Venezia78. In cartellone “La Caja” di Lorenzo Vigas e “L’événement” di Audrey Diwan

Giro di boa alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, al sesto giorno di concorso. Torna al Lido il regista venezuelano Lorenzo Vigas con il dramma “La caja”; l’autore, già vincitore del Leone d’oro con “Desde allà” nel 2015 (il primo sudamericano), con il suo terzo lungometraggio mette a tema il viaggio di un preadolescente alla ricerca del padre, allargando però lo sguardo sulla condizione dei lavoratori sfruttati nelle fabbriche messicane. E ancora, alla seconda regia è la francese Audrey Diwan che presenta alla Mostra “L’événement”, duro e asciutto racconto di una giovane studentessa liceale nella Francia anni ’60 che scopertasi incinta scivola in una vertigine di silenzio e sofferenza fino a cercare l’interruzione di gravidanza nei territori dell’illegalità. Il punto Cnvf-Sir dalla Mostra, lunedì 6 settembre.

Giro di boa alla 78a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, al sesto giorno di concorso. Torna al Lido il regista venezuelano Lorenzo Vigas con il dramma “La caja”; l’autore, già vincitore del Leone d’oro con “Desde allà” nel 2015 (il primo sudamericano), con il suo terzo lungometraggio mette a tema il viaggio di un preadolescente alla ricerca del padre, allargando però lo sguardo sulla condizione dei lavoratori sfruttati nelle fabbriche messicane. E ancora, alla seconda regia è la francese Audrey Diwan che presenta alla Mostra “L’événement”, duro e asciutto racconto di una giovane studentessa liceale nella Francia anni ’60 che, scopertasi incinta, scivola in una vertigine di silenzio e sofferenza fino a cercare l’interruzione di gravidanza nei territori dell’illegalità. Il punto Cnvf-Sir dalla Mostra, lunedì 6 settembre.

“La caja”
Con “La caja” Lorenzo Vigas chiude idealmente la sua trilogia dedicata alla figura del padre, dopo il cortometraggio “Los elefantes nunca olvidan” (2004) e il lungometraggio d’esordio “Desde allà” (2015). Il film “La caja” si pone inoltre nell’orizzonte narrativo del cinema sociale di denuncia presidiato dai veterani Ken Loach e i fratelli Dardenne. La storia mostra il “cammino della speranza” di un preadolescente solo, Hatzin (Hatzin Navarrete), il cui unico familiare in vita è la nonna. Orfano di madre, Hatzin è chiamato dalla polizia a ritirare una cassa contenente i resti paterni ritrovati in una fossa comune. Nel recarsi però sul posto, il ragazzo si imbatte in un uomo che somiglia incredibilmente al genitore scomparso. Si accende così in lui la scintilla della speranza. Il contesto intorno è però oltremodo sconfortante: l’uomo infatti è un procacciatore di braccianti a basso costo per le fabbriche di tessuti della zone, propone lavoro sottopagato e dai diritti inconsistenti. Si apre così in Hatzin un dissidio interiore tra dimensione etica-morale e affettiva…

In buona parte del film “La caja”, soprattutto per quello sguardo livido e asciutto sugli ultimi in cerca di un lavoro, sui poveri costretti a negoziare sui diritti per poter rastrellare qualche dollaro, tanti sono i richiami a quel cinema europeo di impegno civile che trova le pagine migliori in Loach, nei Dardenne o in Stéphane Brizé. Vigas mostra le crepe tanto nella famiglia messicana quanto nelle tessuto lavorativo-sociale; il suo sguardo è impietoso, freddo e non poco disperante. Muovendosi tra verità e menzogne, quelle pronunciate dai padri latitanti e dai datori di lavoro spregiudicati, Hatzin si incammina verso il mondo adulto perdendo la propria innocenza. Un cammino di formazione che nasce dai sentimenti più belli e teneri, la ricerca della tenerezza dai propri genitori, e che invece approda nell’inverno più gelido della vita adulta, segnata da delusioni e rinunce.

