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Immigrazione. Caritas/Migrantes: “Meno stranieri in Italia, per calo demografico ed effetti pandemia”

I dati della XXX edizione del Rapporto Immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes “Verso un noi sempre più grande”. Nel volume si analizza, in particolare, l’impatto sanitario e sociale del Covid-19 e delle misure adottate sulla vita dei cittadini stranieri in Italia

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Diminuiscono i residenti stranieri in Italia, che passano dai 5.306.548 del 2020 agli attuali 5.035.643 (-5,1%), per un effetto combinato del calo demografico generale, delle restrizioni alla mobilità e a causa della pandemia. Anche i permessi per motivi di protezione internazionale hanno segnato un decremento dal 2019 (-5,6%), a causa della chiusura degli arrivi dall’estero, degli sbarchi e degli attraversamenti dei confini. Spicca il calo dei permessi per i minori stranieri non accompagnati, che sono passati dai quasi 18mila del 2019 ai 3.774 del 2020. L’incidenza della popolazione straniera sul totale si attesta sull’8,5%. Prevalgono le donne (51,9%), che arrivano all’80% dall’Ucraina, dalla Georgia e da diversi Paesi dell’Est Europa. La maggioranza degli immigrati continua a vivere al Nord (58,5%), il Nord Est e il Centro si aggirano entrambi intorno al 24,5%, mentre nel Sud e nelle isole sono il 12,1% e il 4,8%. Le prime cinque regioni sono la Lombardia (22,9% della popolazione straniera in Italia) seguita da Lazio, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Capitale dell’immigrazione è sempre Roma, in cui risiede il 10%, seguita da Milano (9,2%) e Torino (4,2%). In questo periodo storico l’emergenza sanitaria ha per certi versi soppiantato, nella narrazione mediatica, “l’emergenza sbarchi”: se all’inizio i migranti erano considerati possibili untori ora “in generale la narrazione sulle migrazioni è crollata perché è arrivato un altro nemico”.  Sono alcuni dei dati che emergono dalla XXX edizione del Rapporto Immigrazione di Caritas italiana e Fondazione Migrantes, intitolato “Verso un noi sempre più grande”. Nel volume si analizza, in particolare, l’impatto sanitario e sociale del Covid-19 e delle misure adottate sulla vita dei cittadini stranieri in Italia.

Nel mondo. Anche a livello mondiale (dati Onu) nel 2020 viene stimato un calo di circa 2 milioni del numero delle persone che si sono spostate per motivi di lavoro o familiari, a causa delle limitazioni alla circolazione. Al contrario nessuna diminuzione c’è stata per i migranti forzati, che sono soprattutto in Medio Oriente e Sud America. Il numero di persone che vivono fuori dal proprio Paese ha raggiunto nel 2020 la cifra record di 280,6 milioni (+8,4 milioni rispetto all’anno precedente) ovvero il 3,6% della popolazione mondiale.

L’Europa continua ad essere l’area con più presenze, con quasi 87 milioni di migranti (molti dell’area Schengen).

Al secondo posto c’è il Nord America con quasi 59 milioni di persone, poi il Nord Africa e il Medio Oriente, con quasi 50 milioni. Gli Stati Uniti d’America si confermano la principale destinazione, con 51 milioni di migranti nel 2020 (18% del totale mondiale). Tra i Paesi di origine, l’India rimane al vertice della classifica: nel 2020 ben 18 milioni di indiani vivevano al di fuori del Paese. Seguono messicani e russi, con 11 milioni di emigrati rispettivamente, cinesi (10 milioni) e siriani (8 milioni).

In Italia. La tendenza alla progressiva diminuzione della popolazione italiana (-6,4%, 987mila residenti in meno rispetto all’anno precedente) coinvolge nel 2021 anche gli stranieri (-5,1%). Si comincia ad osservare l’“effetto pandemia” prodotto dalla combinazione di molti fattori, “fra cui – in primis – le morti causate dal virus, che in Italia hanno toccato una delle cifre più alte in Europa e nel Mondo (128 mila in Italia a fine luglio 2021, su 4.095.924 morti totali, pari al 3,1% del totale mondiale)”.

