“Quando Edmond Dantès arriva finalmente alla grotta sull’isola di Montecristo ad aprire il baule che contiene il tesoro dell’abate Faria, ecco quel che accade: ‘Si rialzò e prese una corsa attraverso la caverna con la fremente esaltazione di un uomo che sta per diventare pazzo’. Con la ‘Commedia’ può succedere qualcosa di simile”.
A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e in apertura dell’anno dantesco 2021, Marco Bonatti, scrittore e giornalista, consegna alle stampe il suo ultimo libro, “Dante a piedi e volando” (Edizioni Terra Santa, p. 256), con l’intento di coinvolgere il lettore nel grande viaggio della “Commedia”, per il solo “gusto di ficcare le mani nel tesoro – come il protagonista de “Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas –, immergersi nella musica, inebriarsi delle immagini”.
L’obiettivo, spiega l’autore al Sir, è “proprio quello di non offrire un trattato o un saggio sulla ‘Commedia’. Sono un giornalista e non un professore universitario. La mia intenzione, che spero di aver realizzato, è quella di avvicinare alle persone un testo di 700 anni, che tuttavia resta sempre attuale. Spesso ci si approccia al testo col timore di non capirci nulla. Io ho cercato di smontare questa difficoltà offrendo delle soluzioni facilmente accessibili alle persone. Per quanto possibile ho voluto contribuire ad appassionare la gente alla Commedia, perché comunque l’universo di valori di cui viviamo oggi viene anche da questo testo.
La ‘Commedia’ è davvero un universo in cui c’è dentro di tutto”.
Bonatti nel suo lavoro, come scrive nella prefazione il presidente della Società Dante Alighieri, Andrea Riccardi, è consapevole “il Poema non solo è inesauribile, ma apre sempre, a ogni nuova lettura, qualche scrigno ancora chiuso, tanta è la molteplicità dei temi e dei pensieri contenuti. Ora, Bonatti, con uno studio appassionato e una capacità di resa che lo rende fruibile e accessibile a tutti, conduce una sua esplorazione (che chiama ‘viaggio’) all’interno della complessa costruzione dantesca, dividendola in due momenti: a piedi e volando. Il riferimento alla cosmologia della ‘Commedia’ è chiaro: Inferno e Purgatorio, Dante li percorre camminando (nel primo regno, scendendo all’interno dell’imbuto delle sofferenze e nel secondo salendo il monte della purgazione e della speranza). Il Paradiso è un volo fra luci sempre più forti e canti sempre più belli”.
“Scrive l’autore:
‘La Commedia è un campo minato di emozioni, immagini, trucchi: a ogni passo si rischia di saltare in aria’. Bonatti – prosegue Riccardi –, che conosce in profondo l’opera – e passa velocemente, ma seguendo coordinate infallibili, da un argomento a un altro che gli si annoda per allusione o specularmente – ci conduce in un viaggio che esamina luoghi, dai riferimenti lirici e spirituali, e personaggi”.
“Forse – conclude – il centro focale e speculare di tutto il libro è il ragionamento sul rapporto del corpo con l’anima, che per molti di noi, oggi, è solo un modo di dire.
Per Dante, invece, il rapporto fra corpo e anima è qualcosa di molto reale e concreto, che incide sul senso della vita e anche sulla condizione in cui ci si trova dopo la morte. Bisogna notare che ogni considerazione espressa nel presente lavoro, viene corredata dalla citazione dei versi relativi alla questione”.
Un viaggio a tutto tondo, quindi, nel “tesoro” dell’opera dantesca, intrapreso dapprima dallo stesso Marco Bonatti, che racconta al Sir, come ci si sente nel leggere l’opera: “È come quando Edmond Dantès arriva nell’isola di Montecristo e apre il baule che contiene il tesoro dell’abate Faria. Con la Commedia può succedere qualcosa di analogo. Entrandoci dentro, magari senza un ‘lungo studio’ ma con un ‘grande amore’, si vive questa sensazione esaltante di scoprire un tesoro. Quel baule, scrive l’autore Alexandre Dumas, ‘era diviso in tre parti: nella prima brillavano fulgidi scudi d’oro, dai gialli riflessi; nella seconda verghe d’oro non brunite ma disposte in buon ordine; nella terza, piena a metà, Edmond rimosse e alzò a manciate i diamanti, le perle e i rubini che, qual cascata sfavillante, facevano nel ricadere il rumore della grandine sui vetri’. Tre parti, appunto, come tre Cantiche…”.