parte del soggetto che non è più soltanto fruitore, non è più soltanto spettatore, non è più soltanto un soggetto che accoglie contenuti proposti da altri, ma si propone anche come produttore”. Queste le parole di Massimiliano Padula che nel volume affronta tutti i rischi che gli adolescenti corrono nell’universo digitale, dalle dipendenze alla sovraesposizione, passando per la pedopornografia, ponendo una riflessione attenta sull’aspetto dell’educazione. “Anche il rapporto e legame tra media e minori deve necessariamente essere ripensato alla luce delle logiche del digitale. Non è più un rapporto gerarchico, non è più un rapporto verticistico. I media mainstream continuano a esistere, ma interagiscono profondamente con la dimensione grassroots, quindi la dimensione dal basso, la dimensione della gente comune. E quindi anche il rapporto tra media educazione necessita di un ripensamento”. Un rapporto nuovo per il quale Papa Francesco offre una chiave di lettura attraverso il Global Compact on Education, un grande patto educativo che comprende diversi interlocutori, riflettendo anche sui media che non devono essere fonti di inquinamento, ma prospettive di sviluppo culturale e sociale che possono favorire la cultura dell’incontro. “L’auspicio, per generare e strutturare un legame sano e prospettico tra media ed educazione, è proprio quello dell’alleanza. Tutti gli interlocutori, dalle grandi istituzioni ai grandi produttori dell’information communication technology, dal mondo della ricerca al mondo universitario, dal mondo della scuola al mondo genitoriale, sino all’uomo e alla donna comune, dovrebbero abbattere quelle barriere culturali e agire attraverso cammini condivisi per rendere il legame tra educazione e media sano, prospettico e portato ad uno sviluppo della società”. L’impegno comune come soluzione ma, soprattutto, come presa di coscienza responsabile e morale per garantire una tutela adeguata a bambini e ragazzi in quanto fruitori di un’offerta mediatica degli adulti che impone punti di vista, violenza, paura, ma i dati che arrivano dall’Europa non sembrano essere incoraggianti in tal senso, soprattutto guardando a quelli relativi all’Italia che interrogata a campione sull’importanza dell’educazione critica ai media inserita all’interno degli ambienti istituzionali e scolastici, non la ritiene opportuna. “I nostri bambini e i nostri ragazzi dovrebbero usufruire di percorsi di analisi critica dei mezzi di comunicazione per poterli dominare, per poter prendere le distanze dalle narrazioni in nero, per non farsi travolgere da queste narrazioni”, sostiene Gavrila, che invita ad un atteggiamento attivo: “Dovrebbero essere non inibiti da quello che vedono all’interno delle narrazioni che vengono offerte dai media di ogni tipo, ma al contrario provare a reagire, a interpretare criticamente e anche con un certo distacco i contenuti dei testi mediali”.