L’Italia chiamata domenica alle urne ha fornito risposte.
Prima di tutto con i cinque referendum sui temi della giustizia che non sono passati per il fortissimo astensionismo, neanche il 21 per cento i votanti, la più bassa percentuale di sempre (cfr. pag. 3 edizione cartacea). Chiamare gli elettori a esprimersi su temi troppo tecnici, come erano quelli proposti in questa tornata, non paga nessuno. Anzi, rischia di risolversi in un boomerang per i promotori dei quesiti.
In ottica elezioni amministrative il dato più evidente, ma di certo più prevedibile, è il crollo del Movimento 5 stelle. È vero che si è trattato di una consultazione molto parziale e che è sempre un errore fare valutazioni nazionali quando si votano i sindaci, ma è altrettanto chiaro il tracollo subito dal partito ora guidato dall’ex premier Giuseppe Conte.
Chissà se ne hanno compreso la lezione alcuni alleati, su tutti il Pd di Letta, risultato il primo partito, ma che se non si allea al centro, con Italia viva, Calenda o anche Forza Italia forse fa fatica ad affermarsi. Il patto non scritto con i grillini non sembra portare frutti e in quell’area, in vista delle politiche, è ancora tutto da decidere.
Nel centrodestra, che si gode già nove vittorie, su tutte Palermo, Genova e L’Aquila, Giorgia Meloni supera di slancio la Lega di Matteo Salvini che esce dalla consultazione con le ossa rotte. Tra i commenti del giorno dopo, un dato appare certo in quello schieramento: quando si presentano assieme, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, vincono. Ma è anche altrettanto vero che quando si presentano divisi, perdono. Non sembrano esserci vie di mezzo.
Con questi scenari, c’è da meditare a lungo in vista delle elezioni politiche del prossimo anno, con il governo Draghi che ha ancora numerosi impegni legati al Pnrr da portare avanti e lo spauracchio inflazione con conseguente rialzo dei tassi che mette timore a tutti.
Occorre riflettere anche sulla bassa partecipazione al voto. Solo un cittadino su due ha preso parte alle votazioni. Un dato davvero basso, emerso anche nei piccoli centri come Longiano, l’unico Comune del nostro territorio in cui si è votato e dove la lista civica guidata da Matteo Venturi avrebbe vinto se un suo alleato non si fosse sfilato all’ultimo momento. C’è un diffuso disinteresse verso la cosa pubblica che deve preoccupare. Risulta poi patetico il solito piagnisteo italico verso la politica e chi la rappresenta.
E qui ce n’è per tutti.