Dichiara Massimo Giraldi, presidente della Commissione film Cei e giurato del premio Signis: “Quello del giovane Hatzin è il ritratto che si inserisce nel filone cinematografico dedicato alla condizione dei minori chiamati prematuramente alle sfide della vita. Un filone narrativo che vede capofila il cinema neorealista tra ‘I bambini ci guardano’ e ‘Ladri di biciclette’ di Vittorio De Sica. Pur avendo a disposizione un materiale così denso e di forte suggestione la regia di Vigas non sempre riesce a mantenere compatto il ritmo del racconto, la sua struttura. Si registra una tensione narrativa crescente che però non ha un adeguato approdo finale”.
Puntellato da un diffuso respiro dolente, il film “La caja” è da valutare come complesso, problematico e per dibattiti.

“L’événement”
Al suo secondo film la regista parigina Audrey Diwan, classe 1980, si confronta attraverso il romanzo di Annie Ernaux con il tema dell’interruzione di gravidanza per una giovane donna nella Francia di inizio anni ’60.

La storia: provincia francese 1963, Anne (Annamaria Vartolomei) è una brillante studentessa prossima agli esami finali nelle scuole superiori, preparandosi all’accesso all’università. Facendo una visita medica, scopre di essere incinta. Sconvolta dalla notizia e sentendo svanire davanti a sé i suoi progetti di studio-lavoro, prova a pensare a come interrompere la gravidanza. La giovane tenta di parlarne prima con due medici, poi con delle amiche dello studentato così come con il coetaneo con cui ha avuto la relazione, ma nessuno vuole ascoltarla perché la pratica è illegale. Isolata, disperata, Anne si affida a una donna che le assicura di poter “risolvere” il problema…

Al di là del romanzo della Ernaux, il film “L’événement” mette a tema la riflessione sulla società francese degli anni ’60, la condizione della donna di provincia che si vede senza grandi prospettive future al di là del matrimonio. Anne, con un talento fuori dal comune nella classe, è chiamata a pagare il peso di scelte avventate, la relazione occasionale con un coetaneo. Incinta, si trova senza alcun supporto, accompagnamento oppure orientamento; è incapace di parlare con i genitori, gente semplice che ha fatto sacrifici per mantenerla agli studi, e trova un muro di gomma nel confrontarsi in ambito scolastico o medico.

La regista Diwan, nello strutturare il suo film “L’événement”, a ben vedere sembra rifarsi al modello narrativo adottato già da Cristian Mungiu con “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” (2007): un racconto duro, serrato, distaccato su due giovani donne in un contesto politico-sociale senza futuro, che si spingono a rinnegare la vita. La Diwan mostra il tormento quotidiano di Anne, che sembra non trovare altre soluzioni alla sua condizione, incamminandosi così in un binario narrativo che sembra avvicinarsi al film a tesi. Seppure lo sguardo della regista sia controllato e accorto come quello di Mungiu, non tutto però si può condividere a livello visivo, dove si affastellano immagini nette e di drammatico realismo.

Sul film ha sottolineato Massimo Giraldi: “Al pari del film di Mungiu, la Diwan con ‘L’événement’ non assume una posizione politica sull’aborto, costruendo dunque un racconto che non si schiera né pro né contro; viene messa in scena la vertigine della disperazione in cui piomba una giovane senza sostegni dal mondo familiare o sociale. Un dramma sofferto e di disperante solitudine, un racconto diaristico di una scelta che non può essere approvata e condivisa, ma che il film ci spinge a leggere nella più ampia cornice della Storia con i suoi sottotesti”.
Dal punto di vista pastorale “L’événement” è senza dubbio complesso, problematico e per dibattiti. Adatto a un pubblico adulto per i temi e le immagini in campo. 

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