I profughi ucraini arrivati in Italia in poche settimane – 89.920 persone (dati Unhcr) – sono molti di più dei migranti e richiedenti asilo sbarcati durante tutto il 2021. La guerra in Ucraina dimostra che queste presenze non rappresentano “un’invasione, né una minaccia alla nostra sicurezza”. Lo afferma il Centro Astalli nel suo Rapporto annuale 2022 sulla situazione dei rifugiati in Italia, quest’anno in un’edizione rinnovata in occasione dei 40 anni di attività. La denuncia è chiara: “Le migrazioni spariscono dai media ma non cessano gli abusi in Libia, le morti in mare e i respingimenti indiscriminati alle frontiere”. Sono stati infatti 67.040 i migranti arrivati in Italia via mare nel 2021, quasi il doppio rispetto ai 34.154 dell’anno precedente. Raddoppiano anche i minori stranieri non accompagnati: 9.478, a fronte dei 4.687 del 2020. Dal rapporto emerge che “gli effetti socio-economici della pandemia hanno acuito le vulnerabilità dei rifugiati e la marginalità sociale”. Inoltre, nonostante siano stati superati da due anni i decreti sicurezza, “non si riesce ancora ad uscire dalla logica dell’emergenza”. Alla presentazione oggi a Roma intervengono, tra gli altri, il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione Conferenze episcopali Ue (Comece) e padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli.
17.000 rifugiati accolti nel 2021. Durante il 2021 si sono rivolte al Centro Astalli, la sede italiana del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, 17.000 persone di cui 10.000 a Roma (le altre 7 sedi territoriali sono Bologna, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Padova, Trento, Vicenza). 46.000 i pasti distribuiti, una media di 190 al giorno. Aumentano i rifugiati dalla Somalia (+7%). Sono 600 i volontari, 54 gli operatori. Oltre alle attività di prima e seconda accoglienza il Centro Astalli svolge progetti didattici sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso nelle scuole per sensibilizzare al tema: lo scorso anno ha incontrato 20.330 studenti in 17 città italiane.
“Burocrazia respingente” e precarietà sociale. Tra gli ostacoli che i richiedenti asilo incontrano per ottenere la protezione internazionale il primo è ottenere l’iscrizione anagrafica, necessaria per accedere ai diritti sociali. “La digitalizzazione di molti uffici – si legge nel rapporto – ha rappresentato un aggravio nella vita dei migranti forzati”. Una “burocrazia respingente”, ulteriormente complicata dalle misure necessarie al contenimento della pandemia, non ha “tenuto conto delle difficoltà degli utenti più fragili”.
Anche la campagna vaccinale ha avuto bisogno dell’intervento del privato sociale per arrivare alle fasce più vulnerabili della popolazione. A Palermo la sede del Centro Astalli è divenuta un vero e proprio hub dove potersi vaccinare. Lo sportello sanitario di Catania è stato un riferimento per tutti coloro che, pur vaccinati, non riuscivano a ottenere il green pass perché non erano in possesso della tessera sanitaria. Il Centro Astalli esprime “preoccupazione quando
ostacoli, burocratici o organizzativi, finiscono per allontanare coloro che avrebbero più urgenza di sentirsi inclusi e accolti”.
No alla “logica dell’emergenza”. Ancora oggi circa due migranti su tre sono ospitati nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria. Il Sai, il sistema dell’accoglienza diffusa, con piccoli numeri e progetti d’integrazione più mirati ai rifugiati, accoglie solo circa 25.000 persone delle 76.000 presenti nelle strutture convenzionate. Nei Centri di accoglienza straordinaria a Trento, Padova, Grumo Nevano (Na) e nei centri Sai (a Roma, Bologna, Trento, Vicenza, Palermo) gestiti dal Centro Astalli sono state accolte nel 2021 un totale di 1.175 persone. Si registra un aumento dei minori stranieri non accompagnati anche nelle loro strutture e servizi. “Un’utenza particolarmente vulnerabile a cui spesso lo Stato non riesce a garantire una presa in carico specifica e protetta”, sottolinea il rapporto. L’auspicio è che la rete Sai, più orientata all’integrazione, “diventi al più presto l’unico sistema di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale”.
Serve un piano organico per l’integrazione. Questa la ripetuta richiesta del Centro Astalli eppure, nonostante le tante sperimentazioni positive del privato sociale, “non si è ancora visto uno sforzo deciso da parte delle istituzioni per ripensare la questione nel suo complesso”. I tirocini formativi previsti dal sistema Sai o i contributi erogabili nell’ambito di progettualità specifiche possono fare la differenza, ma restano comunque “interventi episodici, che non riescono a incidere sullo scenario generale”.
Ancora più difficile, specie per le famiglie numerose o per i nuclei monoparentali, è trovare casa.
Anche chi ha un lavoro deve ricorrere a soluzioni di fortuna: subaffitti, affitti in nero senza alcuna garanzia o occupazioni. La permanenza all’interno dei centri resta lunga (almeno 12 mesi), ma anche dopo l’uscita la precarietà continua ad accompagnare le famiglie, che non possono contare su reti di sostegno informali, parentali o amicali. Le procedure per il ricongiungimento familiare sono lunghe e costose e i servizi sociali “non riescono a intervenire in modo efficace”.
Vittime di tortura, violenza e abusi. Nel 2021 il Centro Astalli ha aiutato 213 donne attraverso il servizio di ginecologia, che ha accertato torture, violenza di genere o abusi, nei Paesi di origine o durante i viaggi. Le vittime di tortura che si sono sottoposte ad una visita per il rilascio del certificato medico-legale da presentare alla Commissione territoriale sono state 334, in prevalenza uomini ma con una percentuale di donne in aumento (il 32% del totale), provenienti soprattutto da Nigeria, Senegal ed Eritrea. Nei centri Sai la percentuale di rifugiati vulnerabili è in aumento (37% sono vittime di tortura e violenza). Tutti coloro che hanno vissuto l’esperienza del carcere in Libia raccontano di abusi, violenze e persecuzioni.
Nel 2021 si sono aggiunti a loro i migranti che sono riusciti ad arrivare in Italia passando dai Balcani e che raccontano di percosse e violenze da parte di forze dell’ordine nel tentativo di respingerli.