“Per impedire che la crisi umanitaria continui ad aggravarsi, dobbiamo raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire con forza i negoziati”. Nell’informativa resa prima al Senato e poi alla Camera, Mario Draghi ha affermato che questa “è la posizione dell’Italia” ma è anche “un’aspirazione europea” che lo stesso premier ha voluto condividere con il presidente americano Biden nella sua recente visita a Washington. “In questi incontri – ha riferito Draghi – ho riscontrato un apprezzamento universale per la solidità della posizione italiana, fermamente ancorata nel campo transatlantico e dell’Unione europea. Questa posizione ci permette di essere in prima linea, con credibilità e senza ambiguità, nella ricerca della pace”.
Nonostante l’espulsione di 24 diplomatici italiani (“un atto ostile”), il presidente del Consiglio ha ribadito che è comunque “essenziale” mantenere canali di dialogo con la Federazione Russa perché “è soltanto da questi canali che potrà emergere una soluzione negoziale”.
In questo senso “l’Italia si muoverà a livello bilaterale e insieme ai partner europei e agli alleati per cercare ogni possibile opportunità di mediazione”, ma “dovrà essere l’Ucraina, e nessun altro, a decidere che pace accettare, anche perché una pace che non fosse accettabile da parte dell’Ucraina non sarebbe neanche sostenibile”. Del resto, “se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l’Ucraina è riuscita a difendersi in questi mesi di guerra”. Sul piano delle iniziative diplomatiche, Draghi ha dato particolare evidenza al prossimo vertice bilaterale con la Turchia e allo stesso tempo ha anche confermato che l’Italia è favorevole all’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato, a cui però è necessario affiancare “una vera propria difesa comune europea, complementare all’Alleanza atlantica”. E il primo passo dev’essere “la razionalizzazione della spesa militare in Europa”.
Ma “migliorare le nostre capacità di difesa – ha sottolineato il premier – non basta per costruire una pace duratura, una coesistenza pacifica”. E qui Draghi ha rilanciato un recente intervento del Capo dello Stato: “Come ha detto il Presidente Mattarella, nel lungo termine servirà anche uno ‘sforzo creativo’ per arrivare a una conferenza internazionale sul modello degli accordi di Helsinki del 1975. Una volta ottenuto il cessate il fuoco e conclusi i negoziati tra Kiev e Mosca, occorrerà costruire un ‘quadro internazionale rispettoso e condiviso’, per usare le sue parole”.
“Questa conferenza – ha aggiunto il premier – dovrà avere l’obiettivo, come fu per Helsinki, di avvicinare Paesi che oggi sono distanti e rendere duraturo il processo di distensione”, senza dimenticare che “tra i principi di Helsinki c’erano il rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli, il non ricorso alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di qualunque Stato”.
Nell’informativa Draghi ha fatto il punto delle iniziative per fronteggiare da un lato l’emergenza umanitaria, aggravata dalla crisi alimentare connessa alla guerra, e dall’altro quella energetica. Quanto alla controversa questione della fornitura di armi a Kiev, motivo di polemica anche nella maggioranza di governo, il presidente del Consiglio ha detto che “l’Italia continuerà a sostenere il governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa” e lo farà “in stretto coordinamento” con i partner europei e in coerenza con il “legame transatlantico”. Draghi ha ricordato come l’esecutivo abbia riferito “più volte” sul tema al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che “ha sempre riscontrato la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazioni e agli indirizzi del Parlamento”.