“L’Italia ha opzionato 202.573mila dosi di vaccino, che rappresenterebbero una dotazione sufficientemente ampia per poter potenzialmente vaccinare tutta la popolazione e conservare delle scorte di sicurezza”. Ad affermarlo è stato il 2 dicembre il ministro della Salute, Roberto Speranza, illustrando in Aula al Senato il Piano strategico per la vaccinazione anti Sars-Cov-2/Covid-19.
La distribuzione del vaccino, “sarà centralizzata”, e il vaccino sarà “gratuito per tutti gli italiani”, ma almeno per ora non obbligatorio, ha precisato il ministro, spiegando che le prime dosi potranno essere disponibili da gennaio, “ma il cuore della campagna vaccinale secondo le previsioni sarà tra la prossima primavera e l’estate”. Tuttavia “il Paese deve arrivarci con il Servizio sanitario preparato”. I primi ad essere vaccinati saranno medici e operatori sanitari, e subito dopo i pazienti delle Rsa. Quindi gli ottantenni e a seguire le persone di età compresa tra i 60 e i 70 anni e i lavoratori ‘essenziali’, compresi quelli della scuola.
Se tutti i processi autorizzativi andassero a buon fine, l’Italia potrà contare su 40,38 milioni di dosi AstraZeneca; 53,84 milioni di Johnson&Johnson; 40,38 di Sanofi; 26,92 milioni di Pfizer/BionTech; 30,285 milioni di CureVac; 10,768 milioni di Moderna. Si tratta dunque di sei vaccini diversi. Ma quali sono le caratteristiche dei diversi vaccini in via di sviluppo? E quando saranno presumibilmente approvati? Per capirne di più la Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici) – che ha condiviso pienamente il parere sui vaccini diffuso nei giorni scorsi dal Comitato nazionale di bioetica – ha preparato una scheda, curata da Luca De Fiore, ricercatore ed esperto di comunicazione scientifica.
“Se un vaccino si è dimostrato sicuro ed efficace, deve essere approvato dalle autorità regolatorie nazionali, deve essere prodotto secondo standard rigorosi e distribuito”, spiega l’Oms. In Italia l’autorità regolatoria preposta alla valutazione dei vaccini e alla loro approvazione è l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che contribuisce al tavolo di discussione della European Medicines Agency (Ema). Biontech/Pfizer e Moderna hanno presentato richiesta di autorizzazione per il loro vaccino all’Ema che dovrebbe pronunciarsi, rispettivamente, il 29 dicembre e il 12 gennaio. AstraZeneca ha invece fatto sapere che consegnerà la documentazione per l’approvazione del vaccino che sta sviluppando con l’Università di Oxford alle agenzie regolatorie tra 7 giorni. Aifa ed Ema, si legge nella scheda, ribadiscono l’importanza di una valutazione accurata e scrupolosa del rapporto tra benefici e rischi: “L’autorizzazione all’immissione in commercio può essere concessa ove sia dimostrato che i benefici del vaccino superano i rischi noti o potenziali”.
Il vaccino AstraZeneca/Pfizer, a vettore virale e frutto della ricerca congiunta dell’Università di Oxford e della casa farmaceutica AstraZeneca, e del quale in Italia arriveranno 40,38 milioni di dosi, è in corso di valutazione in diversi paesi del mondo. “I risultati provvisori di fase 3 – spiega il British Medical Journal (Bmj) – indicano che potrebbe essere efficace fino al 90%”. L’Università di Oxford ha espresso il desiderio che il vaccino sia accessibile anche nei paesi a basso reddito. “Pertanto – spiega il Bmj – la produzione su larga scala è stata avviata in oltre dieci nazioni e ci si aspetta che sia disponibile a un prezzo basso, circa 3,50 euro a dose”. Ulteriore elemento a favore, la relativa facilità di conservazione a temperatura di frigorifero (2-8 °C).
Un altro vaccino di cui si sente molto parlare è quello sviluppato da Pfizer e Biontech, basato su acido nucleico (Rna), il primo presentato lo scorso 20 novembre, dopo la conclusione di uno studio di fase 3, alla Food and Drug Administration (Fda) statunitense per l’autorizzazione. I risultati, per ora rilasciati soltanto da un comunicato stampa dell’azienda, sembrano dimostrare un’efficacia del 95% a 28 giorni dalla somministrazione della prima dose. L’azienda farmaceutica Usa ha affermato che il vaccino potrebbe essere disponibile per le popolazioni ad alto rischio nel Paese entro fine dicembre; il Regno unito ha concordato un acquisto di 40 milioni di dosi; l’Unione europea si è assicurata un accordo per 200 milioni di dosi. In Italia, come abbiamo detto, ne arriveranno quasi 27 milioni di dosi. Due le criticità: l’elevato costo che il Bmj stima in circa 15 sterline per dose, e la logistica perché il vaccino deve essere conservato a -70 °C.
Interessante anche il vaccino di Moderna, realizzato in collaborazione con il National Institutes of Health (Nih) Usa, che il 30 novembre ha depositato domanda per l’approvazione di emergenza. I risultati provvisori dello studio di fase 3 dimostrano un’efficacia del 94,5% su un campione di 30mila partecipanti statunitensi, di cui 7mila di età superiore a 65 anni e 5mila di età inferiore a 65 anni con malattie croniche ad alto rischio. In Italia ne dovrebbero arrivare oltre 10 milioni di dosi. L’aspetto positivo è che può essere conservato in un frigorifero domestico per 30 giorni, a temperatura ambiente fino a 12 ore e a -20 °C per sei mesi. Tuttavia, rispetto ai vaccini di Oxford-AstraZeneca e Pfizer, è molto più costoso: circa 27,50 euro per dose.