Nel primo Consiglio dei ministri operativo dopo quello dell’insediamento, il governo Meloni ha emanato anche il suo primo decreto-legge. Si tratta di un provvedimento dal titolo molto lungo perché affronta quattro temi molto diversi tra loro: “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.150, di obblighi di vaccinazione anti Sars-Cov-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”. Non a caso la premier si è presentata in conferenza-stampa affiancata dei ministri Piantedosi (Interno), Schillaci (Sanità) e Nordio (Giustizia).
Il primo punto del titolo è quello che riguarda il cosiddetto “ergastolo ostativo”, che esclude automaticamente dai benefici carcerari coloro che non collaborano con i magistrati. Questo automatismo, secondo la Corte costituzionale, è contrario alla nostra Carta fondamentale e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo in quanto nega in radice il valore redentivo della pena.
Per evitare conseguenze socialmente pericolose, tanto più che la misura interessa soprattutto detenuti di mafia, la Corte aveva dato un anno di tempo al Parlamento per provvedere, scaduto il quale – poiché nel frattempo uno dei due rami aveva approvato un nuovo testo – aveva concesso un’ulteriore proroga di sei mesi, rinviando la decisione al prossimo 8 novembre. Nel frattempo le Camere sono state sciolte e non è stato possibile completare l’iter. Il nuovo governo ha quindi trasferito all’interno del decreto-legge appena appena varato le norme approvate a Montecitorio nel marzo scorso, norme che in buona sostanza richiedono la valutazione di ogni singolo caso da parte del magistrato, su iniziativa del detenuto che deve dimostrare di avere i requisiti per accedere ai benefici (per esempio aver interrotto ogni rapporto con le organizzazioni criminali).
L’altro punto relativo alla giustizia prevede il rinvio al 30 dicembre dell’entrata in vigore della cosiddetta riforma Cartabia, una di quelle richieste dal Pnrr con scadenza entro la fine dell’anno. In pratica il governo si prende due mesi per adeguare gli uffici giudiziari alle nuove disposizioni (come richiesto a gran voce dai magistrati) e per chiarire meglio l’applicazione di alcun norme, in particolare la procedibilità solo a querela di parte di alcuni reati su cui oggi si procede d’ufficio. Sia in questo caso che nel precedente, non è escluso che in sede di conversione del decreto il Parlamento possa apportare delle correzioni, auspicate dalla stessa Meloni (in senso restrittivo).
Per il contrasto dei raduni “non autorizzati” con oltre 50 persone e da cui possa derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica” (il riferimento di attualità è quello dei rave party) la stretta dell’esecutivo prevede pene molto severe soprattutto per gli organizzatori (reclusione da 3 a 6 anni) e la confisca degli oggetti e dei mezzi utilizzati per l’occupazione illegale.
In campo sanitario è stato formalizzato l’anticipo al 1° novembre della fine dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Il ministro Schillaci ha collegato questa scelta con il mutamento del quadro epidemiologico e con la necessità di recuperare medici e infermieri per sopperire alle carenze di organico. Lo stesso ministro ha comunicato la firma di un’ordinanza che proroga l’obbligo delle mascherine negli ospedali e nelle Rsa.
Il Consiglio dei ministri ha anche nominato 31 sottosegretari di cui 8 riceveranno le deleghe da viceministri.