“Stiamo facendo quanto ci eravamo ripromessi rispetto agli stoccaggi di gas, ma a costi molto elevati”. Così Francesco Timpano, ordinario di Politica economica presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, facendo al Sir il punto sulla crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina e dopo la “minaccia” arrivata martedì da Gazprom secondo cui i prezzi del gas potrebbero passare dagli attuali 2.400 dollari per 1.000 metri cubi a 4.000 prima dell’inverno.
Professore, con l’attuale trend in Italia dovremmo raggiungere il 90% degli stoccaggi di gas entro l’inizio della stagione invernale, evitando i razionamenti. Possiamo essere tranquilli?
L’obiettivo quantitativo del 90% è abbastanza alla portata di mano perché, se non interverranno sorprese particolari, riusciremo ad ottenerlo. Ma questo ci sta costando moltissimo in termini economici.
Tra l’altro, avendo attivato attraverso Snam una sorta di compratore di ultima istanza – un soggetto unico che compra comunque tutte le quantità di gas presenti sul mercato a qualsiasi prezzo – i prezzi stanno schizzando.
Martedì si è toccato il nuovo record storico del prezzo del metano… Quali le conseguenze?
Si è registrato il picco sul mercato Ttf di Amsterdam (il mercato all’ingrosso del gas naturale tra i più grandi d’Europa, ndr) dove si è arrivati a 240 euro per poi scendere a 220 euro.
Il costo complessivo dell’operazione di stoccaggio sta diventando estremamente oneroso.
Una delle parole d’ordine degli ultimi mesi è stata “diversificare”…
Abbiamo aumentato complessivamente in modo significativo le forniture di Gnl (Gas naturale liquefatto), in particolare dagli Stati Uniti. Ma anche il gas che viene fornito dai rigassificatori è una fonte costosa. Anche perché il mercato si sta muovendo e la domanda dall’Asia sta aumentando, provocando una crescita dei prezzi.
Sul fronte del risparmio energetico abbiamo fatto passi avanti?
Questo è uno dei temi che preoccupano di più e sul quale dovremo lavorare. Al di là del fatto che si incominciano a vedere alcune scelte di risparmio legate al pagamento delle bollette da parte di enti locali o di altri soggetti,
ciò che serve è un risparmio su larga scala.
Perché questo è un pezzo fondamentale della strategia. C’è da sperare che non si scarichi solo sulle aziende energivore perché nel momento in cui venissero costrette a ridurre i consumi in modo significativo sostanzialmente le condanneremmo ad una contrazione dei fatturati e una parte del Paese, se non tutto, rischierebbe di andare in recessione.
La Germania, che più dell’Italia era dipendente dal gas russo, ha annunciato che introdurrà da ottobre un nuovo sovrapprezzo nella bolletta del gas pari a 2,419 centesimi di euro per kWh per permettere ai fornitori di gas di scaricare sui consumatori fino al 90% dei costi aggiuntivi che stanno affrontando sul mercato. Cosa ne pensa?
È una proposta che mi incuriosisce molto, è la cosa più interessante di questi ultimi giorni. La Germania realisticamente avverte il rischio che le imprese che distribuiscono gas vadano in difficoltà in termini di conti economici perché in passato hanno venduto ai consumatori contratti su prezzi inferiori rispetto a quelli ai quali si stanno rifornendo ora. Alcune aziende in Europa sono già in difficoltà, soprattutto quelle più piccole.
L’Italia, invece, fin dall’inizio della crisi ha deciso di percorrere la strada dei bonus per far fronte ai rincari.
Finora, abbiamo dato aiuti e aiuti. Lo sforzo andrà concentrato sulle categorie più in difficoltà, che non sono solo le famiglie che rischiano di cadere in una condizione di povertà energetica o ci sono già finite. Per loro si potrebbe intervenire anche con strumenti di sostegno all’indebitamento o alla rateizzazione che possono essere introdotti anche perché, oggettivamente, la collettività non si può fare carico di tutto; c’è un limite alla possibilità dello Stato di mandare alle generazioni future il costo di questa operazione. Ma anche le imprese hanno necessità di essere aiutate, alcune sono davvero in ginocchio con conti completamente saltati a causa dei rincari.
A livello globale cosa dobbiamo attenderci?
La situazione è complicata. Diverse centrali nucleari francesi sono in manutenzione, in parte programmata in parte necessaria: anche in Francia si subisce un aumento dei prezzi di rilievo. E poi c’è un aumento della domanda asiatica, con la Cina che uscendo dalla pandemia fa ripartire i consumi e il mercato integrato.
L’emergenza principale, che purtroppo non è sul tavolo di nessuno, è la guerra in Ucraina. Non è l’unico elemento problematico, ma è la fonte di tensione principale.
Resto convinto che una delle motivazioni di lungo periodo della crisi che stiamo vivendo è che il mondo ha percepito che l’Europa stava facendo sul serio sulla transizione energetica prospettando un cambio di modello produttivo. Non ho mai ritenuto veritiera l’ipotesi che i russi chiudessero i rubinetti verso l’Europa, anche perché se lo facessero ci metterebbero in difficoltà ma avrebbero anche loro altrettanta difficoltà perché verrebbe meno una parte consistente di incassi. E perché i russi diventino fornitori di gas non più verso Occidente ma verso Oriente ci vorrà del tempo…
Il tema dei rigassificatori è ancora al centro di dibattiti e polemiche. Cosa ne pensa?
Vanno fatti il più in fretta possibile. Con la tassonomia delle attività economiche sostenibili a livello europeo ormai investire in gas non è più inappropriato dal punto di vista della transizione energetica.
La rigassificazione è uno degli strumenti che vanno attivati.
Il rigassificatore al largo di Ravenna si farà, perché il processo politico regionale non ha subito alcun ostacolo. Molta più preoccupazione suscita quello di Piombino, dove non si sono fatti passi avanti. Questo è un problema, serve un bagno di realismo e mi auguro si faccia anche il rigassificatore di Piombino. Sarebbero due elementi non decisivi, ma comunque
sarebbero una delle componenti importanti che ci permetterebbero di utilizzare una tecnologia in più.