È tempo di tornare a Wakanda. Nei cinema da mercoledì 9 novembre è disponibile “Black Panther. Wakanda Forever” firmato Ryan Coogler, seguito del successo “Black Panther” del 2018, titolo Marvel campione di consensi tra critica e pubblico. La prematura scomparsa del protagonista Chadwick Boseman nel 2020 ha rischiato di far vacillare il progetto. “Black Panther. Wakanda Forever” segna un ritorno alle origini con margini di innovazione, ma soprattutto il film è un commosso omaggio a Boseman. Ancora, su Sky e Now è sbarcata la seconda stagione della serie rivelazione agli Emmy “The White Lotus” di Mike White, che cambia ambientazione dalle Hawaii alla Sicilia. Nel cast, con F. Murray Abraham, Theo James e Jennifer Coolidge, ci sono Sabrina Impacciatore, Simona Tabasco e Beatrice Grannò. Il punto Cnvf-Sir.
“Black Panther. Wakanda Forever” (al cinema, dal 9.11)
Nella stagione 2018-19 “Black Panther” ha segnato più di un trionfo. Scritto e diretto da Ryan Coogler, il film ha raccolto il favore del pubblico raggiungendo un incasso di oltre 1miliardo di dollari, ma soprattutto è entrato a gamba tesa nella partita degli Oscar con 7 candidature – il primo titolo Marvel a ottenere la nomination come miglior film – e tre statuette vinte, ossia scenografie, costumi e le musiche di Ludwig Göransson. La Marvel non poteva dunque esimersi dal mettere in cantiere un sequel. Ciò che, però, non poteva prevedere è la scomparsa prematura del protagonista Chadwick Boseman, poco più che quarantenne, nel 2020.
Il regista Coogler e il produttore Nate Moore (insieme a Kevin Feige) si sono interrogati su come procedere, tenendo conto di questa perdita e declinandola anche in ambito narrativo. “Dato che il Wakanda – afferma Moore – doveva continuare a esistere anche dopo la scomparsa di T’Challa [Chadwick Boseman], aveva perfettamente senso esaminare l’impatto che questa perdita aveva avuto su tutti coloro che lo avevano conosciuto e amato. E non c’è nessuno che percepisca quell’impatto più di sua sorella minore Shuri”.
E su tale premesse ha preso sostanza “Black Panther. Wakanda Forever”, ancora una volta scritto e diretto da Coogler, che ha spostato il peso della narrazione su tre personaggi femminili: la regina Ramonda (Angela Bassett), la principessa Shuri (Letitia Wright) e Nakia (Lupita Nyong’o), la compagna del compianto re T’Challa. Un racconto che pertanto mette a tema la morte, il doloroso e non facile processo di elaborazione del lutto, unito a sentimenti di rabbia e persino vendetta, per approdare in ultimo sulle sponde della clemenza.
La storia. Il Paese di Wakanda è in lutto. Re T’Challa è morto, sul trono siede la madre, la regina Ramonda, che cerca di reggere con pragmatismo e fermezza alle pressioni internazionali, in primis degli Stati Uniti tramite la Cia, ma anche del misterioso Stato governato da re Namor (Tenoch Huerta). Nel mentre, la principessa Shuri fatica ad accettare la scomparsa del fratello, la sua incapacità di trovare una cura nonostante le competenze tecnologiche e la conoscenza dell’intelligenza artificiale. La situazione rischia di precipitare quando Wakanda finisce sotto attacco di Namor…
Al di là della consueta cifra spettacolare, dell’alto tasso di effetti speciali e dei movimenti di macchina vorticosi e immersivi, tratto distintivo dei film del Marvel Cinematic Universe, “Black Panther. Wakanda Forever” sorprende per come abbia messo morte e tragitto di elaborazione del lutto quali temi portanti. Il film mostra come tre donne vivano diversamente il dolore e la perdita; tre donne da cui dipenderà però il cambio di passo nella gestione del regno: una guida marcata da fermezza e coraggio. Nello specifico è la giovane Shuri cui spetta il cammino di formazione-responsabilità che la conduce a raccogliere il testimone dell’eroe: lei è chiamata a indossare la maschera di Black Panther, a mettersi sul tracciato del fratello per salvare il proprio Paese.
