La tragedia di domenica scorsa sulla Marmolada mi ha messo addosso una forte apprensione.
Non so, sarà perché su quella via normale ci sono passato tre volte. Oppure sarà perché da sempre amo la montagna e sulle Dolomiti ci sono stato con tutta la famiglia e un’infinità di amici. Non riesco a togliermi dalla testa quella voragine sul versante nord della regina delle Dolomiti. È successo qualcosa di impensabile e di imprevedibile.
Quando ci si avventura su certi costoni, sul ghiaccio o sulle pareti, uno non pensa mai che possa crollare la montagna. Non crede che possa accadere proprio in quell’attimo in cui transita, dopo essersi preparato a dovere e magari avere anche prenotato la guida alpina che ha fornito l’attrezzatura necessaria.
L’imponderabile è sempre dietro l’angolo. È vero che la crisi climatica ci inchioda nell’angolo delle nostre responsabilità. Tutti abbiamo colpe per l’innalzamento della temperatura, per l’uso dei combustibili fossili, per lo spreco di risorse, per il saccheggio che facciamo del Creato. Dobbiamo essere onesti con noi stessi e chiederci cosa siamo disposti a sacrificare. Perché, senza toglierci qualcosa di questo nostro benessere in parte malato, non si arresterà l’innalzamento della temperatura, la prima causa di tanti disastri naturali, economici e umani.
Rimane quella sconcertante ferita nella montagna. E rimangono le ferite nei familiari, negli amici, nei paesi e nelle città abitate da chi, in una domenica piena di sole, si stava avventurando per raggiungere punta Penia, la vetta più alta del gruppo. Una salita per la quale ci vuole prudenza, ma non è di quelle difficili. Certo, ci si va in cordata, con ramponi e piccozza, perché il ghiaccio vivo è insidioso e non mancano crepacci da attraversare.
Poi scoppia il finimondo. Un boato squarcia il silenzio regnante in quota. Lo sfondo di chi sta immortalando un ricordo si muove. In un attimo tutto cambia e l’immensa frana inghiotte ciò che trova nella sua discesa, uomini e donne compresi. Lo sgomento perdura ancora. La paura si fa strada anche in chi conosce bene creste e valli. Che sta succedendo? si domandano molti.
La vita non va rischiata, è giustissimo. Domenica scorsa nessuno pensava di metterla in gioco (cfr. Tommaso Magalotti a pag. 9 edizione cartacea) su quel ghiacciaio che non incuteva troppo timore. La vita non è nostra, né ci è dato conoscere la nostra ora. Il Vangelo ci aiuta a comprendere: «Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro…».