Lo sviluppo e l’impiego degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha rivoluzionato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni, permettendo un’evoluzione dirompente della medicina moderna. Tuttavia, la resistenza agli antibiotici (Amr, AntiMicrobial Resistance), ossia la non suscettibilità ad almeno un agente di tre o più categorie antimicrobiche, rischia di vanificare queste importanti conquiste. Negli ultimi anni, infatti, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza (Amr) è aumentato notevolmente, rendendo necessaria una valutazione del suo impatto sulla salute pubblica. In Europa, secondo l’Oms, si verificano ogni anno più di 670mila infezioni da germi antibiotico-resistenti che causano circa 33 mila decessi (di cui quasi un terzo in Italia a causa dell’uso eccessivo e spesso improprio degli antibiotici), e sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non) che ammontano a circa 1,5 miliardi di euro l’anno.
Un problema complesso, spiegano da Vihtali– Value in Health Technology and Academy for Leadership and Innovation, spin off dell’Università Cattolica che oggi, 6 luglio, promuove a Roma l’evento “Antimicrobico-resistenza e One Health, sfide attuali e prospettive future”. Molteplici le cause: l’aumentato uso degli antibiotici, nonché l’uso inappropriato, sia in medicina umana che veterinaria; il loro utilizzo in zootecnia e in agricoltura; la diffusione delle infezioni correlate all’assistenza (Ica) causate da microrganismi antibiotico-resistenti; una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuto all’aumento degli spostamenti internazionali.
“La buona notizia – afferma Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata in Cattolica e presidente del nuovo Osservatorio nazionale sull’antimicrobico resistenza (Onsar).- è che 3 decessi su 4 di quelli correlati alle antibiotico-resistenze potrebbero essere prevenuti; la cattiva è che,
se non agiamo subito, entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe diventare più letale del cancro e prima causa di morte nel nostro Paese”.
Oggi, osserva, “andare in ospedale è pericoloso perché è alto il rischio di infezione correlata all’assistenza, con l’elevata possibilità di non poterla curare perché resistente ai farmaci disponibili”.
“Nel 2050 l’Amr rappresenterà la principale causa di decesso a livello globale, mentre già oggi l’Oms lo considera tra le 10 principali minacce alla salute globale”, avverte l’esperto. Di qui l’urgenza di identificare strategie utili al controllo dell’Amr nel nostro Paese anche in risposta al nuovo Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza (Pncar). Basato su un approccio “One Health” che considera in modo integrato la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente, e seguendo le raccomandazioni dell’Oms e dell’Unione europea, nel 2017 è stato approvato nel nostro Paese questo Piano d’azione per contrastare l’antibiotico-resistenza (2017-2020), prorogato fino al 2021 e recentemente aggiornato con un nuovo Piano che sarà valido fino al 2025.
Secondo il Piano, è necessario uno sforzo congiunto di più discipline professionali (medicina umana e veterinaria, settore agroalimentare, ambiente, ricerca e comunicazione, economia e altre) che operano a livello locale, nazionale e globale. L’antibiotico-resistenza impone ormai un cambiamento culturale cui tutti sono chiamati, medici e pazienti, per conseguire tre obiettivi prioritari: prevenire e ridurre le infezioni, soprattutto quelle correlate all’assistenza sanitaria; promuovere e garantire un uso prudente degli antimicrobici; ridurre al minimo l’incidenza e la diffusione dell’antibiotico-resistenza e i rischi per la salute umana e animale a essa correlati.
In concreto, come agire? “È necessario uno sforzo congiunto da parte delle istituzioni, a livello internazionale e nazionale, per mettere in campo politiche volte a favorire lo sviluppo di nuovi antibiotici, l’incremento delle coperture vaccinali che ridurrebbe la necessità di utilizzare antibiotici e aiuterebbe a combattere l’aumento delle infezioni da batteri resistenti ai farmaci”, risponde Ricciardi, ma anche “un’intensa attività di sensibilizzazione rivolta alla popolazione e l’impegno degli operatori sanitari perché si diffonda e consolidi una gestione responsabile e appropriata delle prescrizioni antibiotiche”.
Cruciale investire nella produzione di nuovi antibiotici anche attraverso politiche che supportino il valore, l’accesso e l’innovazione di questi nuovi antibiotici contro le resistenze batteriche, ma è inoltre necessario “modificare la metodologia di valutazione dei nuovi antibiotici contro i ceppi batterici resistenti” utilizzando “indicatori specifici capaci di misurare efficacemente il grado di innovatività dei nuovi antibiotici” anche sulla base “degli indicatori pubblicati annualmente dall’Ecdc sui patogeni antibiotico-resistenti”. Last but not least, conclude Ricciardi, occorre “identificare modalità di rimborso che garantiscano agli sviluppatori un ritorno economico tale da aumentare e mantenere nel tempo gli investimenti in ricerca e sviluppo in quest’area”.