L’impatto sul lavoro. Anche gli stranieri hanno subito un forte contraccolpo a causa della chiusura di molte attività lavorative e sono più esposti ad un rischio sfruttamento. Il tasso di disoccupazione dei cittadini stranieri (13,1%) è superiore a quello dei cittadini italiani (8,7%), mentre il tasso di occupazione degli stranieri (60,6%) è diventato inferiore a quello degli italiani (62,8%). A soffrirne di più le conseguenze, come sempre le donne, “con una riduzione del tasso di occupazione due volte maggiore”. Più colpiti gli occupati in alberghi e ristoranti (25,2% degli Ue e 21,5% degli extra-Ue) e altri servizi collettivi e personali (27,6 % degli Ue e 25,2% degli extra-Ue).

I contagi tra gli stranieri. Dall’inizio della pandemia al 31 marzo 2021 l’Inail riporta 165.528 denunce di infortuni collegati al Covid tra lavoratori italiani e stranieri. I lavoratori stranieri contagiati provengono soprattutto da Romania (21,0%), Perù (13%), Albania (8,1%), Moldavia (4,5%) ed Ecuador (4,2%), per cui si tratta soprattutto di colf e badanti che si sono contagiate all’interno dei nuclei familiari datoriali. Se sono diminuiti gli infortuni lavorativi sono invece aumentate le morti sul lavoro: +27,6% dall’anno precedente (da 1.205 a 1.538) ed oltre un terzo dei suddetti decessi, rileva l’Inail, sono stati causati dal Covid-19.

Dei 1.538 esiti mortali, 224 hanno riguardato cittadini stranieri (14,6%) e, in particolare (70% dei casi), cittadini extracomunitari.

Gli effetti economici e sociali. Se negli anni pre-pandemia la povertà assoluta nelle famiglie di soli stranieri si attestava al 24,4% (quasi un nucleo su quattro), in tempi di Covid-19 risulta povera in termini assoluti più di una famiglia su quattro (il 26,7%), a fronte di un’incidenza del 6% tra le famiglie di soli italiani.

In un anno l’incidenza è salita del +2,3%, portando il numero di famiglie straniere povere a 568mila.

I 2.663 centri di ascolto e servizi Caritas dislocati in 193 diocesi hanno aiutato 106.416 cittadini stranieri, il 52% del totale, soprattutto da Marocco (18,5%) e Romania (9,1%).

Scuola.  Gli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2019/2020 sono, in valori assoluti, 876.801, il 10,3% del totale, in decrescita dal 2018. Il dato più interessante è l’aumento degli stranieri iscritti negli istituti di scuola secondaria di secondo grado, segno della spinta delle seconde generazioni. Invece quasi un quarto dei bambini figli di immigrati, nell’età 3-5 anni, non frequenta la scuola dell’infanzia.

Vaccini. Emerge una minore copertura vaccinale tra le persone nate all’estero rispetto a quelle nate in Italia (50% contro 60%), soprattutto tra adolescenti e giovani adulti (12-29 anni di età). Fino al 27 giugno 2021 sono state complessivamente vaccinate circa 2.131.000 persone nate all’estero in possesso di tessera sanitaria e sono appena iniziate le vaccinazioni agli immigrati senza permesso di soggiorno.

Le religioni. Nel 2021 si registra un calo della componente religiosa musulmana (con un 2% in meno si attesta sul 27,1% del totale, 1 milione e 400 mila fedeli) e un aumento, invece, della componente cristiana (con 2,9 milioni di fedeli arriva al 56,2% a inizio 2021, a fronte del 53-54% degli anni precedenti). La componente cristiana è costituita in maggioranza da ortodossi (57,5%, pari ad oltre 1,6 milioni). Seguono i cattolici (866 mila, pari al 30,3% degli stranieri cristiani). La Fondazione Ismu al 1° gennaio 2021 segnala 144mila stranieri di religione buddista (pari al 2,8% degli stranieri residenti in Italia), 102mila di religione indù (il 2,0%), 98 mila sikh (l’1,9%) e 47mila persone appartenenti ad altre religioni (lo 0,9%). Gli atei e gli agnostici sono circa 461mila (9 %).

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