“Salvo ci aveva abituato a pochi ma saldissimi punti fermi: l’amore per il suo lavoro, la devozione per Livia, l’imprescindibile attaccamento alla sua terra. Ebbene: qui viene messo tutto in discussione”. Sono le parole di Luca Zingaretti a commento dell’episodio “Il metodo Catalanotti”, 37° titolo della serie (dal 1999) dedicata al “Commissario Montalbano”, dal genio di Andrea Camilleri. È andato in onda lunedì 8 marzo “Il metodo Catalanotti” ed ha fatto subito il pieno di ascolti, come sempre del resto: oltre 9 milioni di spettatori e il 38% di share. Certo, a ben vedere un po’ meno dei precedenti titoli, ma decisamente un ottimo risultato considerando l’andamento discontinuo della Tv lineare (la serialità di Rai Uno si attesta il più delle volte ormai ben al di sotto del 30% di share). Tornando alle parole introduttive di Zingaretti, questo episodio – forse l’ultimo, come dicono molti – è non poco spiazzante perché da un lato la linea gialla mette a tema nuovamente aspetti complessi e problematici dell’animo umano, le ossessioni, dall’altro va in scena lo sbandamento di Montalbano: Salvo si scopre fragile, o meglio permeabile all’amore verso un’altra donna, per la quale è disposto a tutto, persino a lasciare Vigàta.
Verità sull’“ammazzatina” di Catalanotti
Corre su due i binari narrativi il “Metodo Catalanotti”, la consueta linea investigativa e una più emozionale, privata, che conduce direttamente nelle pieghe del cuore di Salvo Montalbano (Luca Zingaretti). Anzitutto il delitto. In una casa di Vigàta viene ritrovato il cadavere di un uomo sulla sessantina, Carmelo Catalanotti (Carlo Cartier), un borghese colto e benestante, che per diletto si è reso mecenate nonché regista di una compagnia teatrale locale, Trinacriarte. Indagando, il commissario Montalbano, insieme ai fidati Mimì Augello (Cesare Bocci) e Fazio (Peppino Mazzotta), scopre però che Catalanotti nasconde non pochi misteri: in primis è un usuraio e poi l’uomo è un autore teatrale dai metodi poco ortodossi, anzi del tutto spinti all’esasperazione. Ad affiancare il commissario di Vigàta nelle indagini sopraggiunge anche una giovane poliziotta di Palermo, Antonia (Greta Scarano), che si distingue per piglio e intuito. Salvo ne resta ammaliato sin dal primo incontro in casa Catalanotti; in breve tempo il commissario prova un’attrazione irresistibile per la donna. Si scopre innamorato.
Gli “ultimi fuochi” di Montalbano
Che bello rivedere il volto e riascoltare la voce di Andrea Camilleri, nella consueta clip introduttiva che accompagna l’episodio in onda. Una clip ovviamente registrata prima della scomparsa del grande autore siciliano, avvenuta nell’estate del 2019, in quella stessa brutta estate in cui se ne è andato anche il regista Alberto Sironi (Luca Zingaretti ha infatti portato a termine gli ultimi tre progetti tv). Nel contributo video, dunque, Camilleri fa un’annotazione molto interessante sul “Metodo Catalanotti”, sul personaggio di Montalbano: Salvo vive qui i suoi “ultimi fuochi”, quelli che divampano nell’animo di un uomo sul crinale del cambiamento. E a ben vedere, a tenere banco nel racconto è proprio il deragliamento emozionale del commissario.
Avrà spiazzato forse molti spettatori vedere un Salvo Montalbano rimanere muto al telefono, sotto la pioggia di domande della compagna Livia (Sonia Bergamasco) dalla distante Liguria, che si interroga basita sul perché l’uomo si comporti con tale distacco e freddezza. Salvo in quel momento, però, vive un profondo ripensamento: si scopre infatuato, o meglio innamorato, di una giovane poliziotta, Antonia, di bell’aspetto sì ma soprattutto dal carattere solido, fiero, libero. Una donna felice e risolta. Lui ne è rapito al punto da volerle rimanere accanto.
