“La mancanza di giustizia dopo 40 anni è una nebbia che nasconde la verità. Ma è anche un motivo in più per conservare la memoria della capacità di morte a cui possono arrivare i poteri occulti e le mafie. Le istituzioni devono dare giustizia”. Il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, parla alla vigilia del 40° anniversario della strage nella stazione.
Le immagini di quel drammatico 2 agosto 1980 sono ancora impresse nella memoria della città e dell’intero Paese.
La strage di Bologna è una ferita che non si rimargina. Penso alla fotografia di quella donna poco più che adolescente, Marina Gamberini, con gli occhi sbarrati sulla barella. Non possiamo dimenticare. Di Ustica non abbiamo immagini, se non il corpo perduto nell’acqua e poi l’aereo ricomposto nel museo. Ma non ci sono le fotografie dell’orrore. A Bologna sì. L’aereo di Ustica è scomparso nel vuoto, senza che nessuno abbia potuto vedere nulla. E per certi versi anche a Bologna è stato lo stesso:
la mancanza di giustizia ha impedito a tutti di vedere cosa sia realmente accaduto.
Il 30 luglio ha presieduto una celebrazione, alla presenza del presidente della Repubblica, in suffragio delle vittime delle stragi di Ustica e della Stazione ferroviaria.
Il nostro Paese è stato incredibilmente colpito da una trama di violenza di poteri e forze che hanno scosso le fondamenta dello Stato. Dobbiamo reagire, ieri come oggi, per evitare che possano ripetersi eventi così drammatici. Bisogna difendere le istituzioni e lavorare per la casa comune che è il nostro Paese.
Il presidente Mattarella ha chiesto “piena verità” su quanto accaduto.
Mattarella si è sempre speso per la verità e per accendere la luce sulle oscurità che ancora ci sono. I poteri occulti si combattono soltanto con la giustizia, la chiarezza e la fermezza dello Stato. Mattarella è di incoraggiamento per tutti.
Dopo 40 anni di nebbia impenetrabile, il rischio è quello di perdersi e ritenere che sia tutto inutile. Dobbiamo fare ogni cosa per arrivare alla piena verità.
Lei ricorda quel tragico giorno?
Ricordo lo sgomento e la sensazione di essere vulnerabili. Il male e le mafie potevano colpire chiunque e dovunque. È qualcosa di analogo a quanto accade con la pandemia: siamo tutti esposti, tutti possibili contagiati. C’è sempre chi semina la divisione per soffocare la bellezza della vita.
Dobbiamo avere la responsabilità per gli altri: è questa l’unica via per combattere il male.
Tutti abbiamo bisogno di Dio, di quella voce che ci ricorda di essere custodi dei fratelli.
Che pensieri ha per i familiari delle vittime?
Ho una profonda riconoscenza per la loro caparbietà e insistenza. Non si sono rassegnati e ci coinvolgono nella ricerca della giustizia. Non si sono persi d’animo, come la povera vedova di fronte al giudice iniquo. La loro insistenza è un esempio per tutti noi a non rassegnarsi di fronte al male.
C’è una responsabilità dei cristiani?
Se l’uomo è sconfitto quando non c’è giustizia, il cristiano deve difendere l’uomo. Dobbiamo lavorare affinché nella città degli uomini la persona sia sempre difesa da tutto ciò che la mette a rischio.
C’è tanto da fare, anzitutto recuperando l’umile onestà di sacrificarsi per gli altri.
Noi cristiani riconosciamo l’immagine di Dio nell’altro. Per questo dobbiamo essere lievito d’amore nella storia.