Scuola. Kaladich (Fidae): “Green pass obbligatorio è norma di buon senso per ripartire in sicurezza”

Il green pass obbligatorio per il personale scolastico è “norma di buon senso”. No alle violenze di questi giorni, ma “il bombardamento quotidiano dei media sui vaccini” non giova alla serenità di un dibattito che “andrebbe lasciato alla comunità scientifica”. Parla Virginia Kaladich, presidente Fidae: “Educare, oggi più che mai, significa prendersi cura dell’altro” e “renderlo pronto per affrontare le sfide che la vita gli metterà davanti”

Il 13 settembre – una settimana prima, come ogni anno nella Provincia autonoma di Bolzano – riparte fra timori e speranze la scuola in presenza al 100%. Con una grande novità: l’obbligatorietà del green pass per tutto il personale, il cui mancato rispetto è considerato assenza ingiustificata e, a decorrere dal quinto giorno di assenza, implica la sospensione del rapporto di lavoro e dello stipendio. In attesa della piattaforma per i controlli del certificato, su cui stanno lavorando i ministeri dell’Istruzione e della Sanità e il Garante della privacy, di questo ed altro parliamo con Virginia Kaladich, presidente nazionale Fidae-Federazione istituti di attività educative, all’indomani della conclusione del Consiglio nazionale dell’organismo (Trento, 27-30 agosto) che ha approvato un Manifesto con alcune linee di lavoro per la scuola del futuro. “Vogliamo ripartire con nuovo slancio, nonostante le difficoltà del tempo presente, anche in relazione a una non sempre reale comprensione della legge della parità – afferma Kaladich -, e lo faremo con una grande attenzione a quelle che noi chiamiamo le 3 P: patto globale, progettare insieme il futuro, prendersi cura”. La scuola, sostiene, dovrebbe essere un “luogo di felicità”.

Virginia Kaladich, presidente Fidae

Presidente, è d’accordo sull’obbligatorietà del green pass per tutto il personale scolastico?
Sono d’accordo perché il momento che stiamo attraversando è molto delicato e non vorrei che tutti gli sforzi fatti risultassero vani.

Il green pass mi sembra una norma di buon senso visto che i ragazzi passano fino a 40 ore a settimana sui banchi.

Bisogna anzitutto garantire piena sicurezza, e anche serenità alle famiglie.

Eppure un preside di Monfalcone è stato minacciato di morte per aver invitato docenti e personale Ata del suo liceo a vaccinarsi e nei giorni scorsi ci sono stati episodi di violenza contro giornalisti che seguivano manifestazioni contro il green pass, l’ultimo ieri a Roma, davanti al ministero dell’istruzione nel corso di una manifestazione di insegnanti e personale Ata.
La violenza va sempre condannata; dispiace poi che si stia acuendo così lo scontro su una norma fatta per la sicurezza e la serenità di tutti. Vorrei però dire, e in questo la comunicazione gioca un ruolo fondamentale, che il dibattito sulla validità del vaccino e sui possibili effetti avversi, andrebbe lasciato alla comunità scientifica senza il bombardamento quotidiano dei media fatto da esternazioni di virologi, o presunti tali, che un giorno dicono una cosa e un mese dopo ne affermano il suo esatto contrario.

Tornando al green pass: come gestirlo concretamente? Chi effettuerà i controlli?
Stiamo attendendo indicazioni dai ministeri dell’Istruzione e della Sanità e dal Garante della privacy che stanno mettendo a punto una piattaforma per il controllo digitale, ma intanto saranno i dirigenti scolastici a controllare i certificati, con l’aiuto del personale scolastico. Partendo con un po’ di anticipo credo eviteremo il rischio ingorghi. Per il resto, non mi soffermerei troppo sulle polemiche di questi giorni:

più del 90% del personale scolastico è vaccinato

e per chi ha il vaccino è previsto un solo controllo l’anno, mentre per chi si avvale del tampone sono previsti controlli a campione che, speriamo già nelle prossime settimane, potranno essere gestiti online. Nel frattempo, in attesa di indicazioni più dettagliate, tante realtà scolastiche hanno già scaricato l’apposita App di verifica nazionale “VerificaC19”.

Rimane il nodo della non obbligatorietà per il trasporto pubblico locale, insomma gli autobus di cui si serve la maggior parte degli studenti per raggiungere la scuola…
È chiaro che qualcosa sul fronte trasporti scolastici andrà cambiato, e anche qui basterebbero norme di buon senso come la riduzione dei posti occupabili, ma occorre lavorare tutti insieme: associazioni, dirigenti, famiglie e istituzioni, in modo da trovare soluzioni veramente praticabili rispetto ad un territorio dove il trasporto pubblico è gestito dalle Regioni o dai Comuni. Se un’amministrazione comunale non ha i fondi per implementare il servizio di trasporto scolastico con altri bus, bisognerà pensare di nuovo ad un’entrata scaglionata. Ho letto che si sta pensando anche a introdurre dei controllori che, oltre al biglietto, verifichino la temperatura, e anche questo mi trova assolutamente d’accordo.

Queste le misure per rendere la scuola Covid-free. Però non si torna indietro: la scuola in questi due anni è cambiata. Quali sono i nuovi aspetti positivi, da valorizzare?
Noi ripeteremo finché dovremo fare i conti con l’emergenza Covid che “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” come ci ha detto Papa Francesco. Abbiamo capito che educare, oggi più che mai, significa prendersi cura dell’altro, trasmettergli delle conoscenze e quindi renderlo pronto per affrontare le sfide che la vita gli metterà davanti. I docenti e tutto il personale scolastico si sono trovati a dover affrontare sfide nuove: il linguaggio dei giovani è condizionato da smartphone, tablet e pc e noi che ci troviamo dall’altra parte abbiamo dovuto adattarci a questo ed è stato un bene perché, nonostante molte nostre scuole avessero iniziato percorsi con lezioni innovative, è certo che ora abbiamo tutti acquisito un bagaglio di conoscenze che ci tornerà utile. Anche questo significa cura, accompagnamento, relazione.

Dad e didattica mista – pur con i loro limiti – potrebbero ritornare necessarie. State pensando a nuovi modelli?
La Dad, se fatta bene e secondo standard di qualità, può rivelarsi un’ottima alleata e noi, grazie al lavoro svolto con Uni – Ente di normazione italiano, siamo riusciti a creare una prassi di riferimento sia per la Dad sia per la didattica mista, valida per ogni scuola di ordine e grado, che ci è stata molto utile. Alla luce dei lavori che abbiamo appena concluso a Trento, credo che non dovremmo avere preconcetti nei confronti di questi nuovi modelli di insegnamento che anche in condizioni di normalità, una volta passata la pandemia, potrebbero rivelarsi molto utili ad esempio per visitare virtualmente un museo che presenta ancora barriere architettoniche oppure per arricchire alcune lezioni con contributi multimediali. Poi è chiaro che la lezione in presenza è insostituibile ma se l’insegnante riuscisse a mettere, anche durante una lezione a distanza, quel qualcosa in più, allora da semplice trasmissione di dati e informazioni quel processo si trasformerebbe in didattica di vicinanza.

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