“È probabile che nelle prossime 2-3 settimane aumenteranno le persone risultate positive e ne vedremo sempre più ricoverate in ospedale”. Per contenere l’attuale diffusione del virus “dobbiamo cercare di ridurre il nostro numero di contatti, soprattutto in situazioni che non ci permettono di stare all’aperto, di mantenere il maggiore distanziamento sociale e di utilizzare la mascherina, perché tutti possiamo essere veicolo di malattia per altri”. Parte da qui Patrizio Pezzotti, direttore del reparto di Epidemiologia, Modelli matematici e Biostatistica del Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, per spiegare la ripresa di vigore dell’epidemia in Italia (ieri sono stati comunicati 10.874 nuovi positivi e ulteriori 89 decessi mentre i pazienti in terapia intensiva sono saliti a 870).
Qual è la situazione? Cosa sta succedendo?
I dati che vengono diffusi ogni giorno sono un’immagine ritardata nel tempo rispetto a quando avvengono le infezioni, normalmente risalenti ad un paio di settimane prima. Inoltre, va considerato che di tutte le infezioni siamo in grado di rilevarne solo una parte perché le persone asintomatiche o con sintomi lievi sono più difficili da intercettare e non necessariamente effettuano il tampone molecolare. I 10.874 nuovi casi di ieri sono quindi solo una fetta delle infezioni avvenute 2-3 settimane fa e, secondo i modelli matematici che utilizziamo,
è verosimile che il numero dei reali contagi avvenuti in questa fase siano il doppio, forse anche il triplo, di quelli misurati.
Cosa dobbiamo aspettarci avvenga nei prossimi giorni?
Considerati i casi che stiamo misurando possiamo ipotizzare che nelle prossime 2-3 settimane vedremo sempre più persone ricoverate in ospedale e, in casi gravi, che moriranno. Questo perché dal momento della diagnosi all’eventuale ricovero e morte passano ancora altri giorni e quindi l’aumento delle diagnosi che attualmente stiamo osservando si rifletterà poi su questi altri eventi. E
anche se oggi riuscissimo a bloccare tutte le nuove infezioni, poiché non abbiamo ancora “visto” quelle avvenute da tre settimane a questa parte, è verosimile che ci sarà un’ulteriore crescita dei casi mettendo ancora un po’ più a rischio la tenuta del servizio sanitario nazionale.
Come fare per piegare la curva del contagio?
Non essendo ancora disponibile un vaccino, l’unica strada è quella dell’attuazione di misure preventive che di fatto limitano la possibilità di contatti tra le persone. Il che significa più smart working per ridurre il numero di cittadini sui mezzi pubblici, sospensione delle attività ludico-sportive dilettantistiche e amatoriali, limitazione di persone che partecipano a cerimonie, e anche, lo dico a malincuore, limitazione di cene e feste tra amici. Questo dovrebbe avere un effetto contenitivo, fondamentale se non vogliamo che la curva dei contagi continui ad aumentare ad un ritmo sempre più elevato. E poi
ognuno dovrebbe cercare di essere più prudente, che significa avere meno contatti sociali,
a maggior ragione se non sono protetti. L’obiettivo è quello di evitare chiusure generalizzate, per le quali ci rendiamo conto degli enormi costi sociali ed economici.
A differenza di quanto successo in primavera, l’Italia si trova oggi in una situazione meno critica di quella degli altri Paesi europei. Come si spiega?
I fattori che hanno portato ad un ritardo della curva rispetto al resto d’Europa sono diversi. Innanzitutto abbiamo terminato il lockdown dopo gli altri e grazie a misure restrittive portate avanti fino a maggio-giugno siamo stati in grado di rallentare la ripresa della diffusione del contagio. Poi da noi la scuola ha preso il via nella seconda metà di settembre mentre in altri Paesi questo è avvenuto tra luglio ed agosto. Infine, avendo vissuto una “prima ondata” così dolorosa per via delle migliaia di morti, come italiani siamo stati più rispettosi delle regole e più responsabili a confronto di quanto successo altrove dove si sono verificate alcune resistenze nell’accettare misure restrittive, come, ad esempio, per l’utilizzo delle mascherine nei Paesi Bassi.
Nella corso della prima ondata l’Italia era sostanzialmente divisa in due relativamente alla diffusione del contagio, oggi siamo in presenza di un’Italia purtroppo più unita…
L’adozione del lockdown nazionale ha portato subito anche ad abbassare i rischi per il Centro-Sud Italia. Oggi abbiamo la conferma che il virus ha capacità molto rapide di diffondersi; se a marzo non avessimo “chiuso” tutto il Paese è verosimile che poi ci saremmo trovati di fronte ad un’ondata molto grande anche al Centro e al Sud Italia con gravissime conseguenze. Nell’attuale fase, senza particolari restrizioni, il virus sta dimostrando di diffondersi molto rapidamente dappertutto.
Che impatto pensa avranno le recenti misure adottate da Governo e Regioni?
Nessuno sa con esattezza quanto quello che stiamo facendo oggi possa essere efficace, anche perché la possibile efficacia delle misure proposte, come già detto precedentemente, si combina con i nostri comportamenti individuali. Dovremo comunque aspettare ancora 2-3 settimane per capirlo, dato il tempo che intercorre tra infezioni e diagnosi.
Non è escluso che in qualche zona locale nei prossimi giorni possa verificarsi qualche situazione più critica relativamente alla pressione sugli ospedali ma per ora non c’è nessuna emergenza generalizzata.
Ieri il presidente della Repubblica ha richiamato tutti al senso di responsabilità e a far prevale l’interesse generale di sconfiggere la pandemia su quelli particolari…
Se tutti riduciamo i nostri contatti potenzialmente non protetti, la probabilità che il virus si diffonda si abbassa sicuramente.
Questo permetterebbe ai governi nazionali/regionali/locali di non dover varare ulteriori misure restrittive il cui impatto socio-economico potrebbe essere ancora più disastroso.
C’è qualcosa che ci deve far essere ottimisti?
In questi mesi il Paese ha avuto una buona risposta sia da parte di chi ha responsabilità politiche sia da parte dei cittadini. Non sono però del tutto sicuro che sia stato percepito da ogni singolo che il comportamento responsabile di ciascuno di noi ha un effetto sulla salute di tutti. A questi, soprattutto ai giovani, dico che
bisogna avere più senso di responsabilità perché tutti possiamo essere un veicolo di malattia per altre persone.