“Aprire una stagione fertile di politiche rivolte ad accrescere il benessere di bambini e bambine, ragazzi e ragazze e delle loro famiglie”. È tra gli obiettivi del 5° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, il cui testo definitivo è stato deliberato dal Consiglio dei ministri, a gennaio. A predisporre il testo del Piano è stato l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza: sono stati costituiti cinque gruppi tematici, che si sono occupati di contribuire alla stesura di un documento organico di misure utili a promuovere e garantire i diritti delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi. Per Caritas italiana ha partecipato Donatella Turri, direttrice della Caritas diocesana di Lucca. Parliamo con lei del Piano.
In un momento difficile come quello che stiamo vivendo, il Piano sarà di aiuto?
La prima caratteristica di efficacia del Piano risiede a mio parere nell’essere stato pensato come un sistema integrato di misure e di interventi, che dialoga con il quadro di riferimento sovranazionale e nazionale degli impegni per l’infanzia e l’adolescenza (in primis, la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il quadro europeo e la Child Guarantee, il sistema nazionale degli osservatori). Si tratta di un lavoro che fissa obiettivi di rafforzamento di ciò che c’è, di attivazione di nuovi servizi, che progetta sperimentazioni e che coglie pienamente la necessità di connettere il tutto, disegnando un nuovo sistema di cura e di accompagnamento, pensato e agito in maniera partecipata anche dai bambini e dai ragazzi e con una forte interconnessione tra Ministeri diversi, enti locali, Terzo settore, società civile, scuola, ordini professionali, territori. Un Piano davvero molto ampio: 3 aree di intervento, 12 obiettivi e 31 azioni complessive.
Quali sono, a suo avviso, le azioni più efficaci, tra quelle previste, per contrastare la povertà assoluta di bambini e ragazzi?
Mi sento di sottolineare il rafforzamento dei servizi educativi per la prima infanzia (verso l’obiettivo tendenziale del 50% per nuovi nidi di infanzia) e lo sviluppo di un’accessibilità equa e sostenibile nello 0-3, tramite la cancellazione progressiva delle rette per la frequenza dei nidi. Il Piano propone anche la progressiva estensione del servizio di refezione scolastica nelle scuole dell’infanzia e primaria, a tendere verso l’accesso universale, attraverso una norma che lo inquadri quale livello essenziale delle prestazioni sociali (Lep). Anche questa azione è a mio parere fondamentale, considerando che, per molti bambini, il pasto a scuola continua ad essere l’unico completo nel corso della giornata. Ma il piano è davvero molto ricco: azioni per l’accompagnamento psicologico a scuola, per il rafforzamento delle opportunità extrascolastiche e delle comunità educanti, per le doti educative e molto altro.
Quali azioni si metteranno in campo per la tutela, il sostegno e l’accompagnamento dei soggetti più vulnerabili?
Il Piano prevede non solo misure di attenzione, potenziamento dei servizi e dei sostegni e azioni sperimentali per i bambini in situazioni di povertà assoluta, ma sviluppa attenzioni specifiche per le situazioni di maggiore vulnerabilità: bambini a rischio discriminazione, vittime di violenza, in contesti di accoglienza fuori famiglia, minori stranieri non accompagnati. Si prevedono azioni di messa a sistema degli interventi, il rafforzamento della presa in carico multidisciplinare (come quella del progetto “Pippi”), del sistema di accompagnamento per i Msna, forme di continuità nell’accompagnamento dei ragazzi fino ai 21 anni, l’aumento della disponibilità di posti per l’accoglienza di donne e nuclei madri-bambino vittime di violenza. C’è poi un’attenzione specifica alla formazione degli educatori e degli operatori sociali impegnati nell’accompagnamento dei bambini.
Si poteva fare di più?
Credo che il Piano abbia il merito di segnare una strada chiara e molto concreta.
Le azioni fissano obiettivi chiari, chiedono risultati concreti e misurabili e prevedono un sistema di monitoraggio e di valutazione molto stringente.
Insomma, non sono chiacchiere, ma un programma realistico, in dialogo con altre opportunità in partenza nel nostro Paese, pensiamo all’Assegno unico per i figli, al nascente Piano di azione per la Child Guarantee e ai fondi europei e nazionali stanziati per le vulnerabilità. Si tratta di un’occasione importante per ridisegnare il sistema di accompagnamento dei bambini e delle bambine vulnerabili: finalmente, non ci sono solo i piani, ma ci sono anche importanti risorse per dare gambe alle idee.
Con la pandemia è emersa una nuova povertà, anche quella digitale, come dimostra la difficoltà di seguire le lezioni in Dad. Cosa prevede il Piano?
Il Piano ha dedicato una grande attenzione all’aspetto del divario digitale ancora enorme nel nostro Paese. Consideri che il lavoro dei gruppi coinvolti nella sua redazione si è svolto tutto nel 2020, quando le difficoltà connesse alla gestione della pandemia erano evidenti. Il Piano prevede azioni per la dotazione di connettività a banda ultra larga e un finanziamento a regime per la diffusione capillare dei device tramite voucher alle famiglie e supporto alla alfabetizzazione digitale.
Quale ruolo possono svolgere le comunità educanti e le reti di solidarietà territoriale?
Il ruolo dei territori è decisivo nel contrasto alla povertà dei bambini e delle bambine.
Il Piano prevede un grande investimento sulle comunità educanti, soprattutto attraverso lo strumento dei Patti educativi territoriali di cui si propone una ricognizione, la valorizzazione delle buone pratiche e la fissazione di alcuni elementi di omogeneità a livello nazionale. Una comunità in grado di fornire spazi e tempi nuovi per l’apprendimento, appassionata nell’accompagnare i bambini alla scoperta dei propri talenti, rendendoli soggetti partecipanti e attivi, diventa la chiave per esprimere un sistema Paese nuovo, che sta a fianco dei bambini e ha a cuore il loro benessere.