Davanti ai cracker lasciati in dispensa oltre la data preferibilmente indicata dal produttore per il consumo, un europeo su due decide di buttare il pacchetto, senza troppi dubbi per la coscienza. Un errore che causa ogni anno 57 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, pari a 127 chili a persona, per un costo complessivo di 130 miliardi di euro. La differenza sta in una parola, anzi, in un avverbio: “preferibilmente”, che consiglia sui tempi, se si vuole mangiare l’alimento nella sua integrità, ma non mette a repentaglio la salute se si supera la data. Altra cosa è la dicitura “da consumarsi entro” che indica invece l’esposizione a rischi per l’eventuale presenza di patogeni dopo la scadenza.
Sul tavolo della Commissione europea è al momento in discussione la possibilità di aggiungere un’ulteriore indicazione, affiancata solo agli alimenti “da consumarsi preferibilmente entro”. La dicitura ipotizzata potrebbe essere “Spesso buono oltre”, proprio per informare in maniera più chiara sulla possibilità di consumare a distanza di tempo il cibo e di non gettarlo via. Secondo la Fondazione filiera Italia, che unisce numerose imprese del Made in Italy, l’aggiunta potrebbe ridurre il 90% degli sprechi. Una previsione generosa per Pier Sandro Cocconcelli, ordinario di Microbiologia degli alimenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore della sede di Piacenza, che valuta comunque in maniera positiva la scelta europea di fare chiarezza sulle informazioni riguardo alla scadenza degli alimenti.
Professore, la dicitura “spesso è buono oltre” dovrebbe essere aggiunta su tutti gli alimenti?
No. Si applicherebbe unicamente a quegli alimenti che hanno la dicitura “da consumare preferibilmente entro”. La differenza è sostanziale, perché per i cibi con l’indicazione “da consumarsi entro”, il consumatore dopo la data rischia un mal di pancia mentre per gli altri c’è solo la possibilità che per esempio il biscotto perda un po’ di fragranza o che il succo di frutta perda un po’ di aroma, perché sono prodotti che possono essere consumati senza problemi per la salute. Credo che ci sia molta confusione e penso che aggiungere una dicitura potrebbe essere utile.
È allo studio anche una indicazione di data ulteriore, entro la quale il prodotto si può ancora mangiare senza rischi per la salute?
No. Il concetto stesso di “preferibilmente” non pone un limite oltre, non ci saranno due date di scadenza. Quando il produttore di alimenti studia il proprio prodotto lo fa in modo tale che dia sicurezza anche dopo anni. Un esempio classico è la scatola chiusa di pomodoro che può persistere per anni anche dopo la data indicata. Magari può perdere sul piano sensoriale ma non dà nessun problema ai danni del consumatore.
È proprio questa incertezza sulla integrità del prodotto che potrebbe portare il consumatore a buttarlo nei rifiuti?
Il concetto che si vuole trasmettere con la dicitura “Spesso buono oltre” è proprio questa: è buono e sicuro, salubre anche anni dopo la produzione. La sicurezza del prodotto c’è sempre, questo è il principio alla base.
La dicitura “Spesso buono oltre” potrebbe contraddire le indicazioni contenute nella tabella nutrizionale del prodotto?
Le tabelle nutrizionali tengono conto delle possibili variazioni. Per esempio un alimento che tende ad asciugare un po’, perde acqua, cambiando il valore delle proteine e dei grassi. La variazione dei valori però è minima inoltre stiamo parlando di prodotti sigillati.
La dicitura “Spesso buono oltre” è solo una prima ipotesi, la convince?
Penso che un cambio di messaggio sia estremamente utile, che poi sia la frase che verrà effettivamente usata non so.
Come giudica il nutri score, il sistema adottato da alcuni Paesi in Europa per semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali?
Premetto che non sono un nutrizionista ma non credo sia il sistema più efficace perché non tiene conto delle dosi effettivamente consumate. Lo vedo come un sistema che può essere migliorato e non a caso c’è molto dialogo per individuare la soluzione preferibile.