L’idea di questo articolo, idealmente a quattro mani, sulla Giornata per la Vita nasce da un suggerimento giunto direttamente dal Sir. Sfogliando i primi numeri di questa agenzia di stampa ho ritrovato un articolo di Carlo Casini pubblicato nel n. 50 del 3 febbraio 1990 riguardante la Giornata di quell’anno. Ho accolto con simpatia la proposta: i virgolettati sono le parole di Carlo Casini tratte da quell’articolo, ad eccezione di due frasi raccolte da altri testi.
La “Giornata” è l’appuntamento istituito dalla Chiesa italiana all’indomani dell’approvazione della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza per tenere sveglie le coscienze dei credenti e dei non credenti circa il valore della vita, dal concepimento alla fine naturale, rispetto al possibile prevalere dell’assuefazione. Un appuntamento cui nessuno può sottrarsi, che ha come obiettivo principale quello di sventare “il pericolo che nella comunità cristiana qualcuno possa sentirsi senza responsabilità verso l’aborto, quasi delegando ai Movimenti per la Vita un compito che è di tutti”.
La “Giornata” invita tutti a non dimenticare che l’inviolabilità della vita, di tutta la vita, impone quello sguardo limpido e intenso che sa riconoscere nel figlio concepito, così come nell’adolescente, nel giovane, nell’uomo e nella donna, nell’anziano, solo e sempre “uno di noi”.
La vita è un valore che appartiene a tutti
e quindi certamente “sì al dialogo con tutti, ma la pietra di paragone per garantire alleanze vere è la tutela del diritto alla vita fin dal concepimento. Non altro, infine che la dignità dell’uomo, non declamata astrattamente, ma rispettata concretamente. La cultura della vita non è dunque estranea alle grandi speranze che nutriamo nel macrocosmo politico. Il nostro non è perciò impegno periferico o di sacrestia. È compito centrale anche nella vita civile”.
Quest’anno il titolo è: “Custodire la vita”. Bellissimo e intenso. Vi è in esso l’eco della vocazione originaria di ogni uomo: “Sono forse io il custode di mio fratello?” e sappiamo infatti che è la menzogna a negare il legame di cura verso l’altro. La realizzazione della responsabilità per il fratello manifesta il significato del nostro stesso esistere, perché “disvela il mio senso, esprime il mio mistero. Io sono un “essere per” e lo sono perché sono parola d’amore di Dio. Solo se io ho questa misteriosa trascendenza, gli altri non sono semplici agglomerati di materia. Per questo la questione della vita è questione di biologia, ma non solo di biologia; di ragione, ma non solo di ragione. Non basta dimostrare la vita biologica, bisogna dimostrarne o almeno intuirne o ipotizzarne o sperarne il senso. Per questo diciamo, per tutti – anche per i non credenti – che la vita umana è sacra”.
Custodire la vita sin dal concepimento al suo declino naturale significa custodire il valore di ogni uomo sempre e “per vedere tutto l’uomo, bisogna vedere solo l’uomo” e “chi è contro l’aborto per amore dell’uomo non può non amare ogni uomo”.
Per questo c’è urgente bisogno della forza e del coraggio di tutti, ma in particolare delle donne, prime custodi della vita.
Allo stesso tempo è necessario che, alla luce della maternità, tutta la società sappia farsi grembo di ogni madre in difficoltà di fronte all’accoglienza di una nuova vita e a farsi grembo di ogni altra fragilità.