Non tutti cristiani, come poi l’autore, il giornalista Rai Gianni Maritati spiega in corso d’opera, nel suo recente “Cristiani contro. I grandi dissidenti della letteratura italiana da Dante a Camilleri”: e però tutti hanno fatto i conti con il cristianesimo, come, per cominciar dalla fine, il laico Andrea Camilleri, che indaga il mistero del sacrificio finale di dieci giovani suore di clausura che offrono la loro vita, lasciandosi morire di fame e di sete in cambio di quella del vescovo di Agrigento, ferito in un attentato che probabilmente ha origini mafiose. Un enigma che Maritati e lo stesso Camilleri decidono di far rimanere tale, non nel senso di negarlo, ma di non setacciarlo alla ricerca di ragioni, magari con l’apporto della psicanalisi o di una ricostruzione delle vite delle giovani, che probabilmente non riuscirebbero fino in fondo a spiegare qualcosa che è legato al mistero del libero arbitrio. Ma c’è anche chi è, come il cristianissimo Manzoni, i conti con il mistero del dolore deve farli, e salatissimi: quel Manzoni narrato da Mario Pomilio in “Il Natale del 1833”, che nel 1983 cercò anch’esso di narrare, senza spiegare razionalmente, come il grande scrittore affrontò la fragilità dell’esistenza con la scomparsa prima dell’amatissima moglie Enrichetta (che lo aveva letteralmente preso per mano nella sua ricerca di Dio) e l’anno dopo della figlia Giulietta, sposata ad un altro scrittore (e pittore), Massimo d’Azeglio, anche se quel matrimonio non fu coronato da autentica felicità. Ma le pagine più intense sono quelle dedicate ad alcune liriche di Alda Merini, offrendo a chi non conoscesse la poetessa scomparsa nel 2009 la possibilità di fare i conti con la vera poesia e nel contempo poesia autenticamente religiosa, con versi di una abissale profondità ma anche di una semplicità che tocca davvero il cuore del lettore. Presente, e giustamente, in questa carrellata (che comprende padre Dante, come di dovere, visto anche che siamo in un anno di celebrazioni dantesche) Clemente Rebora, il grande poeta vociano dei “Frammenti lirici” che poi deciderà di consacrarsi a Dio tra i Rosminiani e di farsi dimenticare finanche nella sua poesia. Siamo riusciti, anche per merito del fratello Pietro, a leggere i versi che il poeta-sacerdote scriverà negli anni del silenzio: versi che lasciano trapelare e la condivisione del dolore e della Grazia in Gesù e la volontà di servire per l’accompagnamento ai sacramenti dei giovani.
Gianni Maritati, “Cristiani contro. I grandi dissidenti della letteratura italiana da Dante a Camilleri”, taueditrice, 122 pagine, 13 euro.
Cristiani sono anche quelli che si addentrano “Nel mare aperto della storia”, dunque, come nel titolo del volume che raccoglie gli studi in onore di Andrea Riccardi. Un volume che non è solo un omaggio al fondatore della Comunità di Sant’Egidio e “uno dei protagonisti del dibattito sociale, politico e religioso del nostro tempo” secondo Agostino Giovagnoli, ma una ricognizione sui problemi e gli eventi della recente storia mondiale: il dialogo tra religioni (e allo “Spirito di Assisi” è dedicato il contributo di Marco Impagliazzo), lo stato delle confessioni dopo la rivoluzione d’ottobre, la questione ebraica, la situazione dell’America Latina, la globalizzazione, i suoi limiti e le resistenze, la governance mondiale, la pace, il lento spostamento tra l’asse est-ovest a quello sud-nord e molto altro. Contributi importanti, perché ad esempio nel saggio di Giovagnoli viene affrontata la complessità dei legami tra Chiesa di Roma, il fascismo, la Shoah, la seconda guerra mondiale, ed ha fatto bene lo stesso Giovagnoli a ricordare che Chabod, storico laico e antifascista abbia visto nella Roma di Pio XII occupata dai nazisti alcune somiglianze con quella che sotto la guida di Gregorio Magno dovette affrontare gli attacchi dei barbari dopo il collasso politico dell’impero. Ricordando tra l’altro come i cristiani abbiano pagato anche loro un salato tributo alla loro fede,con i massacri degli Armeni durante il primo conflitto mondiale, ma anche i Caldei, i Siriaci, i Siro-Cattolici. Lo stesso pontificato di Pio XII e quello di Giovanni Paolo II vengono qui depurati dai giudizi affrettati e parziali di reazionarietà e analizzati alla luce delle complesse situazioni interne e internazionali. Non sempre ciò che è destra nella classificazione vetero-politica lo è esattamente all’interno della realtà ecclesiale e vaticana. Un libro che dà la possibilità ai non addetti ai lavori di affrontare tematiche fondamentali, come quelle della condizione della Chiesa – e delle Chiese non solo cattoliche – dopo la rivoluzione d’Ottobre, i rapporti tra cattolici e ortodossi e la tragedia della Shoah.
Aa. Vv., “Nel mare aperto della storia. Studi in onore di Andrea Riccardi”, Laterza, 387 pagine, 28 euro.
Cristiani che si confrontano, spesso tragicamente, con le derive della storia, come racconta Johan Icks, attuale direttore dell’Archivio Storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato della Santa Sede, nel suo “Pio XII e gli Ebrei”. Vent’anni di esperienza negli Archivi della Santa Sede e la storica e coraggiosa decisione di papa Francesco di aprire proprio gli Archivi concernenti quel tragico periodo hanno permesso a Ickx di fare i conti di prima mano con quei documenti e riprendere il filo di un discorso iniziato dalle persecuzioni razziali del nazismo e continuato con le accuse di silenzio complice quando non di simpatie di papa Pacelli verso quell’ideologia. I documenti qui riportati parlano chiaro: il Pontefice fu sempre preoccupato e sconvolto da quello che stava accadendo prima in Germania, poi in Polonia, in Francia, in Slovacchia e nelle altre nazioni invase da Hitler; la Chiesa si attivò materialmente per tentare di salvare più vite possibili, con il sacrificio di sacerdoti, vescovi, credenti di cui avvenne una vera strage. Ci fu un passo ufficiale e scritto da parte della Chiesa nei confronti dello stato tedesco, la cui vicenda è narrata nel capitolo “Racconto su nove uomini saggi seduti intorno a un tavolo”: dopo aver operato fattivamente, ma senza una denuncia ufficiale, per timore che questa finisse, come disse il cardinal Pellegrinetti, già nunzio apostolico in Polonia e Jugoslavia tra le due guerre “eccitare il carnefice a torturare sempre più duramente la sua vittima”, fu realizzata una “nota” di cinque pagine da consegnare al segretario di stato tedesco, von Weizsacker affinché la portasse al ministro degli Affari Esteri von Ribbentrop. E qui si scatena un vero e proprio incidente diplomatico, con il rifiuto di consegna da parte del segretario di Stato, l’errore del ritiro della nota da parte del nunzio Orsenigo: quel rifiuto rappresentava in realtà una vera e propria dichiarazione di guerra e perciò la caduta di ogni speranza di richieste e di aiuti alle vittime di una persecuzione che, specie in Polonia, prevedeva la cancellazione non solo degli Ebrei, ma della fede cristiana. La distruzione e la devastazione delle chiese ne erano già un sinistro avviso.
Joahn Ickx, “Pio XII e gli Ebrei”, Rizzoli, 410 pagine, 22 euro.