Lo scrittore premio Strega Niccolò Ammaniti firma l’adattamento Tv del suo romanzo “Anna” del 2015, una miniserie in sei episodi su Sky Atlantic e la piattaforma Now: una fiaba nera, nerissima, che sconfina inaspettatamente nella realtà dei nostri giorni, con il deflagrare della pandemia. Con “Anna” Ammaniti ci consegna un’allegoria tra il tragico e il grottesco sulla società contemporanea attraverso la prospettiva dell’infanzia. Racconto ricercato, affascinante ma non poco disturbante, dove il mondo anarchico guidato dai bambini è marcato da una ferocia fuori controllo. E ancora, nel punto streaming Cnvf-Sir spazio a due serie targate Netflix: la statunitense “Tenebre e ossa” di Eric Heisserer, racconto storico-fantasy alla ricerca del successo di “Trono di Spade”, e poi l’italiana “Zero” ideata da Antonio Dikele Distefano, sguardi sulla periferia di Milano tra realismo, pop e fantastico.
“Anna” (Sky Atlantic, Now)
Passando in rassegna i romanzi di Niccolò Ammaniti non si può non riconoscere all’autore indubbio talento nonché grande attenzione nel racconto della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, con uno stile ricercato e inconsueto che coniuga spigolosità tematica e poesia. Opere che puntualmente hanno trovato felice trasposizione al cinema come “Io non ho paura” (2003) e “Come Dio comanda” (2008) di Gabriele Salvatores, non dimenticando di certo “Io e te” (2012) diretto da Bernardo Bertolucci. Il suo ultimo romanzo “Anna”, uscito nel 2015, Ammaniti lo ha voluto dirigere in prima persona oltre che sceneggiare (insieme a Francesca Manieri), scegliendo la soluzione della miniserie Tv in sei episodi. “Anna” è disponibile da fine aprile su Sky Atlantic e sulla piattaforma Now, una produzione targata da Sky, Wildside, Fremantle e Arte France.
La storia. Nella Sicilia dei nostri giorni dilaga un pericoloso virus detto “la Rossa”, che attacca la pelle e le vie respiratorie, sterminando tutti gli adulti e risparmiando unicamente i bambini sino alla soglia della pubertà. Protagonisti sono la tredicenne Anna (Giulia Dragotto) e suo fratello piccolo Astor (Alessandro Pecorella), che vivono in una grande casa di campagna, messi in sicurezza dalla madre Maria Grazia (Elena Lietti), prima che la Rossa divorasse anche lei. Anna e Astor sono minacciati da continue insidie, su tutti dalla banda dei Blu, una sorta di gruppo anarchico capeggiato dall’adolescente Angelica (Clara Tramontano). Unico sostegno per Anna è il coetaneo Pietro (Giovanni Mavilla)… Intorno a loro si agita un mondo caotico e in inesorabile decomposizione.
Di certo il clima da Covid-19 non giova alla fruizione della miniserie “Anna”, perché il racconto di per sé angosciante si sovraccarica di una dose di tensione aggiuntiva. Sì, perché la serie squarcia il velo di separazione tra fantasia e realtà. Sorvolando sulla cornice della pandemia – anche se a ben vedere il virus è uno dei personaggi in campo, un giustiziere silenzioso che falcia speranze e futuro –, quello che affascina della miniserie “Anna” è senza dubbio la ricercatezza visiva e narrativa di Ammaniti, che sorprende per la gestione del racconto non solo letterario ma anche televisivo. Lo scrittore-regista governa bene la complessa macchina, che passa dal sogno all’incubo più oscuro; “Anna” è una fiaba dark disperante in cui si intravedono a fatica lampi di salvezza. E se la messa in scena, come pure i quadri visivi che il regista compone sono seducenti e magnetici, dai non pochi rimandi a topos consolidati nell’immaginario culturale e audiovisivo, quello che sconcerta e atterrisce è il grado di esplorazione della ferocia, del male, che risiede nelle azioni dei bambini. In “Anna” si assiste al cortocircuito tra il candore associato all’infanzia e gli incubi più infausti e deliranti: la società siciliana che governano i bambini a causa della pandemia è una vertigine di violenze e sopraffazioni quasi senza scampo. Alla protagonista Anna, chiamata a un cammino di formazione e sopravvivenza, capitano sventure terrificanti e claustrofobiche: dalla prigionia in un supermercato, ostaggio di un ex compagno di scuola delirante, alle angherie folli di Angelica, che non le risparmia umiliazioni e persino mutilazioni. Si resta, dunque, rapiti e non poco disturbati dalle immagini, lasciando che la mente corra per associazione alle atrocità messe in racconto da “Trono di Spade”.Pertanto, pur riconoscendo il valore stilistico-narrativo di “Anna”, il pregio dell’intenso sguardo di Ammaniti tra sogno a tinte fosche e fiaba feroce sul confine tra grottesco e poesia, non possiamo non rimarcare l’inquietudine e lo sconforto che divampa dalla visione della miniserie, un’opera che ci parla di un mondo guidato da bambini, che però i minori sono invitati a non vedere: non a caso Sky indica chiaramente come i contenuti siano adatti a un pubblico adulto. Dal punto di vista pastorale la serie “Anna” è da valutare come complessa, problematica e per dibattiti solo per adulti, preparati alle gestione dei temi in campo.
