“In Italia negli ultimi tre anni il 13% degli episodi corruttivi hanno riguardato il settore della sanità con casi che riguardano forniture di farmaci, apparecchiature mediche, strumenti medicali e servizi di pulizia. Nei primi sei mesi del 2019 sono stati segnalati 35 illeciti dai whistleblower: riguardano nomine irregolari, malagestione di reparti ospedalieri o strutture distaccate, appalti irregolari, ‘malasanità’, false invalidità, ospedalizzazioni irregolari, favori elettorali in cambio di prestazioni mediche. Dall’inizio della pandemia al 17 novembre, secondo Autorità nazionale anticorruzione (Anac), sono stati messi a bando per affrontare la crisi sanitaria Covid-19 oltre 14 miliardi di euro. Sono soldi spesi per l’acquisto massiccio di servizi e forniture, dalle maschere ai banchi di scuola, attraverso procedure straordinarie. A fronte di questi 14,13 miliardi, le stazioni appaltanti hanno comunicato soltanto importi aggiudicati per 5,55 miliardi di euro. Significa che per oltre il 60% non si sa nulla. Non si sa cioè se siano stati erogati o meno, in che forme, per farci che cosa. In poche parole, non se ne ha traccia, nonostante la normativa relativa alla trasparenza amministrativa”. Sono alcuni dati presentati da Libera e “Lavialibera”, la rivista dell’Associazione, in un dossier dal titolo “InSanità. L’impatto della corruzione sulla nostra salute”, pubblicato oggi in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione. Il dossier attraverso documenti istituzionali, dati delle forze dell’Ordine, delle inchieste giudiziarie con due focus sulla percezione della corruzione in ambito sanitario punta ad “accendere la luce su alcune delle condotte illegali che maggiormente espongono il mondo dell’assistenza alla salute”.
Secondo i dati ufficiali nel 2019 in sanità sono stati spesi 114,5 miliardi, con una crescita di 900 milioni rispetto all’anno precedente. Diverse caratteristiche peculiari, spiega il rapporto, rendono la sanità un terreno particolarmente fertile per la corruzione, nonché un contesto di particolare interesse per la criminalità organizzata: “Il dilagare dell’illegalità nella filiera sanitaria si alimenta quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta ‘zona grigia’, fatta di colletti bianchi, funzionari e tecnici compiacenti, imprenditori e politici corrotti. In primo luogo, in ambito sanitario sono allocate ingenti risorse economiche, che si traducono anche in appalti per forniture di materiale sanitario e assunzioni. In secondo luogo, quello sanitario è un settore sensibile a diverse forme di condizionamento esterno e rappresenta uno strumento per mantenere il consenso e il controllo del territorio. In terzo luogo, nel settore sanitario si creano opportunità per creare rapporti cooperativi, collusivi e corruttivi che coinvolgono il settore privato, tra imprenditori, professionisti, cliniche private, centri diagnostici, farmacie, società farmaceutiche, in una rete di relazioni nelle quali molteplici attività irregolari, informali e illegali si saldano tra di loro”.
I dati di un’indagine conoscitiva condotta da Anac in relazione agli affidamenti di forniture di dispositivi di protezione nel periodo marzo-aprile 2020 che conferma a pieno la sussistenza di criticità, sprechi, inefficienze, evidenziando come “gli affidamenti di forniture di mascherine abbiano presentato in circa un caso su due varie tipologie di criticità con particolare riferimento al mancato rispetto dei tempi di consegna segnalato per circa il 25% degli affidamenti. Nel 5% dei casi si sono inoltre registrate negative verifiche del possesso dei requisiti da parte degli aggiudicatari. A fronte di una diffusa presenza di criticità si deve registrare “soltanto in 7 casi su 311 il ricorso all’applicazione di penali o risoluzioni contrattuali ed un solo caso di segnalazione all’Anac di esclusione per mancato possesso dei requisiti ovvero per grave inadempimento”. Il calcolo è semplice: “7 casi di sanzioni su 311 di anomalie, pari al 2,2%; 1 caso di risoluzione del contratto su 311, pari allo 0,3%: ciò significa che nel 97,5% dei casi, pur in presenza di anomalie evidenti nelle caratteristiche o nella tempistica delle forniture da parte degli imprenditori, gli enti pubblici non sono stati in grado di rilevarle o le hanno ignorate”.
