Decreto Sostegni. Con i suoi 32 miliardi di euro equivale a una legge annuale di bilancio

Se si pensa che nel 2020 sono stati 108 i miliardi mobilitati contro il Covid e le sue conseguenze, si ha la misura di quanto la pandemia abbia cambiato anche la scala di valutazione delle operazioni di finanza pubblica. E già si prefigura la richiesta al Parlamento di un nuovo extra-deficit (quello che ha aperto la via al “decreto sostegno” risale alla gestione Conte) per mettere in campo altri interventi. Si parla di un ulteriore scostamento di bilancio pari ad almeno 20 miliardi

(Foto: ANSA/SIR)

Con i suoi 32 miliardi di euro il “Decreto Sostegni” varato dal governo Draghi equivale a una legge annuale di bilancio. Ma se si pensa che nel 2020 sono stati 108 i miliardi mobilitati contro il Covid e le sue conseguenze, si ha la misura di quanto la pandemia abbia cambiato anche la scala di valutazione delle operazioni di finanza pubblica. E già si prefigura la richiesta al Parlamento di un nuovo extra-deficit (quello che ha aperto la via al “decreto sostegno” risale alla gestione Conte) per mettere in campo altri interventi. Si parla di un ulteriore scostamento di bilancio pari ad almeno 20 miliardi. Del resto, come ha detto lo stesso premier rispondendo ai giornalisti sul futuro del debito pubblico a livello europeo, questo “è il momento di dare i soldi, non di chiederli”. Al momento “è il massimo che si è potuto fare”, ha sottolineato Mario Draghi. L’impegno è quello di erogare “il prima possibile” le risorse stanziate: l’8 aprile sarà la data-chiave in questo senso.

Il comunicato di Palazzo Chigi sul Consiglio dei ministri presenta i 44 articoli del decreto-legge individuando cinque ambiti principali: sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore; lavoro e contrasto alla povertà; salute e sicurezza; sostegno agli enti territoriali; ulteriori interventi settoriali. Una sommaria e parziale sintesi della destinazione delle risorse rileva 11 miliardi per il sostegno alle imprese (si calcolano circa 3 milioni di soggetti beneficiari); 8 miliardi per gli ammortizzatori sociali nonché per il reddito di cittadinanza e quello di emergenza; 5 miliardi per la campagna vaccinale; 2 miliardi e mezzo per la decontribuzione dei lavoratori autonomi. Il decreto proroga il blocco generale dei licenziamenti fino al 30 giugno e fino a ottobre per le piccole aziende e per quelle del terziario che hanno titolo per usufruire della cassa integrazione in deroga. Il provvedimento contiene anche misure direttamente rivolte alla famiglia (dai congedi parentali ai bonus baby sitter) ma non contempla quella modulazione complessiva degli interventi in rapporto alla composizione del nucleo familiare che era stata chiesta ancora una volta dal Forum delle associazioni. “Si continua a ragionare per categorie del lavoro”, ha dichiarato il presidente del Forum, Gigi De Palo, invece che partire dai “carichi familiari”. La speranza è qualcosa possa essere recuperato a livello parlamentare in sede di conversione in legge del decreto.

Il nodo politicamente più intricato e che ha comportato anche il rinvio di alcune ore della riunione del Governo, dopo giorni di trattative tra i partiti, è stato quello del condono fiscale. Il compromesso finale prevede che la sanatoria sia limitata alle cartelle fino a 5mila euro in un arco temporale tra il 2000 e il 2010. Potranno accedervi le persone fisiche con un reddito fino a 30mila euro e le aziende fino a 50mila. Lo scontro politico – perché di questo si è trattato – ha visto da una parte la Lega con tutto il centro-destra e il M5S che premevano per una sanatoria ampia, dall’altra Pd e Leu, in sostanziale sintonia con Draghi. Che infatti nella conferenza-stampa dopo il Cdm (la prima da quando è alla guida del governo) ha tenuto a ridimensionare l’operazione, parlando di “un condono su cartelle di dieci anni fa e per cui abbiamo limitato molto l’importo complessivo”. D’altronde, ha aggiunto, “è chiaro che sulle cartelle lo Stato non ha più funzionato, uno Stato che ha permesso l’accumulo di milioni e milioni di cartelle che non si possono esigere: bisogna cambiare qualcosa”.

Quanto al rapporto con i partiti, Draghi ha osservato che “tutti hanno bandiere identitarie, si tratta ora di chiedersi quali di queste bandiere abbiano un senso e a quali si possa rinunciare, senza fare un danno alla propria identità e all’Italia”. Dopo di che “l’orizzonte temporale in cui si muove il Governo lo decide il Parlamento”.

Sulla gestione sanitaria della pandemia e delle vaccinazioni Draghi ha avuto parole chiare sul ruolo delle Regioni che “vanno in ordine sparso e questo non va bene”.

Ma altrettanto chiaro è stato sul rapporto con l’Europa. “Bisogna essere pratici – ha spiegato – si cerca di stare insieme ma qui si tratta della salute, se il coordinamento europeo funziona bisogna seguirlo, se non funziona bisogna andare per conto proprio”.

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