Tra la cerimonia dei Golden Globe e le imminenti nomination agli Oscar, sbarca nelle sale italiane dal 13 gennaio “Una famiglia vincente. King Richard” di Reinaldo Marcus Green, biopic sulle tenniste Venus e Serena Williams, uno dei titoli forti della stagione, che lancia Will Smith nella corsa ai premi come attore protagonista. Novità in piattaforma: il documentario “Harry Potter: Return to Hogwarts” su Sky e Now, che celebra i 20 anni dal primo film sul maghetto uscito dalla penna di J.K. Rowling, e la docuserie “Stories of a Generation con papa Francesco” con la partecipazione del Santo Padre. Il punto Cnvf-Sir.
“Una famiglia vincente. King Richard” (al cinema)
Non è solo il racconto biografico di due tenniste da record, Venus e Serena Williams: Venus è stata la prima afroamericana a occupare il vertice del ranking mondiale ottenendo in carriera 7 vittore del Grande Slam, mentre Serena è ritenuta una delle migliori tenniste di tutti i tempi, con 23 titoli del Grande Slam. Il film “Una famiglia vincente. King Richard” diretto Reinaldo Marcus Green mette a tema in verità il sogno americano, il cammino di riscatto dalle periferie povere della California all’olimpo del tennis, al podio di Wimbledon. Un racconto coinvolgente e per certi versi atipico, che non focalizza l’attenzione prevedibilmente sulle sorelle Williams, bensì sposta di misura lo sguardo sui genitori Richard e Oracene – interpretati da Will Smith Aunjanue Ellis –, sui loro estenuanti sacrifici tra doppi turni di lavoro e lunghe ore come trainer passate ad allenare le loro ragazze nei desolati campi di quartiere a Compton, sotto i colpi di una criminalità fuori controllo.
Prima di essere un vibrante ed emozionante film sul valore dello sport, “Una famiglia vincente. King Richard” si rivela il ritratto di una grande famiglia, di due genitori avamposto di coraggio, valori e resilienza nelle periferie dell’America; in particolare, è l’istantanea di un padre e del suo sogno disperato, ossessivo e commovente per le figlie, per il loro futuro. Un approccio ben diverso però rispetto al modello padre-padrone di Agassi nel libro cult “Open”.
Contando sul sostegno delle sorelle Williams, con Venus, Serena e Isha Price come produttrici esecutive, il film tratteggia la storia di una famiglia straordinaria, che diventa anche emblema del riscatto della comunità, quella afroamericana, nello sport e nella società americana (ancora non del tutto inclusiva). Tanti, poi, gli aneddoti e i campioni del tennis citati qua e là nel film a cominciare dal primo allenatore Paul Cohen (interpretato da Tony Goldwyn), già coach di John McEnroe, all’incontro rivelatore con Rick Macci (Jon Bernthal), lo scopritore di Jennifer Capriati, che ha portato all’esordio nel tennis professionistico le Williams.
“Una famiglia vincente. King Richard” è un film lineare, coinvolgente, che conquista per l’emozionante racconto sportivo come pure per l’intensa storia familiare, per quel legame genitori-figlie marcato da rigore, dedizione e tenerezza. Un racconto compatto, fluido, che corre veloce lungo i 144 minuti, senza far avvertire alcuna fatica. Da menzionare è soprattutto l’interpretazione di Will Smith, così mimetica dal punto di vista fisico ed espressivo; una prova maiuscola che potrebbe regalare all’attore la sua terza nomination agli Oscar, dopo “Ali” (2001) e “La ricerca della felicità” (2006). Attenzione Benedict Cumberbatch (“Il potere del cane”, 2021), la statuetta potrebbe essere a rischio! Dal punto di vista pastorale “Una famiglia vincente. King Richard” è consigliabile, poetico e per dibattiti.
“Harry Potter: Return to Hogwarts” (Sky e Now)
Un compleanno cinematografico in grande stile per Harry Potter. Nel dicembre 2021 sono stati infatti i vent’anni dalla prima uscita al cinema di “Harry Potter e la pietra filosofale” (2001). La Warner Bros. per l’occasione ha riportato il film nelle sale italiane, mentre dal 1° gennaio 2022 è disponibile su Sky e Now un gustoso documentario targato Hbo che celebra l’intera saga dedicato al maghetto inglese: è “Harry Potter: Return to Hogwarts”. A produrlo è sempre David Heyman, già capo degli otto film dedicati a Harry Potter come pure dello spin-off “Animali Fantastici”. Voce narrante del documentario è l’attore Stephen Fry, e grande adesione di quasi tutto il cast a cominciare da Daniel Radcliffe (Harry), Rupert Grint (Ron) ed Emma Watson (Hermione). Accanto a loro, nomi di peso del cinema britannico quali Ralph Fiennes (Voldemort), Gary Oldman (Sirius Black) e Helena Bonham Carter (Bellatrix Lastrange).
