Due giorni per scommettere su un futuro migliore. E per ottenere questo risultato è necessario concretizzare un obiettivo chiaro: far ripartire la natalità, raggiungendo quota 500mila nuovi nati entro dieci anni. Di tutto questo si è parlato agli Stati generali della natalità, promossi a Roma dalla Fondazione per la natalità, l’11 e il 12 maggio, riunendo il mondo della politica, delle imprese, della comunicazione. Con due presenze significative: Papa Francesco e la premier Giorgia Meloni. A Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la natalità e anima degli Stati generali, chiediamo un bilancio dell’evento e una prospettiva sui nuovi impegni che aspettano la Fondazione.
Quale bilancio si può fare degli Stati generali 2023?
La terza edizione degli Stati generali della natalità è andata benissimo: per due giorni il Paese si è fermato su questo tema, per due giorni siamo riusciti a mettere al centro dell’agenda politica e mediatica italiana il calo della natalità. L’obiettivo era questo, ma anche far capire che questo tema non riguarda solamente la politica, ma riguarda la politica, le banche, le imprese, tutti, così come non riguarda solo chi governa, ma anche chi sta all’opposizione. Tutto questo è passato sia perché abbiamo avuto una grande attenzione mediatica, sia perché, con grande fatica, siamo riusciti ad avere sul nostro palco tutti i leader dei partiti, oltre che esponenti di aziende e media.
Soddisfatto, allora?
Si poteva osare di più. Noi abbiamo posto un tema centrale che è quota 500mila nuovi nati entro il 2033: mediaticamente è passato, politicamente un po’ meno, nel senso che non ho visto – anche se spero di sbagliarmi – prese di posizione nette nel provare a raggiungere questo obiettivo, che invece, secondo me, è determinante per arrivare al risultato. Se non ci diamo un obiettivo, navighiamo a vista, parliamo di concetti astratti e non risolviamo nulla. È necessario darsi un obiettivo. Da questo punto di visto, a mio modo di vedere, si può fare molto di più.
Ora come continua la “battaglia”?
Insistendo su questo obiettivo, poi a breve inizierà un tour sul territorio, nel quale incontreremo sindaci, presidenti di Regioni, aziende locali. Sarà faticoso, ma non ci fermiamo.
Le parole chiave sono speranza e non rassegnazione.
Mi viene da pensare alle parole “Voi non vi rassegnerete” di San Giovanni Paolo II e al “cantiere della speranza” come Papa Francesco ha chiamato gli Stati generali della natalità. Noi continuiamo a fare da pungolo, sperando che la politica si renda conto che c’è fretta. Non abbiamo un tempo illimitato davanti a noi. E non possiamo aspettare un cambio culturale, perché passerebbero trent’anni. Dobbiamo capire che la cultura e l’economia sono collegate, dobbiamo togliere l’alibi economico all’inverno demografico e rendere semplice e fruttuoso fare famiglia. In questo modo incideremo anche sul piano culturale. Se si lascia che la nascita di un figlio sia la seconda causa di povertà, non si può dire che la denatalità è figlia di un problema culturale. Sul fronte culturale la politica può fare il giusto ed è importante sicuramente, però si può anche usare l’economia per velocizzare i processi culturali.
Se si crea in Italia un clima più “family friendly” cambia anche l’aspetto culturale.
La Fondazione si strutturerà anche a livello territoriale per interfacciarsi con gli enti locali?
La Fondazione è costituita da mamme e papà che non si rassegnano e da tutti quelli che vogliono dare una mano. Al momento la Fondazione sta funzionando così com’è e, quindi, deve restare molto flessibile. Non è una questione numerica, per quello c’è il Forum delle associazioni familiari, con cui la Fondazione lavora in stretto contatto ma in cui non si identifica. Il Forum rappresenta le famiglie, la Fondazione per la natalità è una realtà che si occupa di organizzare un grande evento come gli Stati generali e di sensibilizzare il territorio su questi temi. Il tour nei territori nasce perché ci hanno invitato sindaci e associazioni. Anche a livello territoriale abbiamo un format che vogliamo continuare a utilizzare: cercare di mettere tutti insieme, praticamente quello che abbiamo fatto a livello nazionale lo dobbiamo fare in piccolo, a livello locale.
Anche perché a livello locale comunque si possono dare tanti aiuti che possono sostenere la natalità…
Per far ripartire la natalità ci vuole la sussidiarietà.
Vuol dire che il governo può fare una riforma fiscale, ampliare l’assegno unico e può provare a utilizzare i fondi del Pnrr per la natalità. Le Regioni possono occuparsi di far pagare meno tasse per l’addizionale regionale all’Irpef e costruire asili nido. I Comuni si occupano della gestione degli asili nido e delle tariffe, della scontistica sui musei, di aiuti per gli affitti. Poi ci sono le aziende che possono creare un clima più favorevole alle famiglie; si tratta di tutto un welfare ulteriore rispetto a quello che già dovrebbero fare Governo, Regioni e Comuni: smart working, conciliazione lavoro-famiglia, formazione all’interno delle aziende con corsi di genitorialità, assicurazioni sanitarie. Lo Stato, secondo il principio di sussidiarietà, deve agevolare tutto ciò, armonizzando e semplificando per creare questo clima favorevole alle famiglie. Per favorire il welfare aziendale, ad esempio, lo Stato deve detassare le aziende virtuose, deve creare quel favor familiae, quel clima familiare, che oggi in Italia non c’è. L’importante è che ciascuno faccia quello che può fare, secondo le proprie competenze, e vada a supplire dove manca qualcosa. Si deve lavorare insieme, a prescindere dai colori politici. Ci sono tempi lunghi per vedere i risultati, ma bisogna cominciare. Con il Forum delle famiglie sta partendo un progetto che si chiama “Nove mesi” che vuole andare a creare una sorta di ranking per le aziende virtuose che abbiano un’attenzione e una valorizzazione sui temi della famiglia e della natalità.
Le famiglie, a loro volta, cosa devono fare?
Anche le famiglie devono assumere la consapevolezza del proprio ruolo, è determinante, cioè devono rendersi conto che non sono meri fruitori di servizi, ma devono partecipare, gente che deve “immischiarsi”. Come è successo con gli Stati generali, organizzati da mamme e papà che si sono immischiati, tutto nella gratuità.