Il Senato ha concesso l’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Open Arms. La vicenda risale all’agosto dello scorso anno quando, in piena crisi di governo, l’allora ministro dell’Interno impedì per molti giorni che venissero sbarcati dalla nave oltre 150 migranti in precarie condizioni (tra cui anche minori) adducendo motivi di ordine pubblico. In seguito alle indagini della procura di Agrigento, le carte relative a questi fatti sono arrivate per competenza al Tribunale dei ministri di Palermo che ha chiesto al ramo del Parlamento di cui è membro Salvini – il Senato, appunto – di poter procedere per sequestro di persona e altri reati minori. Il leader della Lega, peraltro, il prossimo 3 ottobre dovrà affrontare l’udienza preliminare davanti ai magistrati di Catania per una vicenda che presenta molte analogie, quella della nave Gregoretti, al centro di un procedimento già autorizzato dal Senato a febbraio.
A favore dello svolgimento del processo (perché di questo si tratta) si sono espressi tutti i partiti della maggioranza, compresa Italia Viva che si era astenuta nella prima tappa dell’iter presso la giunta delle immunità.
Una votazione che chiude una settimana considerata ad alto rischio per il Governo e che invece non ha riservato sorprese. Tra martedì e mercoledì le Camere hanno dato il via libera alla proroga dello stato d’emergenza, prolungato fino al 15 ottobre con deliberazione del Consiglio dei ministri. Le risoluzioni approvate, presentate dalle stesse forze di maggioranza, hanno fissato una serie di criteri che circoscrivono l’ampiezza del provvedimento e impegnano il governo al sistematico coinvolgimento del Parlamento. Del resto, se le ragioni dell’emergenza sono ancora obiettivamente attive – soprattutto se si guarda al contesto internazionale – la situazione consente di individuare procedure meno convulse rispetto alla prima fase della pandemia.
Il passaggio parlamentare di ieri, l’autorizzazione a un nuovo scostamento di bilancio di 25 miliardi per finanziare soprattutto la proroga degli ammortizzatori sociali, era potenzialmente ancora più insidioso perché la Costituzione richiede per questo tipo di votazioni la maggioranza assoluta dei membri di ciascuna delle Camere e al Senato i numeri dei partiti di governo sono al limite. Le opposizioni si sono astenute, ma se i favorevoli non avessero raggiunto quota 160 la richiesta sarebbe risultata comunque bocciata. Invece sono stati 170 i senatori che hanno votato a favore e il Governo ora può reperire a debito i fondi per il “decreto agosto” che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana.
La soddisfazione manifestata da Giuseppe Conte per il superamento di questi scogli è dunque legittima, anche se a testimoniare le perduranti tensioni all’interno della maggioranza hanno provveduto le vicissitudini relative alle presidenze delle commissioni parlamentari.
I regolamenti di Montecitorio e Palazzo Madama, infatti, prevedono che dopo un biennio i presidenti di questi organismi importantissimi ai fini dei lavori del Parlamento vengano confermati o rinnovati. E questo per tenere conto di eventuali mutamenti negli equilibri politici rispetto a quelli degli inizi della legislatura. Nel caso specifico c’erano da registrare una diversa maggioranza di governo e la formazione di nuovi gruppi. Ma al Senato gli accordi fra i partiti che sostengono l’esecutivo, faticosamente raggiunti nelle scorse settimane, non hanno retto in due circostanze e la guida delle commissioni Giustizia e Agricoltura è rimasta nelle mani della Lega, con conseguenti strascichi polemici.
È in queste ambiguità all’interno della maggioranza che sembrano risiedere i maggiori pericoli per il premier, piuttosto che nell’azione dei partiti d’opposizione. Tanto più che nel centro-destra la posizione di Forza Italia rispetto alle cruciali questioni europee – vero asse dirimente negli assetti politici di fondo – è nettamente distinta da quella dei suoi alleati. Di qui l’ipotesi di affidare a un forzista la presidenza di una delle commissioni parlamentari che dovrebbero accompagnare l’esecutivo nella progettazione degli interventi su cui convogliare gli aiuti europei. Progettazione che è già partita e che dovrebbe produrre risultati concreti entro il 15 ottobre per poter ottenere subito il 10% dei fondi stanziati dalla Ue.