Caro Babbo Natale,
quest’anno sarà dura anche per te. Per questo ho pensato molto prima di scriverti questa lettera, che è un po’ diversa da tutte quelle che ti ho mandato: non volevo aggiungerti una pena alle molte che, immagino, già avrai.
Stavolta, e per la prima volta, mi sento in imbarazzo a chiederti dei regali.
Il mondo, come vedi dal tuo villaggio al Polo Nord, o magari Polo Sud, e comunque dove c’è tanta neve, il mondo, dicevo, se la sta passando male. Pensa che sembra che ci sia un solo Paese su tutta la Terra dove il virus non ha allungato i suoi tremendi tentacoli. E sai qual è? Il Vietnam, un posto che si merita di averla scampata visto i tanti anni di guerra brutta che ha già patito.
Da tutte le altre parti, però, la vita è diventata variamente triste, come se un’ombra lunga, e più oscura di un’ombra normale, abbia spento i lampioni e le luci che tu ben conosci, perché sono quelle che da sempre ti guidano quando te ne vai in giro la notte di Natale. Ecco, la cosa che ti prego è di non farti prendere dallo sconforto, e anzi di tenere alto il morale degli elfi che fabbricano i doni e delle renne che magari viaggeranno un po’ più scariche ma non meno veloci e raggianti. La verità è che mai come in questo strano e minaccioso inverno abbiamo bisogno di te. Ti aspettano i bambini, che già sanno che avranno meno pacchettini del solito o anche niente, ma che scruteranno lo stesso il cielo della notte della vigilia, con le mani aperte per raccogliere un po’ della tua magia.
Ti aspettano gli anziani, i “vecchi inutili” come alcuni li chiamano adesso, senza vergogna e senza rispetto, che al peso degli anni e dei malanni hanno dovuto aggiungere quello più insopportabile: il peso della solitudine. Una tua risata buona li compenserà della tanta compagnia mancata, una tua carezza scalderà il loro cuore per molte settimane a venire.
E poi ti aspettano gli ultimi, gli invisibili, i non visti (perché nessuno si prende neanche il disturbo di guardarli), quelli che stanno in fondo a qualsiasi coda, le donne e gli uomini che sono in cima alle preghiere di Papa Francesco ed è l’unico posto dove stanno davanti. Ecco, un po’ del tuo calore per loro, la gente della strada, varrà di più di una coperta o di un pasto caldo offerti da chi è vaccinato contro l’indifferenza. Sarà la sorpresa meno attesa (sono abituati ad aspettarsi poco o niente) e quindi la più capace di gioia. Il Natale, in fondo, è proprio questo: un attimo di gioia pura, innocente, bambina.
Forza, Babbo caro, mettiti al lavoro.
Il 2020 può essere l’anno del tuo miracolo più miracoloso.
E tanto che ci sei, scusa se mi allargo, concedi il bis: torna anche a gennaio. Giusto una capatina, con renne e campanelli. Questo nostro povero mondo spaventato te ne sarà grato in eterno, a cominciare da quelli che portano Scarp de’ tenis. Sarà due volte Natale, come cantava quel grande elfo di Lucio Dalla. E per due volte tu potrai fare piovere dal cielo, o infilarlo nei camini, il regalo più prezioso che c’è. Tu lo conosci bene, si chiama speranza.