“Voglio ringraziare gli italiani per l’altruismo, per la pazienza dimostrata in questi anni. Noi siamo spesso percepiti come dotati di scarso senso civico invece in questa pandemia siamo stati bravissimi, occorre andarne fieri”, a partire dalla scelta massiccia per le vaccinazioni, grazie alle quali “sono stati evitati quasi 80 mila decessi in più nel solo 2021”. Le parole di Mario Draghi al termine del Consiglio dei ministri che ha confermato ufficialmente l’imminente fine dello stato di emergenza da Covid (scadrà il 31 marzo) e ha varato le regole conseguenti, esprimono un riconoscimento che il Paese deve a se stesso, anche se purtroppo in questo momento non ci può essere spazio per i festeggiamenti. Non solo perché il percorso di uscita dall’emergenza sanitaria dev’essere monitorato con accortezza alla luce dell’andamento dei contagi, ma soprattutto perché la tragedia dell’Ucraina pesa sulle menti e sui cuori, così come sulle decisioni della politica, in modo drammatico e ineludibile. Da un’emergenza a un’altra, e non avrebbe senso fare paragoni tre le due.
Eppure è giusto sottolineare questo passaggio interno così atteso e desiderato. “L’obiettivo del governo – ha ricordato Draghi – era il ritorno alla normalità, la riconquista della nostra socialità” ed “è uno stato a cui siamo arrivati”. Il Consiglio dei ministri, infatti, ha dato il via libera a “provvedimenti importanti che eliminano quasi tutte le restrizioni che hanno limitato i nostri comportamenti”. Restrizioni che però sono state preziose. Il premier ha rivendicato con forza il “grande successo” del Green Pass che ha consentito la ripartenza e un’eccezionale crescita economica. E comunque, ha tenuto a sottolineare Draghi, “osserviamo con grande attenzione l’andamento della curva epidemica e siamo pronti ad adattare il nostro apparato alla sua evoluzione”, al limite anche in senso espansivo se ci fossero le condizioni.
Il mese di aprile, lo ha chiarito espressamente il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, sarà un periodo di transizione. Dal 1° maggio il certificato verde uscirà di scena, tranne alcune eccezioni per contesti particolari (per esempio in ospedale o nelle Rsa). Fino al 30 aprile nei luoghi di lavoro sarà sufficiente il Green Pass base, nei trasporti sarà richiesto solo per le lunghe percorrenze. In bar e ristoranti all’aperto non sarà più necessario già dall’inizio di aprile, così pure nelle attività sportive. Ancora un mese di validità per le situazioni con grandi assembramenti come i concerti e le manifestazioni sportive negli stadi (che torneranno alla piena capienza). Da aprile niente certificato verde anche negli hotel. Resterà invece in vigore per tutto il prossimo mese l’obbligo delle mascherine Ffp2 negli ambienti chiusi. Per quanto riguarda la scuola, la Dad scatterà solo per gli alunni positivi, mentre i contatti stretti potranno continuare a frequentare le elezioni in presenza, seguendo le regole dell’autosorveglianza se i casi di positività dovessero essere più di quattro. Riprenderanno anche le gite scolastiche.
Con la fine dello stato d’emergenza cambieranno anche gli assetti organizzativi. Sarà sciolto il Comitato tecnico scientifico (che Draghi ha ringraziato in modo particolarmente convinto) e il governo si avvarrà della consulenza dell’Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità. E’ destinata a decadere anche la figura del Commissario straordinario. Per tutto l’anno in corso, soprattutto per completare la campagna vaccinale, subentrerà una struttura transitoria presso il ministero della Difesa, in collaborazione con il ministero della Salute, e sarà proprio quest’ultimo a prendere in carico tutte le competenze a partire dal 2023. L’obiettivo è un riassetto complessivo che consenta di affrontare in futuro con strumenti ordinari altre eventuali emergenze sanitarie.