Dopo “Top Gun: Maverick”, ecco un’altra reunion hollywoodiana. A quasi trent’anni dal debutto, si ricompone il cast originario di “Jurassic Park” (1993). L’occasione è il sesto e ultimo titolo della saga, “Jurassic World. Il dominio”, diretto da Colin Trevorrow, che vede tornare gli iconici volti di Laura Dern, Sam Neil e Jeff Goldblum. Il binario narrativo è lo stesso di sempre, tra scene d’azione mozzafiato, dinosauri iperrealistici e una linea di racconto che si gioca tra thriller, action e inserti ironici. Un altro gradito ritorno si registra poi in piattaforma: su Disney+ è stata rilasciata la miniserie “Obi-Wan Kenobi” diretta da Deborah Chow, sei episodi che raccontano il celebre maestro Jedi della saga “Star Wars”. Nel ruolo di protagonista torna Ewan McGregor. Il punto Cnvf-Sir.
“Jurassic World. Il dominio” (al cinema dal 2 giugno)
Il tracciato è il romanzo di Michael Crichton pubblicato all’inizio degli anni ’90, “Jurassic Park”. Da lì si è attivato un proficuo filone cinematografico inizialmente diretto e prodotto da Steven Spielberg, che ha raggiunto incassi da primato nella storia del cinema. Dopo i titoli iniziali – “Jurassic Park” (1993) e “Il mondo perduto. Jurassic Park (1997) diretti da Spielberg, mentre “Jurassic Park III” (2001) vede alla regia Joe Johnston –, il mondo giurassico sembrava aver esaurito la sua spinta di originalità, di attrazione.
A distanza però di oltre un decennio Hollywood ha ripreso in mano il progetto ottenendo nuovi record al botteghino: nel 2015 “Jurassic World” di Colin Trevorrow (con Spielberg sempre produttore esecutivo) ha raggiunto la soglia di 1,7 miliardi di dollari, piazzandosi nella top ten dei maggiori incassi di sempre. Dopo “Jurassic World. Il regno distrutto” nel 2018, punto di approdo finale è ora il sesto titolo della saga: “Jurassic World. Il dominio” diretto ancora una volta da Trevorrow, anche produttore insieme al veterano Spielberg. Cosa ha di speciale questo nuovo capitolo? Anzitutto l’operazione nostalgia, l’abbinamento tra le star di ieri e quelle di oggi: i primi, iconici, protagonisti Laura Dern, Sam Neil e Jeff Goldblum con i nuovi divi degli anni Duemila Chris Pratt e Bryce Dallas Howard, che hanno rilanciato il franchise.
La storia: I dinosauri non sono più custoditi nell’atollo Isla Nublar, ormai si sono diffusi e (più o meno) integrati nel resto del mondo. Fenomeni strani (un’invasione di locuste aggressive) si stanno verificando in più parti degli Stati Uniti, minacciando così l’equilibrio alimentare della popolazione. La paleobotanica Ellie Sattler (Dern) coinvolge il collega Alan Grant (Neil) in un’indagine presso l’influente società di biogenetica Biosyn, dove si sospetta che avvengano manipolazioni genetiche tra creature animali ed esseri umani. Nel frattempo, Owen e Claire (Pratt e Dallas Howard), due esperti in comportamenti di dinosauri, sono diretti anche loro al centro Biosyn dove è stata rinchiusa la loro figlia adottiva Maisie Lockwood (Isabella Sermon), adolescente nata come clone genetico dalla famiglia di sir. Benjamin Lockwood.
Molti gli elementi in campo in questo atteso capitolo finale. Oltre al citato effetto nostalgia, che rappresenta un chiaro elemento d’attrazione verso la sala per gli spettatori di ieri e di oggi, torna il fascino mai sopito verso la paleontologia e le creature giurassiche. Punto di forza sono gli effetti visivi, davvero accurati e dal realismo convincente, se non stupefacente. Le scene d’azione, l’alto tasso di adrenalina, fanno il resto. A ben vedere, però, il racconto non spicca per originalità, in quanto molto è stato già detto e rappresentato. Infatti, il plot appare di respiro corto, abbastanza circoscritto: elemento scatenante è il rapimento di Maisie Lockwood e lo sconfinamento della scienza genetica in terreni pericolosi, che aprono questioni etiche di non poco conto.
