Sono passati più di 50 anni dall’ultima missione del programma Apollo, quello che ha condotto per la prima volta l’umanità sulla Luna. Nel 2024 il sogno potrà di nuovo avverarsi grazie al lancio del razzo Artemis II che volerà intorno al nostro satellite con a bordo quattro astronauti. La Nasa ha annunciato i loro nomi, selezionati da una rosa di 41 candidati. Per la prima volta salirà una donna, Christina Hammock Koch, statunitense e detentrice del record di permanenza femminile nello spazio (328 giorni). Gli altri compagni di viaggio sono due americani, Victor Glover e Reid Wiseman, e un canadese, Jeremy Hansen. Come spiega al Sir Umberto Guidoni, astronauta, protagonista di due missioni della Nasa a bordo dello Space shuttle, la missione è importante perché stavolta torniamo sulla Luna per stabilire delle basi scientifiche e “fare della Luna stessa la base di partenza per andare oltre, verso Marte”.
Dottore, perché torniamo di nuovo in orbita intorno alla Luna?
La missione Artemis II è la ripetizione dell’Apollo 8 che, alla vigilia di Natale del 1968, portò i primi tre esseri umani vicini alla Luna. Adesso ripercorriamo la stessa strada. I quattro astronauti nominati dalla Nasa faranno la stessa cosa con un veicolo più performante e tecnologie del XXI secolo. In vista c’è una missione più complessa, questo sarà infatti il test finale del veicolo che trasporterà negli anni a venire tutti gli astronauti che si avventureranno oltre l’orbita terrestre. Le missioni lunari saranno il primo passo di una esplorazione che ci porterà fra una ventina d’anni su Marte. È importante questa missione perché prevede un equipaggio anche se non metterà piede sulla Luna. È però il passaggio obbligatorio prima di Artemis III. Ci torniamo per rimanerci. Dopo la breve parentesi dell’Apollo che è durata tre anni, stavolta torniamo sulla Luna per stabilire delle basi scientifiche, usare i materiali e le risorse a cominciate dal ghiaccio. Stavolta non atterreremo all’Equatore ma al polo Sud lunare perché lì c’è più alta probabilità di trovare ghiaccio che significa acqua, ossigeno e idrogeno per i veicoli che si muoveranno intorno alla Luna e oltre. Questa è la volta buona per stabilire delle basi e per fare della Luna stessa la base di partenza per andare oltre, verso Marte.
La Luna in futuro potrebbe diventare quindi una tappa intermedia, una sorta di “stazione di servizio”?
Sì. Nel progetto è prevista la creazione di una base di appoggio intorno alla Luna così esiste già come la stazione spaziale intorno alla Terra. Dalla stazione potrebbero partire i viaggi verso Marte. Ci vorrà però tutto un decennio per costruire alcune infrastrutture, fra cui la base in orbita e degli insediamenti in superficie.
C’è da dire che il lancio di Artemis I non è stato fortunato, ha subito vari intoppi.
Il rischio c’è sempre quando si comincia una nuova fase, anche se il programma Artemis eredita una parte delle tecnologie dallo Shuttle. Ricordo che i motori del razzo sono praticamente quelli dello Shuttle e anche i booster che danno la spinta sono basati su tecnologie anni 70. Nonostante questo, ci sono tante cose da mettere a punto, perciò si fa un passo alla volta. Anche perché il modulo per atterrare non è ancora pronto.
Non è strano che 50 anni dopo il programma lunare Apollo le tecnologie non siano ancora pronte?
Sono tecnologie diverse. Una delle caratteristiche dei nuovi velivoli è che saranno riutilizzabili. I costi saranno più bassi quindi rispetto al passato. Oggi l’esigenza non è più arrivare primi, ma rendere i viaggi lunari sostenibili sia economicamente sia sul piano ambientale.
Conosce i quattro astronauti selezionati per Artemis II?
Non personalmente ma fra il gruppo di astronauti messi in rosa c’è una astronauta che era nel mio corso, Stephanie Wilson.
Ci sarà anche un po’ di Italia nella missione?
L’Italia fa parte del progetto Artemis così come l’Esa (Agenzia spaziale europea, ndr). Spesso viene dimenticato che il modulo di servizio della capsula Orione è costruito in Europa.