Una prima domanda che ci poniamo quando si sente parlare di ministerialità dei laici, è la seguente: quale potrebbe essere il ruolo dei laici in una Chiesa in evoluzione?Innanzitutto occorre chiarire l’identità dei laici che ruota attorno a tre aspetti:
1 Vocazione – Missione. Il termine Vocazione rimanda al fondamento, all’identità del laico, visto da una prospettiva ad intra (essere); il termine Missione suggerisce la proiezione ed estrinsecazione dell’identità laicale ad extra (agire).
2 Chiesa – Mondo. Dal primo binomio, scaturisce il secondo. “Chiesa” è difatti la comunità dei “vocati da”. Il “mondo” è il luogo della missio, per la quale sì è stati chiamati. È nel “mondo” che ognuno esplicita il proprio sapere.
3 Ecclesialità – Laicità. Anche in questo caso bisogna evitare di disgiungere i due poli! Quale ecclesialità? Quale laicità? La dignità dei fedeli laici ci si rivela in pienezza se consideriamo la prima e fondamentale vocazione: la vocazione alla santità (Christifideles Laici, 16).
Ciascuno di noi ha ricevuto una chiamata ad andare ed annunciare una Parola acquisita che, in virtù di una vocazione, possiamo testimoniare ed annunciare.
Il binomio Vocazione – Missione oggi non è riferito solo al mondo “ecclesiale” ma ad ognuno di noi: ciascuno di noi riceve una missione nel mondo in virtù del battesimo ricevuto.
Si tratta quindi di un binomio che coinvolge tutti nella Chiesa e di un cammino da intraprendere insieme, laici e consacrati. Un cammino non indefinito, non casuale, non interminabile ma un cammino che conosce tappe e scadenze e richiede decisioni e salti.
Per intraprendere questo cammino bisogna prendere consapevolezza che si è inviati e bisogna saper andare in virtù dell’invito. È necessario andare insieme, collaborare affrontando temi che toccano la vita del mondo.
Un rischio che potrebbe inserirsi in un percorso di comunione e collaborazione è il clericalismo che rischia di rallentare un percorso di sinodalità. Come afferma papa Francesco “senza i laici la Chiesa è sciocca”.
La vocazione alla santità esige il ripensamento e il superamento della contrapposizione sacro vs. profano. Santo indica un patto, un’unione, diversamente da sacro che invece rimanda ad una separazione.
Ogni laico chiamato alla santità è invitato alla perfezione della carità.
Francesco d’Assisi ci insegna a vivere dentro, con e per la Chiesa, una Chiesa che, come Madre, accoglie i suoi figli senza alcuna distinzione. Come afferma fra Milko Gigante ofm della provincia di Lecce, “la sinergia tra laici e consacrati è sinonimo di generatività pur conservando la specificità della propria vocazione”.
Nell’Apostolicam Actuositatem di papa Paolo VI, al n° 4, si legge: “L’unità della vita dei fedeli laici è di grandissima importanza: essi, infatti, debbono santificarsi nell’ordinaria vita professionale e sociale. Perché possano rispondere alla loro vocazione, dunque, i fedeli laici debbono guardare alle attività della vita quotidiana come occasione di compimento della sua volontà, e anche di servizio agli altri uomini, portandoli alla comunione con Dio in Cristo”.
Pertanto secondo Paolo VI l’impegno dei laici è fare proprio il fine dell’annuncio della Chiesa, ovvero “l’evangelizzazione, la santificazione degli uomini, la formazione cristiana della loro coscienza in modo che riescano a permeare di spirito evangelico le varie comunità ed i vari ambienti”.
A che punto siamo nel cammino?
(*) docente presso l’Università degli studi Niccolò Cusano