Chi l’ha detto che essere incoerenti sia un difetto? In “Senza offendere nessuno. Chi non si schiera è perduto” (Mondadori), Giovanni Scifoni, al debutto in libreria, mette in luce tutte le qualità di chi non sa stare da una parte sola. L’autore ha una solida carriera alle spalle come attore, regista, drammaturgo, conduttore televisivo e durante il lockdown protagonista con la famiglia nella webserie di successo “La mia jungla”.
Dal suo libro, ci si accorge subito che sia un papà, per la quantità di animali citati. Una foresta popolata, proprio come quelle descritte ai bambini prima di andare a dormire, dove il migliore non è il leone. Troppo banale. Nel bestiario di Scifoni chi emerge è l’ornitorinco: un mammifero che depone le uova, ha il becco d’anatra e il pelo di lontra. Più che un animale è un patchwork e l’autore lo usa per elogiare proprio gli incoerenti, o meglio, gli inclassificabili, chi viene catalogato (a fatica) dagli altri ma è pronto a uscire dal recinto. Ornitorinco è pure l’autore. È attore, fa parte quindi del mondo degli artisti, volubili e sotto scacco delle tentazioni secondo la vulgata. È cattolico, proviene da una famiglia cattolica, quindi sempre secondo la vulgata, può partecipare ai talk show, seduto nella poltroncina posizionata “a destra”.
Quali difficoltà trovano gli ornitorinchi, oltre a non avere una poltroncina nei talk show?
Il grande problema che ha l’ornitorinco è di tradire continuamente le aspettative del proprio uditorio. Ma se Dio non avesse amato l’incoerenza non avrebbe creato l’ornitorinco. Ognuno di noi ha un pubblico, una fan base, e grazie ai social non serve essere un personaggio famoso. L’ornitorinco tradisce sempre questa fan base. Ho capito che ero un ornitorinco da piccolo. A casa, sentivo dire da mio padre che tutti erano divorziati o che nessuno faceva più figli. A scuola invece la prof di italiano si lamentava come l’Italia fosse un Paese pieno di cattolici. Ognuno pensava di essere una minoranza schiacciata dalla maggioranza e dal pensiero unico dominante. Io pensavo invece di essere una persona, di non far parte di una squadra e di dover far gol per forza nella rete dell’avversario. Mi sentivo un individuo complesso: frequentavo gruppi di sinistra, le manifestazioni, e poi la parrocchia. Mi sentivo sempre fuori posto, mentre quando sei ragazzino vorresti avere tanti amici.
Scrivi che “In Italia il pensiero unico dominante è sempre quello degli altri”. Sentirci appartenenti a una minoranza non ci porterà lontano.
Siamo convinti di essere una minoranza da proteggere, gli ultimi guerrieri Masai della riserva. Pensiamo sempre che gli altri abbiano i mezzi migliori o che ognuno sia solo contro tutti. Chiara Ferragni che dice “Fedez è solo contro tutti!” mi fa sorridere. Non è così. Usiamo con straordinaria superficialità termini come “sono un perseguitato”. La sensazione di persecuzione ce l’hanno tutti gli ambienti. Ma non è vero. I perseguitati sono in Siria, in Nigeria, in Pakistan. Da noi c’è un po’ di dissenso ma si sopravvive.
Verso la fine, l’autrice del talk televisivo, ti confessa: “Guarda, ti dico, se io avessi incontrato te in chiesa, anziché certi preti, forse ora…” e promette la conquista di una poltroncina a sinistra. In poche parole quella che ricevi è la patente da ornitorinco?
Il mondo della tv vuole che ciascuno abbia qualcosa da dire facilmente polarizzabile. Se qualcuno ha da dire qualcosa non posizionabile rischia di non essere più invitato nelle trasmissioni. Spesso prendiamo posizione non perché ci crediamo ma perché vogliamo esistere.
L’ornitorinco non è l’unico animale, il libro ne è pieno. Come mai?
I comportamenti degli animali semplificano e ci aiutano a capire il mondo. Sono la sintesi drammaturgica del complesso mondo in cui viviamo. Anche gli attori, per avvicinarsi a un personaggio pensano a un animale. Per comprendere l’avaro, abbiamo bisogno di una iena. Per comprendere l’Arlecchino, una volpe.
Nel libro ci sono dei brani molto intimi – va detto che appare sempre estremamente sincero -, altri sono delle madeleine per i lettori che hanno vissuto l’infanzia e l’adolescenza negli anni ‘80 e ’90. Altri ancora sono divertenti. Come la ricostruzione dietro la foto di papa Ratzinger con il gatto nero.
Ci sono racconti autobiografici e altri un po’ meno. Non dirò mai se tutti gli episodi sono avvenuti sul serio (ride, ndr). La foto di Ratzinger con il gatto nero è vera. Se non sbaglio la pubblicò Giuliano Ferrara. La polemica social che ne nacque fu esilarante. Il brano, compreso il dialogo immaginario fra Ratzinger e Bergoglio, lo scrissi allora.
Descrive l’incontro con Cristina Gramolini, presidente della Associazione Arcilesbica, contraria all’utero in affitto, e per questo osteggiata da alcuni, e al ddl Zan. Che idea ne hai tratto?
Sono rimasto affascinato dalla sua figura solitaria, dalla sua testa pensante. Fa parte di quelle intellettuali di cui non immagini cosa diranno. La maggior parte non ti sorprende, sai già cosa diranno. La prima volta siamo rimasti a lungo a parlare al telefono. Poi su Youtube sono andato a vedere i suoi video, per nulla famosi perché non hanno molte visualizzazioni ma offrono una analisi così lucida e seria. Grazie a Dio esistono persone che ti stimolano e fanno lavorare il cervello!
Il finale è avvincente e sorprendente, una sorta di cerchio che si chiude. Cosa volevi trasmettere?
Tutta la narrazione è un girotondo, come l’omonima opera di Schnitzler. Per me significa questo: siamo tutti connessi. Quello che dovremmo imparare a fare per incontrarci è smettere di chiederci: “Da che mondo viene questa persona?”. La curiosità invece è la dote più preziosa. Chiunque di noi è complesso, è un ornitorinco, difficile da classificare, capace di far impazzire un darwinista.
I questi giorni, l’attore è impegnato nell’allestimento di uno spettacolo itinerante dal titolo “Anche i santi hanno i brufoli”. Da dicembre al teatro Sala Umberto di Roma riprenderà le repliche di “Santo piacere. Dio è contento quando godo”.