Segnato da una lunghezza eccessiva (161 minuti), dipesa da dilatazioni narrative spesso senza senso o sostanza, “Black Panther. Wakanda Forever” conquista tuttavia per come valorizza un altro tema chiave: l’anteporre la clemenza alla vendetta, evitando il deragliamento nelle pieghe del male. Shuri rischia di finire nella vertigine dell’odio, trascinata dalle provocazioni di Namor, ma riesce a far maturare dentro di sé il valore della speranza, che si traduce appunto in clemenza. Lei incarna un eroe sì in cerca di giustizia, ma capace anche di tolleranza e perdono.
Ancora, il film poggia nuovamente sulle musiche vibranti composte da Ludwig Göransson (“Tenet”), impreziosite dal brano conclusivo di Rihanna, “Lift Me Up”, che imprime ulteriore pathos alla storia. Il brano è pronto a inserirsi di fatto nella partita dei prossimi Oscar 2023.
Ultimo, ma non meno importante, è il diffuso ricordo di Chadwick Boseman, che puntella l’opera in diversi momenti: dai titoli di apertura, particolarmente toccanti, ai volteggi conclusivi densi di dolcezza. Un ricordo non stucchevole o insistito, bensì quasi una celebrazione allargata, cui il pubblico viene chiamato a partecipare, per un attore legato a doppio filo al suo personaggio. Un cordoglio che abbatte i confini tra realtà e finzione. Consigliabile, problematico, adatto per dibattiti.
“The White Lotus 2” (su Sky-Now, dal 7.11)
Agli ultimi Emmy Awards, edizione 74, la miniserie Hbo “The White Lotus” – in Italia su Sky e la piattaforma Now – ha fatto incetta di premi: forte di 20 candidature, si è aggiudicata 10 riconoscimenti, risultando la più premiata. Una scommessa vinta per l’ideatore e regista Mike White, che ha messo in racconto, con una cifra ironico-corrosiva, la società borghese-benestante statunitense, rivelandone fragilità, ipocrisie e piccolezze. Un viaggio esistenziale lungo sette giorni, il tempo di una settimana di vacanza nel resort di lusso White Lotus. Per molti si squadernava l’opportunità di cambiamento, di guardarsi dentro e rimettersi in partita con la vita; per altri il conto era non poco salato, amaro…
Ora dal 7 novembre è disponibile su Sky la seconda stagione di “The White Lotus”. Si cambia scenario, e abbandonata l’isola di Maui alle Hawaii l’attenzione si sposta sulla sede del resort in Sicilia, a Taormina.
A dare continuità narrativa c’è il personaggio interpretato da Jennifer Coolidge, Tanya Mcquoid-Hunt, una donna ricca e dall’umore altalenante, che torna a fare esperienza della catena alberghiera dopo l’avventura alle Hawaii.
Nel cast troviamo nomi di primo piano come F. Murray Abraham (“Amadeus”, “Il nome della rosa”, “Scoprendo Forrester” e “Homeland”) e Theo James (“Divergent”, “Sanditon”, “The Time Traveler’s Wife”). L’Italia è in prima linea con tre attrici: Sabrina Impacciatore, nel ruolo della direttrice del resort Valentina (ruolo nella prima stagione ricoperto da Murray Bartlett), Simona Tabasco e Beatrice Grannò, rispettivamente Lucia e Mia, due ventenni in cerca di un’occasione per cambiare vita.
Visionando, grazie a Sky, gli episodi iniziali di “The White Lotus 2”, possiamo affermare che l’autore Mike White ha puntato da un lato sullo stesso schema narrativo-stilistico, teso a mettere in evidenza debolezze e contraddizioni personali-familiari degli ospiti altolocati della struttura, uno specchio riflettente-deformante della società occidentale; dall’altro ha provato ad allargare il campo dello sguardo verso le irrequietezze relazionali-sentimentali. Complice forse lo stereotipo narrativo (di taglio americano) che vede l’Italia ritratta tra bellezze paesaggistiche, piaceri della tavola e avventure tra le lenzuola, “The White Lotus 2” sembra solleticare più la dimensione sensuale. Speriamo, però, che questo non sottragga spessore e originalità al racconto (alla critica sociale), sbilanciandolo su un binario più basico e patinato. Attendiamo dunque gli sviluppi. Serie complessa, problematico, per dibattiti.