“Il problema esisteva ben prima della guerra, dell’inflazione e del caro energia. Già prima eravamo disperati, ma il caro bollette è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’ennesimo colpo, forse quello definitivo.
Mancano 10 milioni di euro, la sopravvivenza di molte nostre strutture è a rischio”.
Non usa giri di parole Luigi Vittorio Berliri, presidente di Casa Al Plurale, coordinamento delle case-famiglia di Roma, una sessantina di realtà con storie, tradizioni e approcci differenti, a sostegno di persone con disabilità, minori in stato di abbandono, donne con bambini che vivono situazioni di grave fragilità sociale, con particolare attenzione al tema della residenzialità. Oggi accolgono complessivamente 705 minori, 189 mamme con bimbi, 127 persone con lieve disabilità e 319 disabili gravi.
“In meno di due anni quello che valeva 150 euro oggi, secondo l’indice Istat, costa 170; però la retta è rimasta praticamente la stessa, già del tutto insufficiente, tanto che sono anni che ci battiamo per denunciarlo”. L’ultimo “adeguamento”, a dicembre 2019, meno di un’elemosina: “pochi centesimi”, dice Berliri, che è anche il responsabile della cooperativa Spes contra Spem, dal 1991 al servizio delle persone più fragili affinché “nessuno resti solo”. E spiega:
“Le case-famiglia esistono da 25 anni e le relative rette sono praticamente ferme a 25 anni fa,
aggiornate ogni tanto all’indice Istat, a fronte di costi sui contratti di lavoro oggi triplicati rispetto ad allora”. Ma già partite male perché “quando si definì la retta nessuno si preoccupò di formularla tenendo conto di tutto quello che doveva comprendere questa cifra: venne semplicemente attribuito anche alle case-famiglia l’importo previsto per le case di riposo”.
Oggi le risorse stanziate dal Comune coprono circa la metà del fabbisogno quotidiano di queste strutture.
Di qui la rinnovata richiesta di aumento delle tariffe, anche sulla scorta della promessa fatta qualche mese fa, quando l’Assemblea Capitolina approvò la mozione n. 111 del 19 maggio 2022 che andava verso “l’adeguamento delle rette per le case- famiglia”. E i conti non sono difficili: basterebbe sfogliare il report “Quanto costa una casa-famiglia”, costantemente aggiornato da Casa Al Plurale. Per una casa per otto persone con disabilità lieve sarebbe necessaria una retta pari a 193.47 euro mentre la retta attualmente prevista dall’amministrazione, Iva esclusa, ammonta 105.28 euro. Per una struttura per persone con disabilità complessa la retta necessaria dovrebbe essere 242.84 euro, mentre quella attualmente prevista, Iva esclusa, è pari a 144.37 euro. Numeri reali perché risultato dell’analisi dei costi standard delle varie tipologie di strutture di accoglienza, conteggiando fino all’ultimo centesimo tutte le spese e le ore di presenza necessarie del personale per offrire un documento circostanziato ed esaustivo a chi ha il compito di decidere quanto stanziare e in che misura. Dai costi di luce e gas a quelli dell’acqua, dal cibo agli affitti, dalle assicurazioni dei veicoli agli estintori. Infine il costo del lavoro, la voce più importante che assorbe circa il 75% della spesa: si tratta degli stipendi per gli educatori, gli operatori socio sanitari e tanti altri professionisti, tutte figure previste per legge, che lavorano su turni h24 per 365 giorni l’anno.
“Abbiamo lanciato questo grido d’allarme, prima ancora delle elezioni, ai futuri candidati sindaci – conclude Berliri -; Gualtieri lo raccolse promettendo pubblicamente che si sarebbe impegnato. Ora che è in discussione il primo bilancio vero e proprio della nuova amministrazione, vedremo che cosa verrà inserito, quali saranno le priorità”.
L’auspicio è un nuovo paradigma culturale che consideri le case-famiglia non un costo ma l’investimento di una società civile a favore dei suoi membri più fragili.