“Il Terzo settore può offrire un grande contributo per migliorare le risposte che il nostro Paese è in grado di dare in materia di welfare. Per questo auspichiamo di portare avanti con il governo un dialogo e un confronto costanti sull’ideazione delle politiche sociali, oltre che un coinvolgimento diretto per la loro realizzazione”. Lo afferma al Sir Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo settore, commentando la disponibilità del Terzo settore a collaborare con le istituzioni per “valutare e proporre strumenti adeguati a disegnare un sistema di welfare che migliori le opportunità di inclusione sociale e lavorativa per ciascuno”, come auspicato dal cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. Sullo sfondo ci sono i fondi del Pnrr, per cui ci si aspetta un grosso contributo al miglioramento del welfare. Dal mondo cattolico le fa eco don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana: “Il cammino è lungo e richiede disponibilità, nella complementarità delle competenze e dei ruoli, da parte di tutti i soggetti in campo – dice -. È l’unica strada per fare in modo che le ingenti risorse economiche a disposizione si possano tradurre in un concreto miglioramento delle vite delle tante persone in difficoltà nel nostro Paese”.
Pallucchi: è essenziale amministrare insieme. “Gli strumenti di amministrazione condivisa, che la riforma del Terzo settore ha formalizzato e valorizzato, sono essenziali per migliorare le risposte che il nostro Paese è in grado di dare in materia di welfare – spiega Pallucchi -. Oggi il sistema sociale italiano è fortemente frammentato e, a fronte di problematiche emergenti e inasprite anche dalla pandemia e dalla crisi energetica, non riesce a garantire percorsi di presa in carico delle persone più fragili o a rischio emarginazione, né percorsi di emancipazione dal bisogno”. La portavoce del Forum del terzo settore cita fenomeni come “l’aumento delle povertà, delle disuguaglianze, dei divari territoriali, ma anche la scarsa partecipazione dei cittadini alla vita collettiva”, che oramai costituiscono “la prova evidente della
necessità di investimenti straordinari nel welfare e di un forte coinvolgimento del Terzo settore per ricucire le ferite del tessuto sociale.
Il Terzo settore da decenni opera sui territori al fianco delle persone: ne legge i bisogni, ne ascolta le istanze e propone soluzioni che rendono protagoniste le stesse comunità che ne sono destinatarie”.
In vista dell’attuazione del Pnrr. “La co-programmazione e la co-progettazione tra Pubblica amministrazione e Terzo settore, oltre all’accreditamento e al convenzionamento, rappresentano dunque una fondamentale ‘cassetta degli attrezzi’ per “affrontare le sfide che attraversano il Paese e va utilizzata al meglio – suggerisce Pallucchi -. Anche e soprattutto in vista dell’attuazione del
Pnrr, che rischia di non centrare i suoi obiettivi se si risolve in una pioggia di risorse calate dall’alto, senza la cognizione delle specifiche esigenze dei vari territori
su cui ricadono e le infrastrutture sociali indispensabili per impiegarle nel modo giusto. Il contributo delle risorse del Pnrr sarà comunque importante, ma senza un investimento continuativo e una complessiva riforma del welfare, non potrà essere determinante nel garantire qualità diffusa dei servizi e delle attività sociali”.
Un Manifesto del Terzo settore per un nuovo sistema di welfare. Il Forum Terzo Settore ha recentemente elaborato un Manifesto contenente la visione di un nuovo sistema di welfare, non più incentrato sul concetto di “protezione” delle persone ma sul riconoscimento dei loro diritti. “Prossimità, universalismo e inclusività sono i principi cardine di questo sistema – precisa Pallucchi -. Alla base vi è un cambiamento radicale dell’approccio al welfare, che deve guardare alle persone non più solo come destinatari di servizi e assistenza, ma coinvolgerle attivamente in percorsi di emancipazione dal bisogno e dal disagio, facendo leva sulla formazione, la socialità, la cultura della prevenzione, la cittadinanza attiva.
Un modello di welfare più efficace e più inclusivo ha bisogno di un nuovo modello di governance, che attivi più livelli istituzionali e valorizzi il ruolo primario del Terzo settore”.
Pagniello, “quale ruolo per le Caritas?”. “Quale ruolo per le Caritas nello scenario in cui ci muoviamo da qualche mese a questa parte nel campo degli interventi sociali e sanitari?”, si chiede invece don Marco Pagniello, direttore Caritas italiana. “È uno scenario inedito, quello di oggi, sfidante e molto complesso – dice al Sir -: da una parte il Pnrr ha messo ingenti risorse pubbliche a disposizione dei territori (Comuni, ambiti sociali territoriali, Asl, Regioni) per affrontare povertà e disagio sociale e, dall’altra, questi ultimi sono chiamati a realizzare interventi in tempi molto ristretti e su una pluralità di settori molto specifici e diversi fra loro, che richiedono proprio per questo competenze ad hoc”. Perciò il lavoro delle Caritas è, come sempre, di
ascolto e accompagnamento con “proposte concrete e advocacy per aiutare le comunità a riconoscere dignità e diritti a tutti, a partire dagli ultimi,
in una prospettiva di animazione/educazione inclusiva che valorizza i talenti di ognuno”.
Il Patto per il nuovo welfare sulla non autosufficienza. “Due tipi di azioni in particolare hanno caratterizzato gli scorsi mesi e il presente: spronare e sollecitare lo Stato rispetto a questioni urgenti, cruciali, da assumere e affrontare in modo organico e anche coraggioso – spiega don Pagniello -. È questo ad esempio il caso della pressione che un corposo gruppo di organizzazioni di cittadinanza, associazioni di familiari e di operatori del settore (il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza) ha fatto nel 2021 per far introdurre nella versione Draghi del Pnrr la riforma complessiva della assistenza agli anziani non autosufficienti: oggi la riforma è finalmente legge proprio grazie al lavoro di questa coalizione sociale ed è stato approvato pochi giorni fa il disegno di legge delega che assume in gran parte le indicazioni elaborate dal terzo settore”.
La valorizzazione di chi si occupa di povertà nei territori. Il secondo filone ha a che fare con la particolare competenza che le Caritas hanno accumulato sui territori negli anni e su cui possono contare oggi: “una conoscenza capillare del territorio e dei suoi bisogni che deriva dal contatto giornaliero e profondo con le persone in difficoltà, a cui si unisce la realizzazione di risposte anche in connessione e sinergia con tutti i soggetti locali”, precisa il direttore di Caritas italiana: “Il Pnrr – in particolare la missione 5 – ma anche altri filoni di progettazione che coinvolgono il pubblico danno la possibilità finalmente di valorizzare e mettere a sistema le molteplici abilità dei diversi soggetti che sui territori si occupano di povertà e disagio”. In questo contesto, prosegue, “le Caritas hanno potuto fornire in questi mesi un apporto di conoscenza e know how specifico rispetto ai bisogni locali e alle risposte da attivare, perché già attivate da loro stesse (si pensi al pronto intervento sociale); stanno spingendo per fare in modo che nasca a livello locale un sistema integrato di risposte istituzionali coordinate per la tutela dei diritti delle persone in povertà e in condizioni di disagio e questo interloquendo consapevolmente con le amministrazioni pubbliche su questi temi; stanno cercando di promuovere spazi aperti di dialogo e partecipazione attiva e reale alla progettazione locale e regionale, mantenendo la propria specificità e fornendo apporti costruttivi e di merito”, ad esempio nei piani regionali povertà.