Aree interne. De Vincentiis: “Nelle periferie l’asse ecclesiale è ancora un riferimento irrinunciabile”

L’incontro annuale dei vescovi, quest’anno saranno oltre 30, “rappresenta un tassello saldamente inserito nella ricerca di nuovi percorsi pastorali per questa società in accelerazione ma con scarsa segnaletica. Si tratta di proporre un servizio da parte della Chiesa che, non smentendo la sua natura, risponda ad attese sempre più frazionate e valorizzi il mosaico territoriale”, spiega al Sir il coordinatore del Forum delle aree interne

(Foto TsTv Benevento)

Condividere alcune linee orientative ed elaborare proposte concrete per una pastorale delle “aree interne”, che nel Sud e nel Nord Italia fanno i conti con lo spopolamento e con una crisi che sembra inesorabile. È questo l’obiettivo dei vescovi dei territori interessati che si ritrovano il 10 e l’11 luglio a Benevento, presso il Centro “La Pace”, nel solco di un cammino avviato nel maggio 2019 e proseguito con diverse iniziative, in costante dialogo con le istituzioni. “Quest’anno ci concentreremo sulla fisionomia del ministro e sull’esercizio del ministero ordinato, cercando di formulare idee concrete in materia, anche perché – forse per timore o per pigrizia mentale – continuiamo a fare tante cose che finiscono per disperdere energie e rappresentano comunque il passato. Vorremmo confrontarci anche su qualche ipotesi di mutamento strutturale, tale da consentire un vero cambiamento d’orizzonte, per evitare di mettere vino nuovo in otri vecchi”, afferma mons. Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, a cui si deve l’iniziativa del convegno che riunisce oltre 30 vescovi provenienti da Sardegna, Piemonte, Liguria, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Emilia Romagna e Toscana. In occasione dell’incontro dei vescovi, parliamo dei problemi delle aree interne con Nico De Vincentiis, coordinatore del Forum delle aree interne.

(Foto: pagina Facebook TSTV Benevento)

Per la terza volta i vescovi delle aree interne s’incontrano a Benevento su iniziativa dell’arcivescovo Accrocca…

L’incontro annuale dei vescovi (oltre trenta) rappresenta un tassello saldamente inserito nella ricerca di nuovi percorsi pastorali per questa società in accelerazione ma con scarsa segnaletica. Si tratta di proporre un servizio da parte della Chiesa che, non smentendo la sua natura, risponda ad attese sempre più frazionate e valorizzi il mosaico territoriale. Il rischio, infatti, è che anche l’annuncio e la testimonianza evangelica assecondino quella tendenza a una sorta di autonomia differenziata che pervade i territori e non sempre consente la trasmissione dei valori al nucleo profondo della comunità.

Quali sono i maggiori problemi che attanagliano le aree interne?

Le aree interne sono la maggioranza del Paese ma faticano ad accendere l’interesse su se stesse.

Anche perché, nonostante il ricco e variegato patrimonio di umanità e di bellezze naturali e storiche, stanno sperimentando al loro interno il degrado di importanti infrastrutture immateriali come la condivisione, il dialogo, l’unità, la reciprocità. Si addensa, poi, la coltre di egoismo e di indolenza, la sfiducia e quell’asfissiante controllo sociale rappresentato dal sistema clientelare.

E le emergenze materiali?

Cresce l’esodo dei giovani, la mancanza di lavoro non consente pari dignità alle persone e i servizi restano insufficienti.

La crisi demografica viene ritenuta un’emergenza epocale, proseguirà fino al 2070. Entro quella data l’unico elemento di compensazione saranno i figli degli immigrati, che intanto però, impattando le difficoltà strutturali derivanti dalla scarsità di efficaci politiche per la famiglia e per il lavoro, sono già oggi disposti ad avere un solo figlio.

Lo spopolamento di certe aree prosegue inesorabile…

L’esodo dei giovani è allarmante, interi territori iniziano a farne a meno, tentano di risolvere le questioni come se non ci fossero più. Eppure anche nelle aree più depresse nascono sedi universitarie, la fibra avanza, l’alta velocità/capacità ferroviaria favorisce la mobilità di cose e persone. Purtroppo, mancano una proposta globale di sviluppo, una visione circolare e una partecipazione consapevole; i colpi ad effetto prevalgono sulle strategie e le comunità “panda” si consolidano come reperti archeologici viventi a favore di selfie.

Ci sono problemi simili da Nord a Sud Italia o ci sono specificità?

Le specificità e le identità sono la forza del nostro Paese, le aree interne un fenomeno nazionale nel bene e nel male. Le piccole realtà hanno una loro intrinseca biodiversità da salvaguardare e rilanciare attraverso un impegno collettivo. I vescovi di questo terzo meeting provengono da tredici regioni diverse, sono stati i primi a raccogliere l’allarme generale aggiornando la mappa dell’emergenza.

Quali sono le problematiche che si trova ad affrontare in particolare la Chiesa nelle aree interne? Quale contributo può dare per una rivitalizzazione di queste zone?

Le rapide trasformazioni in atto e l’inesorabile marginalizzazione di certe realtà lanciano la Chiesa in un territorio di missione ancora quasi inesplorato.

Ci si dovrà arrivare presto e attrezzati o si rischia di non essere efficaci sotto il profilo pastorale, sociale e culturale. Nelle periferie l’asse ecclesiale è ancora un riferimento irrinunciabile.

Per un futuro delle aree interne serve una sinergia tra le varie forze presenti sul territorio?

Sinergia è una parola molto ballerina, sorvola le questioni ma non atterra quasi mai. I sindaci dei piccoli comuni giocano ancora la loro partita solitaria per accaparrarsi qualche spicciolo di finanziamento in più mentre sul fronte del bene comune pochissime le esperienze congiunte tra comuni; spesso le parrocchie si isolano dal contesto civile, a volte scendono in campo come curve da stadio. C’è da ripensare molte cose.

Cosa si può chiedere alla politica? E cosa alla società civile?

Appunto, lavorare insieme, applicare nuove metodologie di confronto e di partecipazione, sfruttare le opportunità non guardando all’interesse dei pochi. Dovremmo sollecitare uomini e donne a fare il primo passo, i giovani a ripartire senza partire, la comunità a respirare speranza, riscoprire il valore della corresponsabilità, donare competenze a vantaggio di tutti e non sterilizzarle nei singoli prodotti performanti.

A maggio si è svolto il quarto Forum delle aree interne: i vostri lavori come possono aiutare i vescovi a progettare una pastorale ad hoc delle aree interne? Come prosegue il vostro lavoro?

L’attività del Forum e la riflessione avviata dai vescovi per le aree interne portano inevitabilmente a spunti comuni per la composizione di agende in grado di intercettare e affrontare le emergenze sociali, formative e spirituali causate dalle transizioni in atto e dalle crisi epocali che attraversiamo. Nascono meno bambini, i giovani fuggono all’estero, mancano serie politiche per il lavoro e l’inclusione, cresce il numero di anziani ma con scarsa qualità della vita e con meno servizi pubblici, inevitabile che la missione della Chiesa aggiorni la priorità delle sue direzioni di marcia. Il Forum assume un ruolo di cerniera tra istituzioni e impegno civile, favorisce la convergenza di interessi e di strategie, orienta la sua azione soprattutto verso la crescita di un nuovo sentimento sociale e politico, la formulazione di piani a sostegno delle piccole realtà territoriali e percorsi coraggiosi verso utili progettualità.

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