Come valutare l’operazione? Certamente nostalgica, avvolgente da clima natalizio, e nell’insieme riuscita. A ben vedere, dalla pubblicazione dell’ultimo romanzo “Harry Potter e i Doni della Morte” nel 2007 e dalla sua trasposizione cinematografica tra 2010 e 2011 la febbre da Harry Potter non accenna a diminuire. Un fenomeno crossmediale che continua a trovare consensi, in primis a livello editoriale. E il documentario suggella tutto questo.
Nel corso dei 100 minuti dello speciale “Harry Potter: Return to Hogwarts” le testimonianze degli interpreti, insieme a quelle dei quattro registi (Chris Columbus, Alfonso Cuarón, Mike Newell e David Yates), si intrecciano con inediti e curiosi backstage come i provini iniziali o i tormenti della crescita dei protagonisti (la rivelazione della Watson di essere stata sul punto di abbandonare la saga a metà percorso). E ancora, commuovente (e non poco) è il ricordo in memoria dei tanti attori scomparsi come Helen McCrory (Narcissa Malfoy), John Hurt (Olivander), Richard Harris (il primo Silente) e ovviamente Alan Rickman, l’indimenticabile Severus Piton.
“Harry Potter: Return to Hogwarts” è un riuscito documentario che coniuga vecchie e nuove emozioni, scivolando qua e là anche in passaggi didascalici e mielosi, ma questo poco importa ai tanti appassionati piccoli, giovani e adulti. Nell’insieme, infatti, è una vera festa per gli occhi e per il cuore, un ritorno a casa, tra le stanze di Hogwarts, là dove tutto è cominciato. Dal punto di vista pastorale “Harry Potter: Return to Hogwarts” è consigliabile, semplice.
“Stories of a Generation con papa Francesco” (Netflix)
Abbiamo assistito all’anteprima alla 16a Festa del Cinema di Roma, e ora “Stories of a Generation con papa Francesco” è disponibile sulla piattaforma Netflix. Il progetto è diretto e prodotto da Simona Ercolani con Stand-by-me, in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, e prende le mosse dal libro “La saggezza del tempo”, dal dialogo tra papa Francesco e il gesuita Antonio Spadaro.
Filo rosso del racconto sono le suggestioni offerte da papa Francesco sul senso della vita e il dialogo tra le generazioni rilasciate in un’intervista originale. Accanto a queste trovano posto, episodio dopo episodio, testimonianze (stra)ordinarie come quella del regista premio Oscar Martin Scorsese, dell’etologa britannica Jane Goodall, dell’argentina Estela Barnes de Carlotto, presidente dell’associazione Abuelas de Plaza de Mayo; e ancora, dell’attivista per i diritti della comunità afroamericana Betty Kilby Fisher Baldwin o della paracadutista ultraottantenne Montserrat Mecho. Nelle quattro puntate i protagonisti sono tutti testimoni scelti da vari angoli del mondo; racconti di vita, di quotidianità, dove trovano posto pagine di dolorosa sofferenza insieme a istantanee di luminosa resilienza e riscatto. Ritratti condotti sempre con grande delicatezza e rispetto, mai privi di uno sguardo fiducioso.
Dal punto di vista narrativo-produttivo, la docuserie sembra rifarsi chiaramente a modelli già consolidati a cominciare dal film “Papa Francesco. Un uomo di parola” (2018) di Wim Wenders, un progetto nato con Mons. Dario E. Viganò, come pure la serie “Padre Nostro” (2018) di Tv2000, fino al più recente “Vizi e virtù. Conversazione con Francesco” (2021) targato Officina della Comunicazione e Gruppo Discovery. Nell’insieme “Stories of a Generation con papa Francesco” è una docuserie semplice, lineare, in cerca di sfumature pop in chiave divulgativa, che dal punto di vista pastorale è raccomandabile, poetica e per dibattiti.