“Tenebre e Ossa” (Netflix)
E sempre in riferimento alla serie cult “Trono di Spade”, anzi proprio in cerca dello stesso sentiero narrativo come pure del suo successo, si muove la serie Netflix “Tenebre e Ossa” (“Shadow and Bone”, 8 episodi) ideata da Eric Heisserer, già sceneggiatore di “Arrival”, sorprendente film del 2016 di Denis Villeneuve. Prendendo le mosse dai romanzi della scrittrice israeliana Leigh Bardugo, “Tenebre e Ossa” è una storia che abbraccia il fantasy, richiamando vagamente anche le atmosfere dei romanzi russi dell’Ottocento.
La storia. Alina (Jessie Mei Li) è una giovane arruolata al fronte insieme all’amico di infanzia Mal (Archie Renaux), entrambi cresciuti senza genitori in un orfanatrofio. Sono accampati sul crinale di un mare inghiottito dalle tenebre, detto “The Fold”, la Faglia d’Ombra. Un’oscura presenza che minaccia di inglobare terre e vite. Nella società del tempo è incalzante la ricerca di una predestinata, la cosiddetta “Sun Summoner”, una figura mitica e mistica (viene definita “santa”) chiamata a evocare la luce per porre così fine a guerre e soprattutto all’oscurità.
Non pochi dunque sono i richiami alle atmosfere o alle soluzioni stilistiche-narrative del “Trono di Spade”, con più furbizia che omaggio; non mancano inoltre riferimenti ad altri recenti universi letterari o cinematografici come la saga di “Harry Potter” della Rowling: da alcuni tratti del villain (qui il generale Kirigan/Ben Barnes evoca alcune sfumature di Tom Riddle/Voldemort) alla parabola dell’eroe-orfano predestinato (Alina/Harry). Per non parlare infine del riuscito terzetto di ladri – Kaz, Inej e Jesper – che fa il verso ai guizzi intellettivi-action alla Sherlock o Lupin. Oltre al topos centrale, il dissidio bene-male, luce-tenebre, il racconto è corroborato da collaudate atmosfere fantasy come pure sfumature romance. Nel complesso “Tenebre e Ossa” entra facilmente in partita con lo spettatore, posizionandosi lungo il binario del racconto godibile e intrigante, ma senza troppi sussulti. Adatto a un pubblico adulto o di adolescenti accompagnati, la serie è consigliabile, problematica.
“Zero” (Netflix)
Ancora in casa Netflix troviamo la serie italiana “Zero”, da un’idea dello scrittore Antonio Dikele Distefano, serie che vede tra i registi Paola Randi (“Tito e gli alieni”, 2018). Un racconto in 8 puntate che sembra correre lungo i testi delle canzoni di Mahmood. La storia è ambientata nella periferia di Milano, in un quartiere crocevia di comunità di migranti. Protagonista è Omar (Giuseppe Dave Seke, molto espressivo!), figlio di senegalesi che si muove con affanno verso il futuro, consegnando pizze, custodendo un talento nel fumetto, innamorato di una giovane studentessa di architettura della Milano bene e dotato di un potere nascosto, l’invisibilità. “Zero” è un racconto curioso e frizzante, marcato da una scrittura fresca, in cerca di innovazione. Al di là dei non pochi pregi della serie, non tutto è sempre a fuoco e compatto, rischiando a volte l’incertezza. “Zero” è comunque una serie godibile, interessante per stile e contenuti, valutare come consigliabile, problematica.