Libri. Grande Guerra: ne “Il segreto del tenente Giardina” l’incrocio delle storie perdute

La guerra è inenarrabile per il suo orrore individuale e collettivo, ma nello stesso tempo la sua narrazione riesce a offrire un briciolo -che può divenire una montagna- di senso se penetra nelle esperienze reali dei singoli che altrimenti sarebbero scomparsi senza lasciare traccia. Ne “Il segreto del tenente Giardina” di Giovanni Grasso la Grande guerra si incontra con le storie nascoste di uomini e donne

(Foto: copertina libro)

Battaglie e pace, amore e armi, lontananze che divengono legami su cui nulla può il tempo. La letteratura di guerra smentisce uno dei luoghi comuni della società dei consumi: che cioè la scrittura, l’atto del vergare parole e quello di leggerle siano dimensioni passive e non utili. A che cosa, verrebbe da chiedere. Il libro, di qualsiasi sostanza esso sia fatto, serve a mantenere il ricordo contro l’oblio, a rimemorare quelle minime tracce di umano sotto le ondate delle invasioni, delle distruzioni, dei massacri degli inermi e dei bambini, dei lager. Di chi guarda attraverso la crepa di un muro crollato sperando che il bombardamento sia finito. Contro l’oggi di una società di massa in cui dettano legge le richieste di mercato, l’immagine stereotipata, il bel corpo. Astenersi cercatori di ragioni.Omero e Virgilio hanno cantato l’epica dello scontro ma anche del dolore e del rispetto. Shakespeare ha ripreso antiche storie italiane per consegnare alla memoria un amore che vola più alto degli odi tra famiglie e ne diviene pacificatore. Tolstoj ha narrato l’apparente epica della cometa napoleonica mettendola a contatto con quella di nobili in fuga da se stessi e dalla loro appartenenza aristocratica, arrivando alla celebrazione della non resistenza al male.
La guerra è inenarrabile per il suo orrore individuale e collettivo, ma nello stesso tempo la sua narrazione riesce a offrire un briciolo – che può divenire una montagna – di senso se penetra nelle esperienze reali dei singoli che altrimenti sarebbero scomparsi senza lasciare traccia. E quella traccia invece riesce a dare il concreto senso della continuità e della ragione -anche quella dei sentimenti- che altrimenti andrebbero perduti nella rassegnazione che tanto non c’è niente da fare, e da dire.
Il recente libro di Giovanni Grasso, “Il segreto del tenente Giardina” (Rizzoli, 224 pagine, 19 euro), è un’altra testimonianza di come la letteratura consenta la durata e la memoria del senso stesso delle cose: l’incontro del nostro oggi che si avvia a riscoprire altri incontri, e arriva al nucleo fondante di quel significato profondo tra le trincee della prima guerra mondiale, tra persone di classi sociali abissalmente distanti ma legate dalla intuizione che è altro a tenere vivo il senso delle cose, altro che si chiama rispetto, ammirazione reciproca, partecipazione, empatia, onestà, nonostante tutto.
Un uomo e una donna si incontrano nel corso della testarda ma anche casuale ricerca di Luce della verità sulla morte in guerra del bisnonno di lei, che se ne tornerebbe volentieri a fare l’architetto di grido a Parigi, ma ha promesso alla nonna di interessarsi di quel mistero. Come è morto davvero il fante Antonio e dove è stato sepolto?
Ma le ricerche umane non sono mai a senso unico e uno dei pregi di questa storia è proprio la consapevolezza narrata di questa mescolanza continua di destini. Sarà così che altri segreti emergeranno dalle storie scritte e da quelle vissute, come quella del giornalista Marco che si trova coinvolto nella ricerca di Luce e in un’altra richiesta di significato, legata al suicidio del padre.
È così che la Grande guerra, gli incontri causali – lo sono davvero? -, le lettere scritte a mano o dettate ad altri da eroi analfabeti e poi nascoste, la provincia tiburtina, la Sicilia, le Dolomiti e Parigi diventano vita, “proustiana recherche”, storia con la maiuscola e quella dei piccoli eroi di tutti i giorni. Che grazie anche a questo libro trovano voce e significato.

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