A sparigliare le carte tra le piattaforme streaming questa settimana è la miniserie francese “Lupin” targata Netflix, un omaggio al classico della letteratura d’Oltralpe con un adattamento nella Parigi di oggi. A dare volto a Arsène Lupin è un trascinante Omar Sy. Ancora, su Netflix è da recuperare il film “The Midnight Sky” di e con George Clooney, opera che esplora le pieghe dello Spazio e insieme i sentieri della relazione padre-figlia. Nuova serie poi per Rai Uno e la piattaforma RaiPlay: è la commedia romantica a sfondo sociale “Mina Settembre” dalla penna di Maurizio de Giovanni con Serena Rossi, Giorgio Pasotti e Giuseppe Zeno. Il “punto streaming” con la Commissione nazionale valutazione film della Cei e il Sir.
“Lupin” (Netflix)
L’Inghilterra custodisce il mito di Sherlock Holmes, mentre la Francia quello di Arsène Lupin. Due figure letterarie affascinanti ed emblematiche nate tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo: Sherlock è il geniale investigatore londinese uscito dalla penna di Arthur Conan Doyle, mentre Lupin è il ladro gentiluomo frutto dell’ingegno di Maurice Leblanc. Entrambi sono molto amati, non solo da milioni di lettori, ma anche dai producer di Netflix. Lo scorso settembre, infatti, il colosso streaming ha diffuso un riuscito spin-off della saga di casa Holmes dedicato alla sorella minore, Enola, mentre il 2021 si è aperto con successo con la miniserie “Lupin”, realizzata con la francese Gaumont, che vede protagonista assoluto Omar Sy, considerato tra i volti popolari del cinema francese dell’ultimo decennio, incoronato dal successo internazionale “Quasi amici” (2011).
“Lupin” è un progetto ambizioso e assolutamente riuscito. Giocato tra omaggio letterario e attualizzazione, la miniserie ci propone lo scenario della Parigi odierna, con quell’habitus urbano raffinato, sognante, e insieme cornice di non pochi disagi sociali. Lì vive Assane Diop (Omar Sy), quarantenne di origini senegalesi cresciuto con il mito di Arsène Lupin. Assane ha un irrisolto nel suo passato, la morte inspiegabile del padre, accusato di furto di preziosi; il padre è la persona che lo ha introdotto nel mondo letterario di Lupin. Da adulto, Assane conduce la propria vita imitando il “ladro gentiluomo” in tutto e per tutto. La situazione si complica quando, dopo il furto della collana della regina Maria Antonietta, Assane si imbatte nella verità sulla morte del genitore.
Cinque episodi perfettamente a incastro, tutti giocati tra presente e flashback, quadri sull’infanzia di Assane. Sulle prime si è quasi tentati di associare il prodotto alla saga hollywoodiana capitanata da “Ocean’s Eleven” (2001) a firma di Steven Soderbergh. Accantonata rapidamente quest’idea, il racconto scivola su un binario originale nel segno del thriller poliziesco impreziosito da raccordi brillanti e istantanee da dramma sociale-familiare. La messa in scena, una confezione elegante e a tratti quasi patinata, ci consegna un crescendo di riuscita suspense. In “Lupin” c’è una compresenza di generi e citazioni, tra letteratura e cinema, racconto che si muove su una scrittura solida e vivace, con una regia altrettanto incisiva e dinamica. Ruolo chiave è quello di Omar Sy, che convince per la sua recitazione fisica ed espressiva. Del cast sono inoltre da segnalare Ludivine Sagnier, Clotilde Hesme, Nicole Garcia e Soufiane Guerrab. Dal punto di vista pastorale la miniserie “Lupin” è da valutare come consigliabile e problematica, adatta per dibatti sul rapporto cinema-letteratura.