“L’aspetto forse più scandaloso della crisi in cui siamo stati gettati dalla pandemia – scandaloso e perciò taciuto – è la divaricazione fra cura della salute ed esigenze economiche, tra sforzo sanitario e necessità di non danneggiare il sistema produttivo”, commenta Luigi Ciotti, presidente di Libera. “Ma un’economia che non tutela la vita – o che se ne occupa solo se non costa troppo – è un’economia sbagliata, spietata, disumana, che sacrifica il bene comune al profitto di pochi – aggiunge -. ‘La borsa o la vita!’, proverbiale minaccia del bandito o del brigante, è diventata di fatto la logica di questo sistema economico, di cui la pandemia non ha fatto che evidenziare la già nota, implicita, ingiustizia. Lo scenario offerto da questo dossier sull’impatto della corruzione in ambito sanitario, cioè sul prezzo pagato in termini di vite non salvate a causa dell’idolatria del denaro e del profitto, non è che una conferma di come il Covid-19 abbia trovato terreno fertile in altri due virus storici di cui non ci si è mai abbastanza occupati in sede politica, economica e anche civile. Virus a cui troppi si sono assuefatti come se fossero ‘normali’, in una convivenza irresponsabile, distruttiva e, alla lunga, autodistruttiva. Parlo ovviamente della corruzione e delle mafie, i principali parassiti del bene comune, mali in combutta che da decenni, se non secoli, ledono il nostro tessuto sociale, la dignità, il lavoro e le speranze di tanti”.
Nel novembre 2020 Libera e Demos hanno condotto un’indagine sulla percezione delle mafie e della corruzione, anche alla luce dell’emergere della pandemia su un campione di 995 persone. “Per 81 % degli intervistati ‘la corruzione in politica è lo specchio della società italiana’. Opinione prevalente del Nord Est (83%) e del Sud/isole (84%)”, rivela l’indagine. E ancora: “Solo il 17% ritiene che la corruzione non sia lo specchio della società”, mentre il 71% degli intervistati ritiene che “con ‘l’emergenza Covid-19 la corruzione in Italia si sta diffondendo ancora di più’. La maggioranza dei soggetti preoccupati è del Nord Est (78%)”.
L’ultima parte del dossier di Libera è dedicata al questionario “Corruzione in sanità” promosso dallo Small Working Group “Mafia e corruzione in sanità” del Sism–Segretariato italiano studenti in medicina Aps. “Nonostante la maggior parte dei partecipanti alla indagine ritenga la corruzione un problema di entità grave (71,8%), il 10% del campione crede altresì che la corruzione sia accettabile quando non crea danno o quando è finalizzata al raggiungimento di un obiettivo. Il dato dovrebbe indurre qualche preoccupazione: nel complesso una quota tutt’altro che irrilevante, pari a uno su dieci tra i futuri operatori del settore sanitario, prima ancora di vivere le contingenze (e le tentazioni) della propria esperienza professionale assume una posizione di potenziale “apertura” alle pratiche di corruzione, proiettandole nella prospettiva di una possibile autogiustificazione – ‘non arreca danno’, ‘è utile a raggiungere uno scopo’”. “Urge, allora, quel cambiamento profondo, radicale, che la pandemia non solo suggerisce ma impone – conclude don Ciotti -. Bisogna fare insomma della crisi una sorta di positivo ‘agente provocatore’, perché, come dice Papa Francesco, ‘peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla’. Di fronte a dati impressionanti come quelli del presente rapporto
bisogna non solo pensare ‘mai più come prima!’, ma trasformare il pensiero in impegno risanatore e rigeneratore,
nella costruzione, il più possibile comune, di un mondo finalmente a misura di persona, di dignità e di vita”.