“È un progetto estremamente importante perché punta sulla formazione. Siamo tutti d’accordo nel fatto che dall’educazione deve e può partire un vero rinnovamento del dialogo tra ebrei e cristiani, della società e del futuro che vogliamo costruire”. Così Livia Ottolenghi, assessore all’educazione dell’Unione delle comunità ebraiche in Italia (Ucei), presenta le sedici schede sull’ebraismo destinate alla redazione dei libri di testo per l’insegnamento della religione cattolica (Irc) nelle scuole. Un progetto realizzato da un gruppo misto di redattori ebrei e cattolici e sostenuto insieme da Conferenza episcopale italiana e Ucei. “Queste schede – aggiunge Ottolenghi – servono ad aumentare sia il grado ma anche la qualità della conoscenza che i ragazzi hanno sull’ebraismo”. Il progetto mira a correggere “gli errori sulla base dei quali poi si fondano le idee sbagliate che le persone si fanno sul popolo ebraico e prima si interviene, prima si abbattono i pregiudizi”. Ma punta anche e soprattutto ad una corretta formazione nella convinzione che “spesso il pregiudizio nasce sulla non conoscenza dell’altro”.
Quali sono gli errori concettuali più comuni che si trovano nei libri di testo?
Noi abbiamo fatto un lavoro sui libri di testo per l’insegnamento della religione cattolica. Gli errori sono diversi. Per esempio sull’uso dei termini, sulla conoscenza delle feste, o ancora su alcune situazioni fondanti come le considerazioni e le differenze tra la Torah e i Vangeli. Si lavora sul rispetto reciproco e delle rispettive specificità cercando di andare a scardinare quei pregiudizi che probabilmente sono ancora un retaggio pre-conciliare.
Si tratta di veri e propri errori o piuttosto di una scarsa conoscenza del mondo ebraico?
Il problema è che non tutti i testi utilizzati nelle scuole sono recenti. Si avvertiva pertanto la necessità di individuare degli aspetti che pur non essendo percepiti come importanti, lo sono e possono trascinare a considerazioni errate. Forse non sono necessariamente degli errori ma presupposti che vanno chiariti. In questo senso la Cei ha avuto una grande sensibilità, perché ha voluto produrre insieme a noi queste schede per gli editori, per il futuro cioè di nuovi testi e per la revisione dei vecchi, dando delle linee guida che consentano di presentare correttamente gli ebrei, la storia ebraica e i valori dell’ebraismo.
Cosa volete che fosse comunicato oggi ai ragazzi del mondo, della storia e della cultura ebraica?
Vorremmo che capissero che il popolo ebraico è un popolo vivo, che la cultura ebraica è una cultura viva, che è importante conoscere e rispettare.
E’ un principio che vale non solo per noi ma per tutti, con la disponibilità a capire che ci sono dei valori comuni ma anche esperienze diverse e che tutto è da rispettare. E’ quindi una formula che consente anche una formazione alla convivenza.
L’antisemitismo tra i giovanissimi è un fenomeno purtroppo ancora diffuso. Come si combatte? Che ruolo possono avere la scuola in generale e gli insegnanti di religione cattolica in particolare?
La scuola è un laboratorio di convivenza, il luogo per eccellenza dove si impara a condividere, a entrare nella società, a conoscere e rispettare le proprie caratteristiche ma anche tutte le diversità che in una classe si incontrano. Per questo è importante che nella scuola ci sia una cura della correttezza delle informazioni e del rispetto per le diversità. Nel caso specifico, è importante far conoscere a studenti e studentesse che gli ebrei sono da 22 secoli presenti ininterrottamente in Italia e che quando si parla di cultura ebraica, stiamo parlando di una comunità originaria che ha dato un contributo essenziale alla crescita culturale, economica e sociale del nostro Paese.
Che futuro siamo chiamati tutti, cristiani ed ebrei, a costruire?
C’è un passo delle Massime dei Padri che dice che noi non siamo tenuti a finire l’opera ma a dare il massimo per quello che è nelle nostre possibilità.
Questo significa che dobbiamo lavorare individuando buoni propositi e buone pratiche, facendo di tutto perché le ragazze ed i ragazzi si formino e prendano in mano il loro futuro in modo responsabile e rispettoso di tutti. Non possiamo essere noi la soluzione di tutti i problemi, ma possiamo e dobbiamo fare il massimo per offrire oggi ai giovani un terreno fertile su cui costruiranno il loro futuro.