Offrendo il film anche un chiaro messaggio ecologico, il bisogno di rispettare l’equilibrio naturale e il senso di una coesistenza pacifica tra creature, “Jurassic World. Il dominio” si conferma un giocattolone cinematografico un po’ fracassone che tiene bene la tensione del racconto in una sequela di colpi di scena, muovendosi però su un copione pressoché basilare e a tratti “telefonato”. Se non ci fosse l’effetto reunion con il cast originario – dove volteggiano le celebri note composte da John Williams, facendo esplodere il brivido emozionale – il risultato sarebbe di certo modesto. Nell’insieme “Jurassic World. Il dominio” è consigliabile, problematico per i temi in campo e adatto per dibattiti.
“Obi-Wan Kenobi” (Disney+)
Primo assaggio della miniserie “Obi-Wan Kenobi”. Su Disney+ sono stati rilasciati dal 27 maggio i primi due episodi (sei in tutto) della serie dedicata al mitico maestro Jedi Obi-Wan Kenobi dalla galassia cinematografica di “Star Wars”, colui che ha schiuso le vie della “Forza” al giovane Anakin Skywalker –passato poi al lato oscuro, nei sentieri del Male, con la nuova identità di Darth Vader – e al contempo ha addestrato suo figlio Luke Skywalker. Nella trilogia iniziale, gli episodi I-III di “Star Wars”, girata da George Lucas tra il 1999 e il 2005, Ewan McGregor era stato scelto come volto trentenne del maestro Jedi, che nella stagione adulta era stato reso celebre da Alec Guinness. A distanza di quasi due decenni McGregor ritorna a impugnare la spada laser.
Va ricordato che, esaurito il ciclo primario, i nove titoli che compongono la saga ideata da George Lucas (1977-1983; 1999-2005; 2015-19), la Disney – proprietaria della Lucas Film – sta rilanciando al massimo il franchise con degli spin-off tematici e serie Tv dedicate. In particolare, dopo il successo di “The Mandalorian” (due stagioni su Disney+), ecco arrivare uno dei titoli di maggiore interesse, lo sguardo ravvicinato sul solitario Obi-Wan Kenobi.
La storia. A dieci anni distanza dagli avvenimenti dalla “Vendetta dei Sith”, che si chiudeva con la semi-morte di Anakin (Hayden Christensen) e la nascita dei suoi figli Luke e Leila, avuti con la compianta regina Padmé Amidala, Obi-Wan (McGregor) vive nell’anonimato, rinnegando il suo passato Jedi e vegliando a distanza su Luke. L’uomo di sente responsabile della deriva di Anakin, di non aver saputo cogliere i segni di squilibrio che lo hanno portato ad avvitarsi nella vertigine del potere. Il misterioso rapimento della principessa Leila è l’occasione per Obi-Wan di fare i conti con il proprio passato irrisolto.
A un primo sguardo, osservando i soli due episodi iniziali, non possiamo celare di certo apprezzamento ed entusiasmo per l’ennesima operazione Disney nel mondo di “Star Wars”. Forse rispetto a “The Mandalorian” il risultato qui appare più riuscito, incisivo e intrigante, perché la forza del racconto risiede proprio nel personaggio di Obi-Wan Kenobi, ammantato sin dalla prima trilogia lucasiana da diffuso fascino e magnetismo. Grazie al talento di un attore di peso come Ewan McGregor, l’operazione sembra poggiare su gambe solide, agili, con la speranza però che la linea narrativa tenga adeguatamente il passo. L’atmosfera di fatto c’è, in continuità con il passato, garantendo negli appassionati della prima ora, ma anche nei millennials, immediato brivido e trasporto. Se sono buone le premesse, attendiamo il termine delle sei puntate per tracciarne un bilancio puntuale. E comunque bentornato maestro Obi-Wan!