Quella che comincia viene presentata come “una stagione laboratoriale” per la catechesi in Italia, perché in seguito alla pandemia “si possono mettere in atto piste di lavoro importanti anche per il suo rinnovamento”. E un momento fondamentale, in quest’ottica, è il convegno nazionale dell’Ufficio Catechistico della Cei, al via da oggi online. Si tratta del primo convegno svolto con questa modalità per i direttori degli Uffici catechistici diocesani, ma anche per tutti i catechisti delle parrocchie italiane, che lo potranno seguire in diretta sui canali social Cei. Con la partecipazione dell’arcivescovo Erio Castellucci, di don Roberto Repole, Pier Cesare Rivoltella e Pierpaolo Triani, è incentrato sul tema “Ripartiamo insieme”. Parole che riprendono il titolo del documento che presenta le linee guida nazionali. “Un testo interessante non solo per i contenuti, ma per il processo che lo ha sostenuto. Perché è il frutto di un lavoro di condivisione tra gli uffici catechistici regionali con le associazioni laicali”, spiega Triani, docente all’Università Cattolica.
Il messaggio del convegno. La pandemia, il suo picco più alto, un momento di prova anche per il catechismo. Che ha scoperto percorsi alternativi agli incontri in presenza. Adesso, la ripresa più intensa dell’attività pastorale. E ciò vale anche per la catechesi. “In questi mesi la vita delle parrocchie non si è fermata, si è trasformata”, ricorda Triani, che si sofferma sul messaggio del convegno: “C’è una Chiesa in Italia che in questi mesi ha lavorato, ha pensato, si è confrontata. E adesso vuole fermarsi a riflettere per continuare a camminare, facendo i conti con la realtà che stiamo vivendo”.
“Da un lato, ci ritroviamo nell’importanza di far ripartire i percorsi di catechesi con maggior ordinarietà, dall’altro lato però ci rendiamo conto che non può essere semplicemente la ripresa di quello che si faceva prima”.
Un ritorno al passato tale e quale, dunque, non è possibile. Ma un ritorno al passato con la ricchezza rimasta dal momento più difficile della pandemia sì. In sostanza, “si deve arricchire quello che si faceva prima con una nuova prospettiva, che ponga al centro la valorizzazione di una pluralità di linguaggi”, sottolinea Triani.
Pluralità dei linguaggi. Saper utilizzare al meglio le nuove tecnologie, ovvero connessioni più veloci, informazioni che circolino più velocemente, utilizzo di testi e video con maggior agilità. Ecco l’eredità, la risorsa, che dalla pandemia i catechisti possono valorizzare. “Ma occorre un uso intelligente – precisa Triani -. Perché non dobbiamo confondere la connessione con la relazione, la visione di un testo o di un video con la sua comprensione”.
“Abbiamo imparato a utilizzare nuove tecnologie che aumentano le nostre risorse senza sostituire le vecchie”.
Il tema dei nuovi linguaggi non riguarda soltanto le tecnologie, ma l’importanza di riscoprire il valore del “fare esperienza”. Che “è diverso dal parlare di qualcosa”.
“Non fermiamoci soltanto alla lettura di alcuni testi. Facciamo parlare l’arte, la musica, la vita dei bambini, dei ragazzi, degli adulti. Questo vuol dire pluralità dei linguaggi. Facciamo parlare la ricchezza dell’anno liturgico. E mettiamo al centro la Parola di Dio”.
Secondo Triani, adesso “nasce una stagione feconda per la catechesi”. Due, le fonti principali indicate per costruirla: le linee guida della Cei e il recente direttorio. Con un’attenzione particolare rivolta a “una catechesi inclusiva, a misura di tutti”. Il riferimento è alla realtà delle persone più fragili o con disabilità.
Una comunicazione generativa. Pier Cesare Rivoltella, docente all’Università Cattolica e presidente della Società italiana di ricerca sull’Educazione mediale, approfondirà il tema dal punto di vista della comunicazione e dei linguaggi: “In seguito alla pandemia, per i catechisti vi è una necessità di ripensare spazio e tempo del lavoro”.
“La catechesi vede prolungarsi i suoi tempi. Con la disponibilità degli ambienti online la comunicazione catechistica esonda rispetto ai suoi tempi settimanali canonici, mentre si allargano e si estendono gli spazi”.
Dopo aver indicato questa dinamica, Rivoltella ribadisce che la comunicazione del catechista è generativa, perché “crea le condizioni per attivare le persone”. E qui le novità per il ruolo del catechista: “Cambia il modo di vivere i messaggi che comunica, perché si trasformano anche in esperienza. Nella misura in cui la comunicazione digitale è una comunicazione pragmatica, è un dire che diventa subito fare”.