Da tanti anni, insieme ai gruppi di giovani che vivono il loro percorso spirituale nella mia parrocchia passiamo un Capodanno molto speciale, che oggi vorrei condividere con voi, nella speranza che possa – chissà! – offrire qualche spunto per iniziative analoghe in altre comunità. In realtà è molto consolante cogliere sui social e dal passaparola che in tante parrocchie e gruppi si cerca di trasformare il Capodanno in un’occasione di preghiera e di riflessione – trend virtuoso opposto a quello che riduce le festività a festini di mero consumo, qui si traduce il baccanale in festa della memoria grata e dello spirito. Si moltiplicano quindi le veglie, le adorazioni notturne, ecc.
Da noi si festeggia così: ci si ritrova verso le 17 del 31; ci si fanno gli auguri, si mangia un panettone, ecc. poi ci si raccoglie, insieme e al contempo da soli, e ognuno sulla base dei punti dati da chi guida questo momento di ritiro stila il “bilancio dell’anno”: i doni principali ricevuti, mese per mese, le crisi, i nodi che rimangono da sciogliere, ecc.
Particolare importanza rivestono i doni, perché la memoria è il fondamento dell’essere, ed educare la memoria alla riconoscenza (cioè a riconoscere lucidamente il bene) e alla gratitudine (cioè a restituire la bellezza ricevuta diffondendola) significa bonificare e far risplendere tutto il proprio essere interiore, sviluppare un’attitudine che poi ci accompagnerà sempre – l’unica awareness che conta.
Terminato il bilancio, si passa al “proposito”: alla luce di quanto è emerso dall’anno che si chiude, formulo un proposito complessivo, un cambiamento che vorrei apportare, una cosa da smettere o da iniziare, ecc.
Presento poi tutto questo al Signore.
I più esperti delle vie dello Spirito si saranno accorti che questo ritiro di “bilancio e proposito” altro non è che un esame di coscienza di stampo ignaziano esteso all’intero anno, e in effetti chi ogni giorno, e poi ogni settimana su quanto emerso nei giorni, e poi ogni mese sulle settimane, e infine una volta all’anno sui mesi, riflettesse su quanto Dio sta dispiegando nella sua vita con doni e crisi, arriverebbe indubbiamente a un livello di consapevolezza santamente invidiabile.
Terminato questo ritiro celebriamo poi la Messa di fine anno con il Te Deum di ringraziamento, nella quale ognuno presenta, prima dell’offertorio, un dono dell’anno trascorso di cui vuole in particolare ringraziare il Signore.
Dopo la Messa una bella cena festosa con tanti tanti brindisi, poi di nuovo una pausa liturgica, con l’Ufficio delle Letture poco prima di mezzanotte, di modo da cantare (di nuovo) il Te Deum mentre tutti fanno i botti. Un altro brindisi, qualche botto (per i ragazzi più giocherelloni) e poi chi vuole continua a festeggiare tra sigari, brindisi (ancora…) e danze, mentre il sottoscritto se ne va a nanna, vista la giornata che lo attende in quanto prete.
Quest’anno l’orribile virus che attacca il sistema relazionale prima di quello neurologico e respiratorio ci impedirà la festa, ma non la preghiera: nei momenti di crisi la roccia che è Dio resta. E proprio in questa preghiera, in cui ringrazieremo il Signore per i doni dell’anno che si chiude, gli affideremo l’anno che verrà, perché possa tornare a fiorire per tutti la gioia della festa, del ritrovarsi e degli abbracci.