Parole dure miste a tanti timori per il futuro e a un appello al dialogo, quelle pronunciate dall’arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori, nella nota diffusa dalla diocesi di Firenze poche ore dopo la notizia dei licenziamenti alla Gkn: “L’annuncio crea una grande preoccupazione per i lavoratori, per le loro famiglie, per l’intera comunità di Campi Bisenzio, e per il
territorio fiorentino. Il pensiero e la preghiera del vescovo e della diocesi vanno a chi oggi teme improvvisamente di perdere il proprio posto di lavoro. Oltre a esprimere la vicinanza, auspico che con l’impegno di tutte le parti interessate e delle istituzioni si possa aprire un dialogo e trovare una soluzione che metta al centro le persone, la dignità del lavoro, il bene comune”. Dopo le parole di sostegno pronunciate dall’arcivescovo di Firenze lunedì scorso anche don Giovanni Momigli, in qualità di direttore dell’Ufficio diocesano dei problemi sociali e lavoro, si è recato a Campi Bisenzio “per portare la vicinanza dell’intera diocesi ai lavoratori e alle loro famiglie”.
“Nei vari colloqui – dice don Momigli – ho voluto mettere in luce che le modalità sprezzanti e indegne di una convivenza civile utilizzate dall’azienda, sono un’ulteriore dimostrazione di quanto sia perverso il modello di sviluppo che caratterizza il nostro vivere. Un modello dove conta il profitto qui e ora, costi quel che costi, e dove sui volti e le persone prevalgono i rapporti impersonali e i numeri. Certi rapporti impersonali, ma comunque incarnati da persone, mi pare possano davvero essere assimilati a quelle che Giovanni Paolo II definiva strutture di peccato.
Strutture che con le loro decisioni condizionano persone, famiglie, territori e popoli nei diversi contesti di vita e assorbono chi opera all’interno in dinamiche che azzerano ogni senso di responsabilità sociale e umana”.
Entrando poi nel merito della questione, “come diocesi auspichiamo, e in tal senso ci muoviamo, che in tutte le sedi venga fatto quello che è nelle possibilità di ciascuno, per trovare una soluzione “che metta al centro le persone e la dignità del lavoro”, come ha detto il cardinale Betori. La nostra storia fiorentina insegna che con una certa dose di coraggio e un forte ancoraggio ai valori, come la dignità della persona e la vera cultura del lavoro, si può arrivare a dare una positiva svolta a situazioni difficili e che sembrano compromesse. Per arrivare a una soluzione positiva di questa vicenda, occorre senso di appartenenza a una comunità e l’attivazione di tutte le potenzialità politiche ed economiche, ma anche normative, umane, civili, morali, intellettuali e spirituali. Quanto avvenuto alla Gkn interpella la coscienza di tutti. Come diocesi ci siamo e ci saremo”.
“Questa vicenda, fra l’altro – conclude don Momigli – ci dice che è urgente un cambio passo collettivo, che ci faccia rimettere al centro la persona e i legami comunitari, oggi fortemente offuscati. Occorre operare per un modello di sviluppo capace di distinguere tra gli investimenti buoni, capaci di generare solidità sociale ed economica, e quelli che invece sino finalizzati alla speculazione. Per scrivere una pagina nuova è però necessario un sussulto collettivo”.
Sulla vicenda fa sentire la sua voce anche il laicato cattolico. Giuseppe Carriero, vicepresidente Ucid (Unione di imprenditori e dirigenti cattolici), è anche il coordinatore del settore lavoro della Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, l’organismo che riunisce associazioni e movimenti cattolici. “Con tutta la Consulta – afferma – siamo vicini ai lavoratori e alle famiglie. È un grido che lanciamo: chiediamo a tutti, non solo al mondo cattolico, di prendere posizione perché procedure del genere non possono essere accettate.
Non si possono cancellare anni di impegno e di lavoro con una semplice comunicazione da parte dell’azienda. Il lavoro è dignità: qui è mancato il rispetto della dignità dei lavoratori. Non ci sono motivi accettabili per un fatto del genere, e il rischio è che diventi una deriva seguita da altri, in un momento così delicato per l’economia e per il lavoro”.
Per Pierandrea Vanni, presidente regionale Mcl, la vicenda della Gkn di Campi Bisenzio è una questione che deve essere analizzata da tre punti di vista, ovvero “di metodo, di sostanza e di prospettiva”. “Di metodo – spiega – perché è inammissibile che si arrivino a licenziare 422 persone con una e-mail; di sostanza perché è grave che si arrivi a prendere una decisione del genere senza aver tentato in precedenza alcun tentativo di mediazione. E di prospettiva perché probabilmente non siamo attrezzati per affrontare la fase post pandemia, con una preoccupazione che riguarda la singola azienda, in questo caso la Gkn, ma anche tante altre realtà produttive presenti nella nostra regione. Finora avevamo vissuto una fase di “sospensione” dalla vita reale che ha fatto perdere di vista i problemi che invece riguardano tutto il paese, non solo la Toscana”.
All’appello si unisce anche la presidenza provinciale Mcl, con una domanda preoccupante: “Dopo la parentesi del Covid-19 e il superamento del blocco dei licenziamenti in gran parte dei settori produttivi, siamo preparati e attrezzati per affrontare una possibile nuova fase di deindustrializzazione e di delocalizzazione da parte soprattutto delle multinazionali?”.
“La vicenda Gkn – afferma Giacomo Martelli, presidente Acli Toscana – è uno schiaffo dolorosissimo che deve far prendere coscienza alle istituzioni. Oggi occorrono misure preventive per evitare nuovi drammatici casi sul territorio.
La garanzia del lavoro oggi deve essere la priorità assoluta del nostro Paese.
È stato convocato un tavolo al ministero dello Sviluppo economico. Una scelta giusta e doverosa, perché il caso di Gkn è il simbolo di una situazione che potrebbe ripetersi in altre fabbriche della Toscana e pure a livello nazionale se non viene dato un messaggio forte e concreto. Bisogna accettare che non si tratta solo del comportamento riprovevole di una singola azienda, ma c’è un sistema legislativo che non è in grado di evitare questa realtà. La delocalizzazione, inaccettabile, è un rischio da considerare con aziende straniere orientate al profitto e per cui occorrono contromisure”. “Serve che il Governo – aggiunge – valuti penali importanti contro chi adotta queste strategie e al tempo stesso che lavori per rafforzare le relazioni diplomatiche tra Paesi. Dall’altra parte però – aggiunge Martelli – va reso più allettante il nostro Paese: dare un terreno fertile alle aziende per incentivarle a venire e restare, senza bisogno di guardare altrove”.
(*) Toscana Oggi