Il gioco delle date e delle ricorrenze ci dà la possibilità di portarci in vacanza o di tenerci sulla scrivania domestica, pronti per la lettura, libri che appena ieri avremmo riservato all’uso scolastico o accademico. Molti dei libri di oggi, per fortuna, non sono più pesanti tomi che solo coraggiosi specialisti potevano scovare negli scaffali delle grandi biblioteche, ma volumetti agili: non solo per il peso ridotto, ma proprio perché anche gli specialisti hanno capito che se scrivi in modo comprensibile, e sminuzzi il cibo della sapienza per gli altri, come avrebbe voluto il Dante del Convivio, allora la cultura non sarà più roba per pochi eletti.
Ed è proprio Dante al centro di questa nuova divulgazione da parte degli addetti ai lavori per i settecento anni dalla sua scomparsa: lo storico Alessandro Barbero, ormai un frequentatore assiduo dei media e vera e propria star della diffusione culturale, ci offre una sintesi del tempo, della vita, delle opere del grande fiorentino con il suo “Dante” edito da Laterza. La conclusione di questo libro, che nelle prime ore della notte tra il 13 e il 14 settembre il poeta “andò a scoprire se quanto aveva immaginato in tutti quegli anni era vero”, la dice lunga sulla capacità dello specialista di rendere gradevole ciò che un tempo era pesante e di difficile comprensione.
Ma se è per questo abbiamo in libreria un altro Dante, quello degli amori, più numerosi di quanto si pensi. Il compianto Marco Santagata, grande specialista dantesco, nella sua ultima opera, “Le donne di Dante” (Il Mulino) ci offre due possibilità in una: vale a dire saperne di più sulla realtà di quella che non fu mai una vera storia d’amore per Bice di Folco Portinari – e su altre fascinazioni femminili-, e nello stesso tempo contemplare le stupende riproduzioni a colori di quadri che nel corso dei secoli hanno reso il fiorentino una vera e propria icona mondiale.
Se vogliamo rimanere in ambito di celebrazioni e anniversari, come dimenticare i 200 anni dalla scomparsa di Napoleone nell’esilio di Sant’Elena, oggetto anche in questo caso di biografie, articoli e trasmissioni varie? Qui ci aiuta anche la lettura romanzesca: anzi, ci permette di rileggerci un classico come “La certosa di Parma” (1838) in cui Henri Beyle, più noto come Stendhal, ci ha raccontato, da sfegatato tifoso di Napoleone, Waterloo e quello che è venuto dopo. Ma se vogliamo aggiornare l’immagine del condottiero corso, soprattutto il suo tempestoso rapporto con il papato, e capire un po’ di più la sua dimensione religiosa, portiamoci in vacanza anche “Morte al papato!” (Città Nuova) di Mario Dal Bello. Se invece desideriamo avere una cartina completa per orizzontarci sul territorio dei riferimenti letterari allora dobbiamo ricorrere a “Ei fu. Vita letteraria di Napoleone da Foscolo a Gadda” (Salerno) di Matteo Palumbo, che ci mostra le impressionanti divergenze d’opinione tra Manzoni, Leopardi, Foscolo, Tolstoj e Gadda riguardo l’interpretazione da dare a quella meteora che però ha scosso l’asse politico mondiale. E messo una autorevole firma sul gran libro della storia.
Ma, a proposito di ricorrenze, i duecento anni di Dostoevskij ci offrono la possibilità di riprendere in mano il più misterioso tra i capolavori del russo, quelle “Memorie dal sottosuolo” che oggi Neri Pozza ci permette di rileggere e meglio comprendere, grazie anche alla postfazione di Serena Prina. Qui, nel 1864, emergono gli incubi apparentemente gratuiti dell’autodenigrazione, del male per il male, della ricerca quasi compulsiva del ridicolo che riemergeranno poi nelle tragedie non solo letterarie del Novecento e che daranno modo a Freud di riconoscerne il ruolo di anticipatore.
E, visto che ci siamo, come non ricordare che nel 1821 nasceva uno dei più grandi poeti non solo dell’Ottocento, Charles Baudelaire, i cui “Fiori del male” usciranno in edizione definitiva nel 1861 (tra le più recenti edizioni italiane con testo francese a fronte c’è quella Rizzoli): la sua grandezza – e modernità – è fatta di ricerca spasmodica di un senso e di Dio, di illuminazioni improvvise che aprono nuove possibilità di comprensione profonda, ma anche di immersione nel peccato, della dissoluzione di sé nell’alcool e nelle droghe. Soprattutto, Baudelaire è il grande poeta del viaggio non più in luoghi esotici, ma all’interno della città moderna.