Qual è la condizione di Montalbano al momento? Vive una relazione ventennale con Livia, che però è spiaggiata sulle secche di un limbo che non conduce da nessuna parte. Salvo e Livia non sono sposati, non hanno figli, non sono prossimi, perché lui desidera stare in Sicilia mentre lei in Liguria. Sia chiaro, come ammette lui, Livia rappresenta l’amore di una vita, la sua famiglia, la complicità di una confidente-amica, ma nel contempo avverte forte la sua lontananza, e con essa lo sbiadire di quel sentimento che li ha tenuti legati in maniera così anomala per due decenni.
Salvo si scopre all’improvviso bisognoso di un’affettività diversa, quotidiana.
Vede quindi in Antonia una possibilità di cambiamento, persino di radicamento, forse l’ultima vera possibilità nella sua vita, perché il tempo passa per tutti e lui non è ormai più così giovane. Antonia gli fa venire voglia di desiderare quelle cose che non ha mai voluto o potuto realizzare con Livia: il quotidiano sotto uno stesso tetto, magari scegliendo anche un trasferimento di città, di Regione e persino di commissariato. Tutto purché possa esserci quell’amore giornaliero.
La penna di Camilleri si conferma geniale e raffinata, come pure raffinata è la regia di Sironi-Zingaretti, che realizzano un episodio avvolgente e sensuale, senza mai scadere nella banalità o nell’ambiguità. Bravissimo, poi, è Luca Zingaretti nel rendere evidente il tormento interiore del suo Commissario, nel tratteggiarlo solido e incerto insieme. Montalbano non è affatto un eroe perfetto. È un uomo onesto, capace, giusto, dal forte apparato valoriale, ma è pure sempre un uomo, non distante dall’inciampo. E nell’inciampare, se di questo si tratta, non si comporta in maniera disonesta verso la sua storia con Livia, che non è mai stata del tutto consolidata. Vedendo Antonia, Salvo avverte un sentimento travolgente misto all’insicurezza di un domani solitario, chiuso in una relazione a singhiozzo. E allora, sull’onda di quell’“ultimo fuoco” così improvviso, inaspettato, rimescola le carte della sua vita.
Camilleri però ci consegna anche un’altra prospettiva, quella di Antonia, di chiara attualità. Questa poliziotta trentenne, dalla carriera in ascesa, ha un carattere solare, forte e si sente serenamente risolta; vive la sua professione con soddisfazione e non vuole metterla in alcun modo da parte, neanche per un uomo, per un amore. Antonia è l’espressione di una donna libera, attuale, che non si accontenta di vivere in secondo piano o in attesa, ma vuole camminare al passo dei suoi colleghi. E così destabilizza il commissario, Montalbano, quando lui le dichiara con un moto di tenerezza e sincerità il suo amore, il suo desiderare una vita altra con lei. Antonia allora lo guarda con dolce fermezza e gli sussurra: “Ma ti sei mai chiesto cosa voglio io?”.
Il primo e l’ultimo amore, il teatro
Nel “Metodo Catalanotti” come coprotagonista c’è anche il teatro. Camilleri ha deciso di inserire nel mondo di Montalbano uno dei primi amori professionali, quello per la scena, dimensione creativa che Camilleri ha abitato per gran parte della vita, ricoprendo anche la cattedra all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma. Come racconta nella clip che introduce l’episodio di “Catalanotti”, è stata l’amata moglie Rosetta a chiedergli perché mai non avesse portato il teatro a Vigàta. Eccola accontentata, con un viaggio nelle pieghe dell’arte e dell’umano, a indagare il “fuoco” della passione teatrale, là però dove può diventare un fuoco che brucia, anzi ustiona. E così ci propone un teatro deformato, dove gli attori in scena sono tutti “pupi” ambiziosi in mano a un regista senza scrupoli, scaltro nel divorare emozioni e pudori. Attori disposti a tutto pur di calcare la scena, al limite dello smarrimento. Camilleri si conferma un fine e attento studioso soprattutto dei sentimenti, quelli che a volte deragliano nell’eccesso; un indagare, il suo, che coniuga inquietudine ed elegante poesia. Applausi, applausi a scena aperta…