“Il fisco dovrebbe essere ritagliato su misura in base alla condizione oggettiva della famiglia. È indispensabile partire dalla composizione della famiglia. Noi l’abbiamo chiamato ‘quoziente familiare’, la cosa importante è che ci sia un’attenzione alla condizione di alcune famiglie che – pur avendo un reddito all’apparenza più che dignitoso – in questo momento si stanno avvicinando alla soglia di povertà”. Così Stefano Parisi, presidente del Caf delle Acli, commenta al Sir i contenuti del disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale licenziato giovedì Consiglio dei ministri. L’approvazione – ha affermato il premier Meloni – “è una vera e propria svolta per l’Italia”. Il presidente del Consiglio ha parlato di “una riforma epocale, strutturale e organica”, evidenziando come si tratti “una rivoluzione attesa da 50 anni con importanti novità a favore di cittadini, famiglie e imprese”. “Grazie alla riforma del sistema fiscale – ha concluso Meloni – abbassiamo le tasse, aumentiamo la crescita e l’equità, favoriamo occupazione e investimenti”.
Dottor Parisi, la convince l’impianto della riforma fiscale varata dal Governo?
La delega fiscale è una traccia di un percorso che dev’essere tutto costruito. Oggi ci sono molteplici ipotesi e proposte, per esempio, anche sulla riduzione delle aliquote Irpef. Al momento non si può ancora entrare nel merito delle specificità, anche perché lo sviluppo della delega fiscale è previsto nell’arco dei prossimi anni. Assisteremo ad una serie di proposte, controproposte, bocciature… Detto questo, la delega prevede alcune cose che, da un lato, possono essere di buon auspicio mentre dall’altro, a nostro avviso, rischiano di generare situazioni che potrebbero nascondere qualche manovra occulta, senza voler fare necessariamente allarmismo.
Concentriamoci un attimo sulle aliquote Irpef che alla fine sono quelle che ricoprono sempre più attenzione/preoccupazione…
L’obiettivo della delega fiscale è quello di abbassare il numero delle aliquote e la pressione fiscale, il che vuol dire tutto e niente.
Dal vostro punto di vista, a cosa si dovrebbe fare attenzione nella definizione del nuovo sistema fiscale?
Per noi sono tre le priorità che il Governo dovrebbe darsi. La prima è che
non può esserci una riforma fiscale e tributaria se non si tiene conto del quoziente familiare.
Sono anni che noi ci battiamo per la sua applicazione, che nulla centra con l’Isee che, riteniamo, sia ormai uno strumento superato e che dev’essere aggiornato.
Il quoziente familiare dev’essere la base della riforma fiscale mentre finora non è mai stato preso in considerazione per l’erogazione dei bonus. Serve un’attenzione particolare alla composizione del nucleo familiare e poi del reddito pro-capite
per evitare, per esempio, che il capofamiglia di una famiglia monoreddito con 5 componenti paghi più imposte rispetto al single. Se vogliamo un fisco equo e giusto l’applicazione del quoziente familiare è la prima condizione.
La seconda priorità?
Le famiglie con disabili o con anziani non autosufficienti. Oggi ci sono agevolazioni, delle piccole deduzioni che vengono consentite, ma di fatto non c’è la valutazione di quanto sia oneroso sostenere una famiglia con un disabile o un anziano non autosufficiente.
L’ultima priorità?
È importante avere un’attenzione particolare nel ritagliare un fisco su misura. Per questo
la ‘flat tax’ ci convince poco, perché significa essere tutti uguali.
Purtroppo non siamo tutti uguali, non tanto per le condizioni soggettive ma per quelle oggettive che vive ogni famiglia. Certo, in alcuni casi la ‘flat tax’ può funzionare, purché non diventi un fare parti uguali tra disuguali. Da qui l’importanza di un fisco su misura, ritagliato a seconda delle situazioni. Che, ovviamente, non possono essere troppe anche per non complicare la vita al cittadino. Ma vanno individuate quelle casistiche (famiglie, famiglie con disabili, famiglie con anziani…) che devono essere tutelate e che hanno bisogno di attenzioni particolari.
E la progressività sancita dalla Costituzione?
Con le tre aliquote di reddito ipotizzate rimarrebbe. Sparirebbe nel caso di introduzione della ‘flat tax’. Ribadisco che in alcuni casi la ‘flat tax’ potrebbe anche essere un aiuto – come ne caso dell’autoimpresa – ma non sicuramente per la totalità dei contribuenti.
La delega prevede anche la revisione delle ‘tax expenditures’ (detrazioni, deduzioni…) per le quali è prevista una semplificazioni (ora sono oltre 600). A che rischi si può andare incontro?
Nell’ultimo incontro di programmazione di Caf Acli il nostro direttore amministrativo ci faceva notare come il primo blocchetto di istruzione del Modello 730 era racchiuso in 15 pagine e oggi siamo ad oltre 160 pagine: questo significa che si è complicato il meccanismo dichiarativo in maniera esponenziale.
È chiaro che una semplificazione è indispensabile; l’importante è che non sia a discapito – come sempre succede – di alcuni ceti e a favore di altri.
Per cui bisogna fare molta attenzione a non ripetere quanto avvenuto, per esempio, con l’erogazione dell’Assegno unico – con il venir meno di alcune detrazione e deduzioni – che per alcune fasce di reddito è stato addirittura peggiorativo.
Ci sono indicazioni nella delega fiscale che accogliete positivamente?
Il fatto di diminuire l’aliquota Ires per le aziende che assumono a tempo indeterminato. Ma noi aggiungiamo: in maniera stabile. Perché già oggi ci sono delle norme che aiutano le aziende ad assumere, le famose decontribuzioni triennali. Così succede che finiti i tre anni si viene licenziati. Riteniamo che se si hanno agevolazioni da parte dello Stato si deve garantire che quelle assunzioni siano davvero stabili. Anche le agevolazioni per chi reinveste nell’azienda sono positive, perché aiutano il sistema sia per quanto riguarda le assunzioni sia per lo sviluppo dell’azienda stessa.
Cosa invece non vi convince?
Il concordato preventivo perché, secondo le ipotesi in circolazione tutte ancora da definire puntualmente, c’è il timore che sia un condono camuffato.
Cosa auspicate nel percorso che porterà alla definizione di un nuovo sistema fiscale?
Spingeremo, insieme ai sindacati e al Terzo settore, affinché si instaurino dei tavoli di confronto con il Governo per trovare la soluzione migliore. Molto spesso i tavoli di confronto naufragano perché ogni interlocutore pensa che la propria proposta sia la migliore e si batte perché quella venga accettata. Serve invece trovare la migliore soluzione per proteggere e garantire i diritti della fascia della popolazione che in questo momento è più a rischio: le famiglie. Paradossalmente, oggi come oggi,
la famiglia media è quella che sta peggio. La priorità è riuscire ad individuare la soluzione migliore per garantire questa fascia di cittadini che in questo momento, per quello che vediamo quotidianamente, non è affatto tutelata.