2030! Una data che inizia ad essere assimilata, anche se con molta fatica. È quella indicata dall’Onu; una data di non ritorno se non ci sarà un impegno globale per realizzare nel modo più efficace possibile i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile raccolti nella Agenda 2030. “Un altro mondo è possibile!”, lo slogan che ci rimanda a 20 anni or sono, al famoso G8 di Genova, ci dice chiaramente che di tempo se ne è perso abbastanza e che la realtà di vita del pianeta sembra essere rimasta uguale. G8 di Genova una occasione perduta! Un evento rimasto nella storia come espressione del non ascolto, del non dialogo a tutto favore della incomprensione e della violenza che è sembrata fatta apposta per discreditare quanti invocavano un mondo migliore. Anche allora i potenti (o meglio prepotenti) della terra hanno avuto buon gioco per creare (o mantenere) i presupposti per un mondo diviso, un modo orientato a guardare avanti nel nome di un progresso che nel tempo si è manifestato sempre meno sostenibile, verso il di più è meglio, verso produzione e consumi esasperati preda di una economia apparentemente globale, ma sempre meno a vantaggio di tutti. Un mondo sospinto sul baratro senza voltarsi a guardare indietro per constatare il degrado (ambientale, sociale, morale) e i morti lasciati sul campo globale da una disuguaglianza crescente, da una violazione dei diritti fondamentali, con i paesi poveri sempre più poveri, con una indifferenza globale in aumento contrapposta ad una globalizzazione che, senza volerla demonizzare, orientava più all’idolatria del mercato, allo sfruttamento delle risorse e di miliardi di persone. A 20 anni di distanza siamo ancora ad invocare le questioni irrisolte di sempre: deterioramento delle politiche di welfare, di diritto alla salute e della necessaria riforma delle politiche pubbliche. Anche da parte del cosiddetto mondo cattolico si era creata una richiesta di ascolto, una importante e propositiva consapevolezza anche a seguito della campagna giubilare per la cancellazione del debito dei paesi poveri: contrasto ai cambiamenti climatici e alla povertà, migrazioni, istruzione, nuove politiche di welfare, introduzione di strumenti per limitare le speculazioni finanziarie (Tobin tax) e il pressante invito alla testimonianza di una vita sobria, fatta di condivisione delle povertà; la scelta del volontariato per costruire un villaggio davvero globale; la partecipazione coraggiosa alla vita politica, come forma privilegiata di carità sociale. Se allora ascolto e dialogo furono i grandi assenti, se i buoni propositi proclamati nel documento conclusivo di quei giorni hanno trovato poche risposte, il ricordo di quelle fosche giornate non può essere cancellato ma deve essere interpretato come la necessità di uno scossone che da un lato richiami tutti i cittadini a ri-unirsi, a confrontarsi per una nuova responsabilità.
Un mondo migliore è possibile solo con il contributo di tutti.
Come affidatari del creato e come chiamati a partecipare all’opera salvifica del Creatore non dobbiamo permettere che i ripetuti appelli dei pontefici del nuovo millennio continuino a cadere nella indifferenza o nella rassegnazione invece che essere assunti come espressioni evangeliche da parte di coloro (noi credenti!) che hanno a cuore la cura della casa comune. Se dopo i fatti del 2001 si è rimasti scossi e delusi, rassegnati o complici (più o meno consapevoli) di un pianeta decadente, è il momento di reagire, di trasformarsi da spettatori a protagonisti. Il mondo migliore possibile che dobbiamo creare è quello della fraternità universale, del camminare insieme costruendo una società dove disuguaglianza, sfruttamento, spreco, esclusione dovrebbero essere “roba dell’altro mondo”, un qualcosa di incompatibile con la nostra dignità e quella di tutti. Altrimenti il 2001 diventa un mero ricordo e l’anno zero una buona novella ridotta a favola e a buonismo. Credo ci sia bisogno di una celebrazione di riconciliazione comunitaria per chiedere perdono e promettere, con il santo aiuto del Signore di… “non” fuggire le occasioni prossime di responsabilità. Abbiamo di fronte due grosse opportunità per rigenerare le nostre comunità: la già citata “Agenda 2030” e la imminente “Settimana sociale dei cattolici”. La diocesi si sta muovendo su queste due proposte, ma la diocesi, la nostra Chiesa genovese non è un’entità virtuale ma è il risultato di un impegno di tutti. Occorre quindi “essere”, “esserci”, “agire” responsabilmente.
(*) direttore Fondazione Auxilium