Un riconoscimento della centralità della famiglia e un approccio nuovo per un percorso innovativo che continua: sono questi i due elementi che hanno caratterizzato la Quarta Conferenza nazionale sulla famiglia, che si è svolta in questo mese di dicembre a Roma, secondo la sociologa Chiara Giaccardi, coordinatrice del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Adesso l’obiettivo è il nuovo Piano nazionale per la famiglia.
Professoressa, che bilancio può fare della Conferenza?
Un bilancio molto positivo. Il premier Mario Draghi ha aperto il suo intervento evidenziando che “la famiglia è un bene collettivo, essenziale per la crescita individuale e della società” e lo ha concluso dicendo che “dalle politiche per la famiglia dipende, letteralmente, il nostro futuro”.
Questo è un primo riconoscimento di una centralità della famiglia che durante la pandemia è emersa con forza,
mentre prima era un po’ nell’ombra. Il fatto che il ministro delle Pari Opportunità e della Famiglia faccia parte della Presidenza del Consiglio dei ministri indica, poi, il ruolo centrale della famiglia non solo come soggetto da sostenere ma anche come soggetto contributivo per il Paese, come protagonista. La Conferenza ha riconosciuto questa centralità finalmente anche da parte dei soggetti istituzionali. Un altro elemento per cui sono contenta è che la Conferenza non sia un punto di arrivo ma sia la tappa di un percorso che è stato innovativo. Abbiamo voluto cambiare metodo, che è stato apprezzato da Draghi che ha parlato di un approccio partecipativo da estendere anche ad altri settori della sfera pubblica. Grazie a questo metodo inclusivo, le contrapposizioni ideologiche sono state mese in secondo piano rispetto agli obiettivi comuni. Non c’è stata nessuna polemica, nessuna rivendicazione, abbiamo messo al centro i nodi – gli adolescenti, i soggetti fragili -, sulla tutela dei quali tutti sono stati d’accordo. Abbiamo utilizzato un confronto sia in Assemblea tra i membri dell’Osservatorio sia preparando questa Conferenza nazionale con quattro webinar tematici aperti, in cui tutti i soggetti coinvolti potevano prendere la parola, fare proposte, per arrivare alla Conferenza non solo con il parere degli esperti. Oltre a questa consultazione sincrona, per la prima volta abbiamo utilizzato una piattaforma chiamata “Partecipa” che ha consentito di raccogliere sia criticità sia proposte, che poi sono diventate parte delle relazioni dei referenti dei quattro gruppi di lavoro durante la Conferenza, tappa di un cammino molto inclusivo e partecipato in cui non sono state calate delle ricette dall’alto.
Per molti la scommessa è far ripartire la natalità. Quali sono, a suo avviso, gli interventi necessari per aiutare i giovani a metter su famiglia con figli?
Per la questione demografica ci sono due aspetti che vanno contemporaneamente portati avanti. Il primo, lo ha ribadito anche il presidente Draghi, è
rimuovere gli ostacoli alla scelta di fare famiglia e figli,
come affitti stratosferici, mutui con tassi insostenibili, mancanza di servizi per l’infanzia e asili nido. Già sono emerse delle proposte, come l’aumento del 70% dei posti negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, il congedo di paternità obbligatorio, contribuzioni per le lavoratrici che diventano madri, agevolazioni per i mutui per chi ha meno di 36 anni, tutte misure per alleggerire il carico pesantissimo che scoraggia dal mettere su famiglia e fare figli. Ma non basta. Un elemento che è emerso con grande chiarezza da parte di tutti è anche il bisogno di
una nuova dimensione simbolica della famiglia.
La famiglia non è semplicemente una funzione, è importante dare spazio alla narrazione, all’espressione di ciò che di unico la famiglia può portare nella società. L’incentivo viene quando la famiglia è riconosciuta nel suo valore fondamentale nella realtà dei fatti, è sostenuta, è messa in condizione di esprimere la propria unicità, è valorizzata, è ascoltata. Non sono solo le misure per quanto fondamentali che possono invertire la rotta della natalità. Occorre anche un lavoro culturale.
Concretamente che cambiamenti si aspetta per la famiglia nel sistema-Paese?
Prima di tutto mi aspetto un cambiamento di ottica nella direzione di un ecosistema. È stato detto che ogni misura legislativa– riguardante, quindi, ambiti diversi come il lavoro, la scuola, la sanità, l’educazione – e le riforme che si vogliono attuare nel Paese dovrebbero tenere presente l’impatto che possono avere sulla famiglia. Questo è un aspetto sul quale stiamo insistendo moltissimo perché anche quando si parla di sostenibilità non si può non pensare alla famiglia. Sostenibilità è una parola chiave del Pnrr, ma non c’è sostenibilità senza tener conto dell’impatto sulle famiglie, non c’è crescita se non va a beneficio delle famiglie, non c’è sostenibilità se c’è disuguaglianza, se c’è povertà, se c’è denatalità. Si avrà una svolta positiva per il Paese e non di assistenzialismo, se la famiglia diventa questo punto di intreccio di dinamiche che nella loro reciproca influenza possono davvero aiutare a una diversa crescita del Paese.
Quali prospettive sono emerse per il nuovo Piano nazionale? Quando vedrà la luce?
Ci siamo dati dei tempi per fare sintesi di quello che è emerso durante la Conferenza, stenderemo una bozza sulla base di tutto il percorso fatto fin qui: analisi degli esperti, proposte e spunti emersi nei webinar e nelle consultazioni. Ci tengo a sottolineare che le richieste non vanno solo nella direzione economica, cioè di avere sovvenzioni e sgravi, ma ci sono anche altre dimensioni che sono state invocate come fondamentali: per esempio, l’accompagnamento delle coppie in crisi, delle coppie separate, la prevenzione delle violenze domestiche, l’inserimento della famiglia in una rete di protezione e accompagnamento. La famiglia non è un’alleanza di individui isolata, non è una monade, deve respirare stando in relazione con il contesto. Un’altra richiesta riguarda i modi dell’abitare cioè il fatto che le nostre città e le nostre case non aiutano le famiglie per come sono costruite, ci vorrebbe anche un pensiero che immaginasse delle forme nuove, quelle attuali sono nate con l’industrializzazione, il tempo è cambiato e forse dobbiamo anche trovare dei luoghi intermedi tra la casa e gli spazi pubblici della scuola, dell’ufficio. Tanti stimoli sono venuti di cui cercheremo di tenere conto, stenderemo una bozza del Piano e lo sottoporremo alle consultazioni in modo che il prodotto finale, che vogliamo snello, non un trattato di centinaia di pagine, ma uno strumento utile, sia partecipato. La fase di coinvolgimento non si è conclusa con la Conferenza ma prosegue e anche il Piano nazionale sarà il frutto di questo cammino corale, condiviso e partecipato.