“The Midnight Sky” (Netflix)
Sempre targato Netflix è “The Midnight Sky”, uno dei film più attesi della stagione giunto sul crinale del 2020, raccogliendo però pareri divisivi. Diretto e interpretato da George Clooney – Oscar come attore non protagonista per “Syriana” (2006), tra le sue regie si ricordano “Good Night, and Good Luck” (2005), “Le idi di marzo” (2011) e “Suburbicon” (2017) –, il film prende le mosse dal romanzo “Good Morning, Midnight” di Lily Brooks-Dalton e punta a inserirsi lungo quel filone che coniuga esplorazione dello Spazio e riflessioni esistenziali, confronto con la figura paterna (da ultimo “Ad Astra”, 2019).
La trama: anno 2049, la Terra è pressoché abbandonata dall’umanità, emigrata su altri pianeti in cerca di ambienti più favorevoli; nella base di ricerca al Polo Nord è rimasto solamente Augustine (Clooney), scienziato gravemente malato e costretto a una dialisi giornaliera. La sua esistenza è grigia, pronta alla sconfitta. L’improvviso ritrovamento di una bambina all’interno della base lo spinge ad adoperarsi per cercare aiuto, per assicurare una forma di salvezza alla piccola Iris. Augustine capta così una richiesta di contatto dalla nave spaziale Aether, dove c’è la scienziata Sully (Felicity Jones). Due avamposti diversi, distanti, ma accomunati dalla ricerca disperata di segnali di speranza.
Cosa funziona del film? Anzitutto la messa in scena, quell’atmosfera così siderale che pervade il racconto, scenario di un viaggio solitario nelle pieghe del buio, quelle dello Spazio e insieme dell’animo umano. Il personaggio Augustine all’inizio abita una mondo privo di colori, sbiaditi via con la crisi imperante; l’incontro con una bambina, Iris, simbolo di una vita che si rinnova nonostante il decadimento del Pianeta, lo spinge a non lasciarsi andare. Il racconto è condotto con chiara eleganza e l’enigma di fondo viene gestito dalla regia di Clooney con accuratezza e prudenza; spiace però constatare che lungo il binario narrativo sorgono non poche incongruenze e soluzioni abbastanza inverosimili, facendo capitolare il racconto in un finale frettoloso e poco risolto. Peccato, soprattutto date le premesse iniziali. Un plauso comunque a George Clooney, che si conferma un artista completo e sempre in cerca di sperimentazione. Dal punto di vista pastorale “The Midnight Sky” è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
“Mina Settembre” (RaiPlay | Rai Uno)
Dalla penna di Maurizio de Giovanni viene il soggetto della serie tv “Mina Settembre”, diretta da Tiziana Aristarco e con protagonista Serena Rossi, che dal 17 gennaio è su Rai Uno (e RaiPlay) con 6 prime serate (12 episodi in tutto). La partenza della serie è stata decisamente buona, con ascolti superiori ai 5milioni di spettatori e oltre il 22% di share. La storia: Mina Settembre (Rossi) è un’assistente sociale che lavora nel cuore di Napoli, soprattutto nei quartieri più disagiati, animata da grande entusiasmo e desiderio di aiutare il prossimo; a livello personale le cose non vanno affatto bene, separata dal marito Claudio (Giorgio Pasotti) dopo aver scoperto un suo tradimento, Mina si sente attratta dal collega Domenico (Giuseppe Zeno), mentre a casa poi vive con la dispotica madre Olga (la bravissima Marina Confalone). Binario del racconto è quello della commedia sentimentale di matrice brillante, cui si aggiungono pennellate da dramma sociale. A ben vedere la serie funziona più per come sono caratterizzati i personaggi, per le performance degli attori, abili nel muoversi tra i toni della commedia e del dramma, che per la linea del racconto. I casi affrontati, episodio dopo episodio, appaiono infatti poco strutturati e a tratti quasi banali, pensati unicamente per mettere in mostra il coraggio e l’empatia di Mina. Nell’insieme rimane un prodotto lineare e godibile, che strizza maggiormente l’occhio al pubblico femminile. Dal punto di vista pastorale la serie tv “Mina Settembre” è consigliabile-semplice, di taglio problematico per i temi in campo.