Il Governo intende utilizzare tutti i fondi previsti dal Pnrr. Nell’informativa resa in Parlamento – prima al Senato e poi alla Camera – il ministro Raffaele Fitto ha ribadito quanto già affermato dalla premier Meloni in risposta all’ipotesi di rinunciare a una parte dei finanziamenti a fronte delle difficoltà di attuazione del Piano. Difficoltà estremamente concrete al punto che già si è consapevoli dell’impossibilità di completare tutti gli interventi entro il termine finale del 2026. Mancano tre anni e due mesi alla data fatidica e secondo il ministro competente per il Pnrr bisogna subito porsi il problema.
“E’ evidente – ha detto Fitto a Palazzo Madama – che oggi abbiamo la possibilità di comprendere quali di questi interventi non possono essere realizzati a quella data e capire come rimodularli, mentre tra qualche mese o tra un anno questo lavoro non potrà più essere fatto”, con il rischio di trovarci in una “situazione paradossale” poiché “non completando l’intervento saremo in difetto rispetto al finanziamento europeo e nell’impossibilità di poter fare dei cambiamenti perché l’intervento sarà in una fase avanzata”.
Per quanto riguarda la terza rata dei finanziamenti, quella di fine 2022, Fitto ha sottolineato che si stanno perfezionando i documenti in questi giorni e il traguardo è sostanzialmente raggiunto. Rispetto ai 27 obiettivi da conseguire entro giugno per ottenere la quarta rata da 19 miliardi ci sono invece alcune importanti criticità. La principale è quella che investe gli asili nido, una posta da 4,6 miliardi in un settore di enorme rilevanza anche per le implicazioni sul piano demografico. La proposta del Governo, ha spiegato il ministro, è quella di confrontarsi con la Commissione europea e con i Comuni per poter capire quanti interventi non riescono a rispettare il target del 30 giugno e per quali di questi interventi sia possibile una “modifica intermedia” della scadenza, con l’obiettivo “di garantire la realizzazione dell’intervento alla fine del programma”. Un metodo che l’esecutivo propone non solo per il nodo degli asili, ma anche per la revisione complessiva del Piano alla luce dei fatti imprevedibili che sono accaduti dopo la sua impostazione al tempo della pandemia, dalla crisi energetica alla guerra in Ucraina. Non è un caso che il governo punti molte delle sue carte sul RePower, il capitolo in materia di energia che è stato aggiunto alla strategia europea nel febbraio scorso e che l’Italia intende valorizzare con l’apporto delle grandi aziende di Stato (Eni, Enel, Snam e Terna, quelle citate da Fitto).
Il ministro non si è addentrato più di tanto nei numeri in quanto, a stretto giro, nel mese di maggio, il Governo dovrà presentare la sua prima relazione semestrale sull’attuazione del Pnrr e in quella sede verranno messe sul tavolo tutte le carte.