Ci risiamo. Cinque parlamentari pizzicati a chiedere il bonus per le partite Iva, oltre ad un numero imprecisato di consiglieri regionali. Ci risiamo perché ancora una volta – come fu per il Batman Anagni e gli scontrini allegri dei consiglieri regionali di diverso orientamento politico – alcuni rappresentanti eletti e dignitosamente pagati cercano di “arrotondare”. Ci risiamo perché tutti si stracciano le vesti, con magniloquente moralismo, in tutta evidenza fine a se stesso.
Al di là del meccanismo politico-mediatico che ben conosciamo e che tende purtroppo a riprodursi ad ogni possibile occasione, questo nuovo deprecabile episodio ci suggerisce la necessità di un lucido realismo su alcune tendenze di fondo del nostro sistema.
La prima è la più grave: una politica slabbrata, destrutturata.
Gli eletti sono piccoli imprenditori di se stessi, tanto più in questa legislatura in cui ben più della metà dei parlamentari fin dai primi mesi sapeva che non avrebbe ritrovato il proprio scranno, per il combinato disposto della diminuzione del numero e del cambiamento nelle sempre più mutevoli opinioni dell’elettorato. Ogni parlamentare – ma vale anche per i consiglieri regionali che ai parlamentari sono equiparati in sostanza dal punto di vista dei benefit – sempre meno risponde a partiti sempre più volatili. Incapaci e comunque del tutto disinteressati ad esprimere un controllo che non sia quello sulla fedeltà alle (peraltro mutevoli) indicazioni della leadership. La seconda considerazione è invece la grande risorsa di democrazia che viene dagli eletti locali, che indebitamente e populisticamente qualcuno ha assimilato ai furbetti del bonus, nel caso lo abbiamo richiesto ed ottenuto, come tutti i lavoratori.Il grande buco nero del nostro sistema è la disconnessione tra i livelli della rappresentanza. E che non si tratti di un problema solo teorico o politichese lo dimostra molto bene la grande difficoltà del governo centrale a programmare interventi ed investimenti, ovvero, molto semplicemente, a spendere i tanti miliardi di cui si parla tanto in questi mesi.
E qui il cerchio si chiude: i profittatori dei bonus – intesi i bonus come il più pratico intervento di emergenza – non sono da esecrare solo dal punto di vista etico. In linea di principio, paradossalmente, se l’Inps (a sua volta assai criticata per le inefficienze di gestione) ha erogato significa che secondo una logica formale e mercatoria ne avevano titolo. Ma sono ancora di più da esecrare perché sono espressione di un sistema altamente inefficiente. Rivelano ed esprimono un malessere strutturale, di cui, in quanto parlamentari, sono anche corresponsabili.
È questo il vero nodo: un sistema slabbrato. In cui però prosperano micro-rendite di posizione, che hanno tutto l’interesse all’inefficienza.
Abbiamo l’impressione che l’Italia sia una macchina molto potente, che però usa gomme inadeguate, che scoppiano alla prima sollecitazione.
Costringendo la nostra macchina ad andare troppo piano o a fermarsi troppo spesso.